di Emanuele Benvenuti
Prince Hunter ha molto a cuore l’unità della sua famiglia. Fa di tutto per capire cosa passa per la testa di papà Adam, cosa turbi mamma Kate, quali inquietudini adolescenziali opprimano i giovani Hal e Charlotte e perché nonna Margaret senta tanto la nostalgia del nonno. Osserva ogni dettaglio con i suoi occhi penetranti, ascolta ogni conversazione, annusa anche il più piccolo odore e dispensa i suoi consigli. Peccato che nessuno lo ascolti. O meglio, riesca a sentirlo. Perché Prince è il cane di casa Hunter. Non un cane qualunque, però. Lui è un Labrador e come tutti i membri della sua specie – mica come quegli attaccabrighe rivoltosi degli Springer Spaniel – aderisce al Patto dei Labrador.
Un tempo questo accordo era seguito da ogni quattrozampe scodinzolante, ma adesso solo i retriver lo rispettano: il loro motto è «Il dovere innanzitutto» e l’obbligo è di tenere unita la propria famiglia per ottenere l’Eterna Ricompensa. Ma non è facile al giorno d’oggi: il lassismo dei cani ha reso le unioni troppo fragili e gli Hunter non fanno eccezione. Il matrimonio di Adam e Kate vacilla, Hal e Charlotte non comunicano e combinano guai, la nonna è una presenza ingombrante e, come se non bastasse, un vecchio amico irrompe in casa con la sua giovane compagna a ingarbugliare le cose. Forse è troppo anche per le possibilità di un Labrador retto e determinato.
Opera prima di Matt Haig, di cui in Italia è già stato pubblicato il secondo libro, l’ottimo noir dal punto di vista di un bambino Il club dei padri estinti, Il patto dei Labrador è un divertente e simbolico viaggio all’interno di una famiglia inglese (ma potrebbe vivere in qualsiasi Paese occidentale) di oggi. Le relazioni allentate dalla quotidianità e dalla noia, gli errori nell’educazione, le tentazioni esterne e i tanti rimpianti sono raccontati con le parole e i giudizi di un ingenuo e puro animale domestico, e proprio grazie a questo espediente risultano più sinceri di quanto potrebbero essere quelli dei protagonisti in carne e ossa.
Il vero pregio del libro, una via di mezzo tra una favola contemporanea e un thriller sapientemente disseminato di colpi di scena e misteri dolorosi, è proprio il tocco leggero, quasi magico, che gli regala il suo peloso narratore. A esso si aggiunge la qualità e la scorrevolezza della scrittura di Haig, ironica ma allo stesso tempo riflessiva e profonda, che spazia nelle citazioni da Shakespeare e la Bibbia fino a David Beckham.