Dopo fiumi di parole, spese per il diverbio avvenuto lo scorso 18 ottobre a Napoli al Palazzo del Governo tra il Prefetto Andrea De Martino ed il Parroco Don Maurizio Patriciello, è inutile discutere su quanto sia sbagliato chiamare “signora” un prefetto della Repubblica e quanto sia sbagliato alzare il tono della voce, a fronte di tale inadeguato approccio, da parte di un importante esponente delle istituzioni.
Tuttavia è interessante invece l’analisi di ciò che è accaduto ed è paradossale il fatto che entrambi i protagonisti, ognuno per il proprio ambito, rappresentano la parte migliore dell’Italia del nostro tempo.
Nell’emblematico confronto abbiamo infatti: Don Maurizio, come parroco che dà forza alla comunità per ciò che fa coraggiosamente al di là dell’altare contro le mafie, rappresenta la società civile; il Prefetto De Martino, autorevole ed irreprensibile figura dello Stato, lontana anni luceda quelle indegnepersonalità pubbliche che in questi anni hanno screditato, dinanzi alla Nazione ed al mondo intero, l’immagine dello Stato Italiano.
Il punto è tutto lì, perché la questione non è assolutamente formale ma sostanziale: la leggerezza del buon parroco, che certamente non voleva oltraggiare nessuno, è sintomatica di una società civile che purtroppo oggi non è più capace di riconoscere allo Stato l’autorità che merita; l’eccesso nella reazione, da parte del Prefetto De Martino, rispecchia invece lo stato di affanno sofferto dalla parte più autentica e giusta delle istituzioni in questo particolare momento storico, nel difendere l’immagine,
L’effetto mediatico del diverbio è stato clamoroso ed, ovviamente, hanno prevalso gli indiscutibili nobili propositi del buon Don Maurizio in quella riunione. Ma quello che non è stato certamente compreso, in linea generale, è stato il senso di ciò che ha affermato l’alto dirigente. Quasi tutti, infatti, hanno considerato la sua una posizione di personale autoritarismo e quasi nessuno ha considerato che il prefetto non esigeva niente per sé stesso né per la sua collega, ma per lo Stato. Qualcuno ha parlato di “lesa maestà”,che è anche calzante come paragone, trascurando peròche tale reato offendeva non solo il sovrano nella persona ma anche il popolo, perché offendeva soprattutto il regno.
Ad ogni modo, poiché tra galantuomini a prevalere è sempre il buon senso, al di là di ogni rumore pubblico sulla questione, la vicenda non poteva che concludersi con una stretta di mano lo scorso 25 ottobre.
L’incontro è avvenuto nel salone del Palazzo del Governo di Napoli. Non a caso, il Prefetto Andrea De Martino ed il parroco Don Maurizio Patriciello, si sono scambiati due doni in segno di pace ed entrambi hanno scelto di donare all’altro un crocifisso. Così, i due protagonisti di questo clamoroso diverbio hanno dato fine ad ogni attrito, ritornando armoniosamente complici ed alleati nell’ardua missione di difendere a spada tratta queste terre dai veleni della delinquenza.