Un padre aveva 8 figli, uno più bello, bravo ed intelligente dell’altro. Nella sua famiglia regnava l’armonia e l’allegria, insomma, per loro, andava sempre tutto bene anche quando non era così. Un giorno, poco dopo natale, uno degli 8 figli, il più intelligente tra questi, colto da uno dei suoi proverbiali colpi di genio, decise di andare via dalla famiglia. << Padre, sono troppo intelligente per continuare a stare con te ed i miei fratelli. Ho deciso di cercare fortuna altrove…dammi ciò che mi spetta >>. Il padre, a malincuore, accontentò il figliolo e consegnò lui la parte degli averi che gli spettavano. Il figlio partì per un paese lontano lontano, ma proprio lontano, sicuro che ogni porta gli sarebbe stata aperta, ma soprattutto che non sarebbe più tornato. Sulla strada incontrò la Rana dalla bocca larga, famosa perché non sapeva tenersi un cece in bocca, che lo esortò a seguirlo. << dai vieni con me, ti porterò in un posto bellissimo dove tutti ti vorranno bene. Sai a Damasco c’è anche la villa comunale, la tensostruttura, il campo sportivo ed anche un’isola ecologica. Ti divertirai e potrai fare sfoggio delle tue doti>>. Il ragazzo che era incline all’adulazione seguì la Rana. Arrivato dove doveva arrivare, ovvero a Damasco, città invero famosa per i “pentimenti”, noti dolcetti farciti di marmellata e per le stoffe appunto damascate, cominciò a fare una vita dissoluta, a parlare con tutti male del padre e dei fratelli, a bere aperitivi ed andare al bar per incontrare persone a cui prometteva favori che non poteva più fare. In breve tempo sperperò i propri averi e così venne meno anche la considerazione pubblica che aveva ottenuto spendendo i soldi del padre. Rimase, dunque, ben presto povero. Dovendo sopravvivere, cercò di escogitare una delle sue proverbiali idee geniali, ma vide che la sua zucca era più vuota di un pozzo asciutto. A questo punto, mesto, andò dalla Rana dalla bocca larga e disse: << tu mi hai messo in questo pasticcio e tu mi ci cacci. Procurami un lavoro degno di me.>>
<<Ecco, disse la Rana, ti nominerò ammaestratore di quaglie e alle stesse dovrai insegnare a saltare la cavallina!>>
<<Ma come, disse il ragazzo intelligente, che aveva perso i soldi ma non l’acume, le quaglie non sanno saltare la cavallina>>.
<<E su, non fare il filosofo, vuol dire che lo insegnerai tu!>>, soggiunse la Rana.
Il lavoro si sa mette appetito ed il ragazzo, “magistrale” ed anche “ragioniere” nel nuovo lavoro, avendo fame cominciò a cibarsi dei baccelli che la Rana dalla bocca larga dava ai maiali (eh sì, la Rana era un provetto allevatore) e mentre ruminava come un bove: << diamine i servi di mio padre hanno pane a quantità e qui non mi danno nulla! Il mio tempo qui è finito e tornerò da mio padre e gli dirò: ho peccato contro il cielo e contro di te, riprendimi a casa, sarò il tuo servo!>>. Detto, fatto .. andò dalla Rana e gli proferì parole irripetibili prima di licenziarsi. Questa, colta da disappunto per l’irriconoscenza dimostrata, mormorò: << va, ma ricorda che lo spione è potuto vedere solo quando porta la spiata>>. E detto questo, si tuffò nello stagno. Il figlio intelligente si incamminò per la strada di casa, facendo il viaggio a ritroso dalla via di Damasco senza trovare nessuna nuova illuminazione, ma deglutendo una cospicua dose di pentimenti, i famosi biscotti del paese lontano. Giunto sull’uscio di casa, il padre, vedendolo da lontano, mettendo una mano sulla spalla della figlia prediletta, disse: << Ecco, o sapev’ è turnat a cas’…stratt, strutt e co’ c… Boccuccia mia taci>>. Il Figlio supplicante al cospetto del padre disse:<< padre ho peccato verso te e verso i miei fratelli, riprendimi con te, sarò il tuo servo!>>. Il padre annuì e facendolo genuflettere lo benedì come solo lui lo sapeva fare, facendogli baciare l’anello su cui dimorava un bastone con serpenti aggrovigliati. A corte fu subito grande festa perché da 7 fratelli si era passati nuovamente a 8 e con il padre 9, e il domani si presentava nuovamente radioso. Il figliolo riconquistò agi di casa, ma rinunciò per sempre a coerenza e dignità…ma si sa, coerenza e dignità non si mangiano e spesso son pure duri da digerire.
Carlo Cosma Barra