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"Il Brigantaggio", è l’espressione politica e guerrigliera di una borghesia agraria e cittadina, piccola e
grande, malcontenta dell’Unita d’Italia, cosi come era stata fatta e gestita.
Dopo, il 17 maggio 1861,giorno in cui Vittorio Emanuele e il conte Cavour proclamarono il Regno d’Italia,inizia per la gente
del Sud (una terra feconda, santa e benedetta, popolata da persone pacifiche, laboriose e solare) una
delle pagine più oscure della ns.storia. Tale periodo si è protatto per circa un ventennio, fino alla grande
emigrazione che ha caratterizzata l’esodo di molte popolazione del Sud, verso terre più sicure ed
ospitali, di oltre oceano. Il nascente stato sabaudo infatti dopo pochi mesi dalla fatidica e dichiarata
Unità e la fulminea stagione garibaldina, anche essa molto opinabile, piena di promesse di libertà e di
benessere, iniziò la cosidetta "repressione al brigantaggio", su cui ancora oggi, si stenta a negare e
riconoscere il carattere di una vera propia guerra civile.
Lo stato unitario di impronta prettamente piemontese, portando avanti una politica predatoria,
basata su una serie di leggi approvate dal nuovo parlamento,operò un saccheggio e un genocidio sistematico
della cosidetta Terronia. Attuò violenze inimmaginabili, con migliaia di morti e feriti, decine di paesi depredati e distrutti,strade e ponti
interrotti, intere regioni isolate, migliaia di oppositori, politici arrestati e fucilati, paesi dilaniati da vendette
e rappresaglie, da ricordare, in particolare le stragi di Giffoni e Casalduni (BN). Una barbaria, che superò
per efferatezza e crudeltà le rappresaglie dei nazisti: tanto è che il confronto con l’olocausto ebraico,
fatte le debite proporzioni, impallidisce. Ciò nonostante che l’ex Regno delle due Sicilie, avesse sanato di
fatto, il passivo di centinaia di milioni di lire, del debito pubblico della nuova Italia e sopportato il
severissimo peso del sistema fiscale savoiardo e, come se non bastasse venne declassato quasi a
colonia, subendo angherie e vessazioni di ogni genere.
Ammainate le bandiere gigliate borboniche
infatti il sud perse a poco a poco ogni primato ed ogni avere, mentre Napoli, la tanta agognata capitale
europea, crollò sotto le leggi del nuovo governo. Il popolo del sud è da questa dolorosa consapevolezza
e coscienza di essere stati ingannati, da un falso plebiscito, che aveva fatto balenare una idea che
prevedeva e immaginava una sorta di unione, che rispettasse le autonomie dei vari stati, che rispettasse
le leggi, i costumi,le usanze, le tradizioni e le libertà delle varie popolazioni meridoniali, si ritrovarono
invece annessi al Regno di Sardegna, con un plebiscito fatto proforma, sacrificando le loro tradizioni che
in moltissimi casi erano migliori e superiori di quelle del Regno Sardo, dovettero soggiacere alle
condizioni, di soggetti passivi e di sfruttati.
Una dittatura feroce,che secondo le parole di Gramsci, mise
a ferro a fuoco l’Italia meridionale e le isole, crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i poveri
cafoni, contadini, ma tutti quelli che potevano essere solidali con loro e che gli scrittori al soldo del
vencitore tentarono di infamare, con il marchio di "Briganti". Una generalizzazione che comprendeva si
qualche delinquente comune, ma in linea di massima, i briganti erano
uomini, aiutati, foraggiati, incoraggiati dalla gente comune, giovani disertori, molti che non avendo
accettato la circoscrizione obbligatoria, imposta del Regno Sabaudo in circa 5000, si erano dati alla
macchia. Quindi l’ostilità e l’accanita reazione antiunitaria delle popalazioni meridoniali nasceva oltre
che da ragioni economiche, politiche e religiose, dal fatto che l’Unità, cioe’ l’annessione delle terre del
Sud, si prefigurava come una vera e propia conquista militare,che fece pagare lacrime e sangue ai
poveri cafoni del Sud.
Antonio Umbaldo