Per molti dei nostri lettori la data del 6 aprile del 1974 dirà poco o niente. Per i vecchi tifosi del Napoli rappresenta invece una data che resterà indelebile nella mente ma soprattutto nella parte di cuore colorato di azzurro.
Campionato 74/75 il Napoli di Luis Vinicio, soprannominato “o lione”, occupa sorprendentemente il secondo posto in classifica a due punti dalla capolista Juventus. La partita che si disputerà il 6 aprile 74, sul vecchio Comunale di Torino è decisamente importante per le due squadre, ma soprattutto per il Napoli che intravede la possibilità di agguantare e superare la Juve, da sempre l’avversaria per antonomasia dei tifosi napoletani e sognare il primo scudetto della sua storia.
Il clima è infuocato e i giornali ci mettono del loro cercando di frugare tra le antiche rivalità. Si parlava allora di Davide contro Golia dove naturalmente Golia stava alla Juve. Sarà stata anche Golia certo è che il Napoli si presentò a Torino con un seguito di circa 35mila tifosi, partiti da ogni parte d’Italia, anche da Teano per sostenere la squadra che li stava facendo sognare. La prima volta che in uno stadio la maggioranza dei tifosi era della squadra ospite.
Vinicio aveva fatto un piccolo miracolo. Fu il primo ad applicare il modulo olandese: gioco totale e tattica del fuorigioco. I giocatori messi a disposizione dell’allenatore non erano nomi famosi a parte Clerici e il libero Burnich reduce dai trionfi herreriani con l’Inter. Degli altri c’era poca storia. Il portiere Carmignani , ceduto l’anno prima proprio dalla Juve per un paio di papere che aveva realizzato nel campionato precedente. Gli altri erano buoni calciatori come Iuliano, Bruscolotti, Orlandini, Vavassori, Canè e Braglia. Ma Vinicio li aveva trasformati in tanti giganti.
Ma per informazione e testimonianza ai giovani tifosi napoletani teanesi, ci piace ricordare qual’era lo spirito e la passione che spingeva tante persone a sopportare sacrifici enormi per stare vicino alla squadra, per seguire un sogno, quello di Davide. Lo facciamo raccontandovi un risvolto di quella giornata che si realizzò a margine dell’evento sportivo, ed ebbe come protagonisti giovani tifosi teanesi, oggi ancora più accaniti sostenitori della squadra azzurra, ammesso che si possa amarla di più.
Il sabato 5 aprile, la vigilia dell’incontro, alle ore 19,00 circa, sette giovani teanesi, colazione a sacco, sciarpa e bandiera azzurra, fremevano in piazza Marconi in attesa del pullman, proveniente da Carinola, che li avrebbe portati poi fino a Torino. Quei giovani erano: Ciro Balbo, Paride Guttoriello, Pompeo Matano, Gianpaolo D’Aiello, Tonino Rendine, Susanno.
Il viaggio, organizzato dal tifosissimo Massimo Bosco di San Marco, fu interminabile, su di un pullman non proprio moderno e forse neanche tanto in buona salute. L’arrivo a Torino si realizzò alle ore 11,00 circa, dopo un viaggio di oltre 15 ore, con l’ultima fermata in Via Tripoli, alle spalle dello stadio. Dal pullman scesero volti assonnati, occhi rossi e deformati dalla stanchezza. Giusto il tempo di mettere piede a terra, ritirare il piccolo bagaglio a mano, rendersi conto che la lunga traversata era finita, qualche stiracchiata, le sciarpe puntualmente al collo e via ad urlare gli slogan per il Napoli in risposta ad un gruppo di tifosi juventini sbucato da una traversa laterale con atteggiamento poco rassicurante.
Il tempo per consumare una frugale colazione e via verso lo stadio Comunale, in direzione della curva nord Maratona , solitamente riservata ai tifosi del Torino che fronteggiava la curva sud Filadelfia, riservata invece ai tifosi della Juve. Il trasferimento allo stadio non fu tranquillo perché, da ogni parte sbucavano gruppi di teppisti juventini che lanciavano pietre, minacciavano con bastoni e offendevano, offese forti, gravi come solo gli antisportivi sanno coniare.
Ma nello stadio lo spettacolo che si presentava agli occhi di uno spettatore neutrale era di grande stupore. Sembrava che la partita si giocasse al San Paolo, tante erano le bandiere azzurre e le sciarpe svolazzate in segno di passione e sostegno che occupavano l’intera curva Maratona e gran parte dei distinti, mentre i colori bianconeri occupavano l’intera curva Filadelfia e quasi tutta la tribuna centrale.
