Quando si pensa al sacrificio di tutti coloro che durante la guerra del 1915-1918, nostra guerra di riscossa seppero cadere in olocausto alla Patria per renderla libera, grande, non si può fare a meno di soffermarci a chi ne sintetizza tutti i sacrifici, gli atti di superbo valore e di nobile eroismo:il Milite Ignoto; non può la nostra mente sottrarsi al fascino di una visione improvvisa: una bianca mole splendente, ove, fra uno splendore di riflessi d’oro, e un mite candore di marmi, riposa la venerata salma dell’eroe degli eroi.
E’ risaputo dopo quali solenni cerimonie essa, nel terzo anniversario di Vittorio Veneto, vi fu tumulata.
Da undici luoghi diversi delle petraie carsiche e delle vette alpine furono dissotterrate undici salme. Il dissotterramento fu eseguito da un drappello composto di un generale, alcuni ufficiali, d’un sottufficiale, di soldati e di un cappellano militare. Le ossa di ciascun caduto, assolutamente sconosciuto, raccolte e chiuse in casse di legno, furono portate ad Aquileia.
Fu in mezzo alla solenne maestà della basilica dell’antica città romana, che avvenne la scelta della salma venerata.
I sacri canti liturgici risuonano sotto le immense navate; a lievi e tortuose spire sale il fumo dell’incenso e ardono i ceri attorno alle undici salme disposte in doppia fila dinanzi all’altare. Fuori, romba solenne il cannone. Dopo che il vescovo di Trieste ha impartita ad esse la benedizione, da un folto gruppo di madri di caduti si distacca, sorretta da quattro decorati di medaglia d’oro, una popolana triestina; avanza verso l’altare, e s’inginocchia un istante a chiedere con una calda preghiera a Dio l’ispirazione per la scelta alla quale è stata designata da tutte le madri d’Italia. Poi si alza e sola avanza verso le salme. Ad un tratto ella cade genuflessa, fa con la mano una croce sopra la cassa che gli sta dinanzi e si rialza.
E’ un momento di vita e profonda commozione per tutti i presenti. Eccolo; è lui! Ora il grande riconoscimento è avvenuto. Romba più potente il cannone ad annunziare ai vivi e ai morti la grande novella: il padre, il figlio, il fratello, il commilitone è stato ritrovato; si attenda ora lungo il suo viaggio trionfale, che si accinge a fare verso la città Eterna.
Egli fra poco passerà attraverso campagne, villaggi, città, diretto alla sua meta gloriosa.
E il viaggio dell’eroe da Aquileia a Roma segnò davvero il più grande dei trionfi.
Collocato sopra un artistico carro, ricoperto di infinite corone di lauro, di quercia, di fiori, il sarcofago è cercato, dovunque il convoglio passa, da innumerevoli occhi inondati di lacrime. Tutte le stazioni, anche le più piccole e sperdute, per dove la salma gloriosa passa, sono imbandierate a lutto. Ovunque è come una festa commovente con musiche, bandiere, fiori, benedizioni; e le piccole campane delle pievi, sperdute nei silenzi della campagna, e le grandi campane delle cattedrali, sembrano sciogliersi libere al vento non come il giorno dei morti, ma come nella gloria di un sabato santo.
Si, fiori e lacrime; e quanti fiori di mamme, di babbi, di bimbi, gli furono gettati e in quanti di questi era racchiuso un cuore fiammante! Lungo certi tratti si vedevano inginocchiati, in preghiera, giovani gagliardi, alcuni insigniti delle cicatrici del valore, e vecchi cadenti; e i contadini interrompevano il lavoro dei campi e si fermavano in atteggiamento riverente e commosso.
A Roma fu la glorificazione.
E’ un popolo intero che si affolla attorno alla salma venerata; è tutto l’Esercito di Vittorio Veneto, che, nei suoi migliori rappresentanti con a capo il Re vittorioso, scatta in segno di omaggio, e s’irrigidisce sull’attenti dinanzi a Lui, simbolo altissimo di tutti gli eroismi e sacrifici di un popolo, anzi di una stirpe che, per oltre tre anni, ingaggiata in una lotta immensa, ha saputo combattere e vincere.
La mattina del 4 novembre la venerata salma veniva solennemente tumulata sull’Altare della Patria, mente i suoni di tutte le campane d’Italia invadevano l’azzurro immenso del nostro bel cielo, per salutare il grande commilitone.
Ora egli è là, e la sua tomba è davvero un’ara luminosa che, mentre irraggia del suo splendore il cammino all’Italia rinata, attrae a sé dolcemente il cuore di tutti gli Italiani, ma specialmente di noi datati, cui anima un solo, grande e fiero pensiero: essere sempre degni del nostro grande eroico fratello.
Mario BISCOTTI