Per America intendiamo solitamente gli Stati Uniti, la nazione confederale che ha fatto storia con la sua dichiarazione d’indipendenza dalla madre patria Inghilterra, che ha elaborato la prima Costituzione moderna e repubblicana al mondo, che ha rappresentato per secoli il miraggio attuato della libertà e del benessere economico e sociale. Della libertà immortalata nella sua icona più grande al mondo, la Statua donata dalla Repubblica Francese ( la terza, nata dopo la sconfitta di Napoleone lll a Sedan), e risonante nei rintocchi della Campana della Libertà (Liberty Bell), conservata a Philadelphia, dove fu scritta e firmata, nel 1778, la Costituzione, e portata in giro per tutti i 13 stati fondatori. La Campana che presentò, ai primi rintocchi, una grossa crepa, quasi triste presagio, ancora oggi visibile, e che ho avuto il piacere di ammirare dal vivo.
L’America della ricchezza che ha lusingato milioni di immigrati, ed ha saputo non deluderne la maggioranza; l’America degli “arrivano i nostri” a salvare dal pericolo di assalti e soprusi; l’America della difesa armata della democrazia, contro i totalitarismi e le dittature; l’America dove è possibile che ne diventi Presidente un umile venditore di verdure, come Richard Nixon (“Eravamo poveri, ma la fortuna era che non lo sapevamo”, come descrisse la sua infanzia, citando una frase di Eisenhower volta alla evoluzione del popolo americano); l’America capace di concepire la più grande manovra politico – economica della Storia, il Piano Marshall, che ricostruì e legò ad essa il futuro dell’Europa nel secondo dopoguerra; l’America del primo uomo sulla luna, e della tecnologia più avanzata.
Ma anche l’America della discriminazione razziale, degli assassini di Fitzgerald Kennedy e di Martin Luther King; l’America del Ku Klux Klan e quella quacchera della insulsa crociata contro l’alcool, e delle armi a portata di tutti; L’America che vive come se dovesse ogni giorno render conto a JohnWayne, e che è capace anche di scegliersi per Presidente un Trump.
Il “sogno americano” si è infranto ancora: stavolta sotto il ginocchio premuto troppo violentemente, per troppo tempo, e sicuramente ingiustamente, sul collo di Floyd, uomo di colore, da un “tutore” della legge.
Claudio Gliottone