Il gruppo di Teano, nel frattempo infoltitosi perché si erano aggregati altri teanesi già presenti a Torino, era posizionato esattamente dietro la porta che nel primo tempo era occupata dal portiere Dino Zoff sostituito nel secondo tempo dal portiere del Napoli, Carmignani.
Il primo tempo si concluse con la Juve in vantaggio di uno a zero con gol di Causio al 19’che aveva sfruttato un ottimo passaggio di Damiani. Le squadre si erano fronteggiate a viso aperto, nessuna delle due dava l’impressione di poter prevalere sull’altra e quindi il momentaneo vantaggio non preoccupava tanto i tifosi azzurri che continuavano instancabili ad incitare i propri beniamini e così si arrivò al 13’ del secondo tempo allorquando Iuliano, dal limite dell’area juventina, scagliò un fendente potentissimo che Zoff non riuscì ad intercettare.
Il tripudio, la gioia, i salti dei tifosi napoletani che sembravano impazziti. La partita procede equilibrata per altri minuti fino al 78’ quando Parola, allenatore juventino decide di fare entrare Josè Altafini, che l’anno prima aveva giocato nel Napoli e poi ceduto a parametro zero alla Juve che lo ingaggiò a gettoni. Ultimi minuti di gioco, la partita sembrava avviata ad un salomonico pareggio quando su di un tiro di Cuccureddu che Carmignani non riuscì a trattenere, si avventò proprio Altafini e segnò il definitivo 2 a 1.
La parola disperazione non riesce a descrive lo stato d’animo delle migliaia di tifosi napoletani. Sgomento e delusione, molti piangevano o si abbracciavano tra loro in una sorta di reciproca consolazione. Una tristezza infinita regnava in quella parte dello stadio dove si stava consumando una delle grandi atrocità di cui si può rendere responsabile il calcio. Un sogno infranto ad opera del campione che fino all’anno prima a Napoli veniva invocato a gran voce. Da quel momento fu soprannominato “core ngrato”. Un sogno che crollava, la Juve diventava irraggiungibile con cinque punti di vantaggio.
Lo stadio si svuotò lentamente, ancora occhi lucidi tra i giovani teanesi ma questa volta la stanchezza non c’entrava. Con grande mestizia ma anche con ostentato orgoglio si diressero verso il pullman, tra le urla e gli sberleffi dei tifosi juventini,.
In questo frangente, qualcuno scorse la sagoma di Gentile, il terzino della Juve e della Nazionale. Un attimo il giovane Gianpaolo D’Aiello saltò giù dal pullman e si diresse di corsa verso Gentile per affrontarlo e forse mollargli qualche ceffone. Gentile fu più lesto ad entrare nel giardino che portava alla sua villa prima che Gianpaolo lo potesse raggiungere.
Saluti ed abbracci con gli amici che erano rimasti a Torino e via per il viaggio di ritorno. Volutamente abbiamo omesso di citare il nome di un altro teanese che aveva condiviso l’avventura, Franco Rossi. L’omissione è stata voluta per segnalare che Franco era partito tifoso della Juve ma, quando rimise piede sul pullman, dopo aver visto quello che i suoi colleghi juventini erano riusciti a fare e pronunciare nei confronti dei tifosi napoletani, dichiarò di essere passato definitivamente e convintamente tra i tifosi del Napoli.
La lunga traversata si concluse la mattina dopo verso le ore 8 del mattino. Dopo 48 ore senza dormire, stanchi per il lungo viaggio, qualcuno si recò direttamente sul posto di lavoro, qualcun altro prese il figlioletto per accompagnarlo a scuola, ancora qualcuno prese il treno per Napoli e non perdere la lezione all’università.
La domenica dopo il Napoli vinse per 7 a 1 contro la Ternana mentre la Juve perse a Como. Questo completa il quadro di quel fine campionato. Se solo avessimo pareggiato a Torino avremmo vinto lo scudetto. Ci sembrò di avere subito una grave ingiustizia, un torto enorme per ripagare il quale non basteranno cento vittorie per restituirci quanto immeritatamente toltoci.
Questo “a’ marcord” lo dedichiamo a quei tifosi, gagliardi giovani teanesi, che quel lontano 6 aprile di quarant’anni fa, onorarono con la loro presenza una delle pagine più amare della storia del calcio napoletano, ma alimentarono anche, con grande orgoglio, “la grande fede azzurra”.
A.G. (testimone oculare)