La storia non è cosa avulsa da noi; non è le Piramidi, o la guerra di Troia, Giulio Cesare o Carlo Magno; non è Napoleone o lo zar Nicola ll. La storia è il compendio delle infinite storie di tutti gli uomini, le quali si intrecciano tra loro, si sommano nei ricordi, si manifestano simili a migliaia di chilometri di distanza e a centinaia di anni nel tempo. Quando poi ne raggiungono la forza e la capacità, esplodono in fenomeni destinati a cambiare la vita di tutta l’umanità; è in questi casi che emergono figure come Giulio Cesare, Carlo Magno, Federico II e via dicendo, i quali rappresentano solo la sintesi ultima di quel compendio di storie infinite. Così queste, essendo solo della piccolissime parti di un grande insieme, spesso e volentieri si ripetono e si ripropongono, non avendo raggiunto, da sole, la forza o la capacità di apportare cambiamenti, sia pure non epocali. Orbene erano gli anni ottanta del secolo e del millennio scorso; a Teano dominava, con maggioranza bulgara, la Democrazia Cristiana, ed aveva nell’On. Mancini e nel Senatore Bonifacio (succeduto a Bosco nel collegio) i suoi esponenti locali di maggior prestigio. Sindaco era Mario Toscano. L’organico del Corpo dei Vigili Urbani contava solo quattro persone delle quali qualcuno anche inidoneo al servizio sul territorio: era necessario bandire un concorso per assumerne altre, ed allora gli Enti locali potevano farlo facilmente, senza i vari impedimenti che insorgeranno poi per motivi soprattutto economici. Così fu bandito un regolare concorso per la assunzione di cinque Vigili Urbani. Capirete che in un paese dove, allora come oggi, il maggiore, se non unico, datore di lavoro, assieme all’Ospedale (che oggi manco c’è più), era l’Ente Comunale, la domande di partecipazione al concorso furono tantissime, presentate da giovani che legittimamente aspiravano ad una sistemazione lavorativa. I teanesi non interessati direttamente presero a cuore l’avvenimento e cominciarono politicamente a parlarne: ne derivò che dopo meno di un mese tutta la città conosceva nome, cognome, discendenza, altezza, peso, meriti (politici, ovviamente) e numero di scarpe dei cinque cittadini che avrebbero vinto quel concorso. Al contrario di oggi, erano tempi di vivacità politica; quasi tutti i partiti nazionali avevano in città le loro segreterie, sempre aperte, ed esisteva una partecipazione ideologica di tanti giovani che amavano organizzarsi in gruppi di pensiero, il più delle volte apartitici. Tra questi ultimi c’era il Gruppo Autonomo per Teano, del quale chi scrive si onora ancora di aver fatto parte; era un gruppo di critica e di pensiero che si era dato e si dava molto da fare per tenere sempre desta l’attenzione dei concittadini. Aveva creato “Il Presepe Vivente – Teano”, aveva edito un giornalino locale “Il Diapason” e, ne era il tempo, aveva messo in funzione una radio locale, “Radio Uno Teano”, molto seguita non solo a Teano. L’occasione per sbugiardare tutta una classe politica e per svelare una grande “pastetta” era molto ghiotta; si cominciò a denunciare la cosa per radio, sperando in qualche ripensamento da parte dei notabili locali, i quali invece fecero ricorso ancora ad altre forzature per garantire a qualche loro protetto meriti o qualità che notoriamente non possedeva. Fu allora che chi scrive, presidente di quel gruppo, prese la decisione di scrivere quei nomi su carta bollata, sigillarla in una busta e consegnarla ad un notaio quindici giorni prima dell’espletamento del concorso: ma il notaio gli obiettò di non poterlo fare perché si configurava la deposizione di una “prova precostituita”. Non saprei, giuridicamente, spiegarvi il significato; ma la cosa fu fatta in Radio, davanti a testimoni ed i nomi scritti corrisposero per filo e per segno a quelli dei vincitori del concorso. Seguirono anche azioni legali da parte di alcuni esclusi versus l’Ente, ma tutti sappiamo bene come vanno certe cose: nulla di fatto. Oggi, quaranta e passa anni dopo, è carente di personale tutto l’Ente; a causa del blocco di legge per le assunzioni a trovarsi in simili condizioni sono molti comuni. Per risolvere il problema la Regione organizzò un regolare corso di formazione per quanti aspirassero ad assunzione pubblica da concludersi poi con un concorso sempre gestito dalla Regione per la selezione degli aventi diritto per titoli e merito. Ma la Amministrazione Comunale di oggi non ha voluto aderire, affermando che il concorso se lo sarebbe fatto da sé. Ora, per poterlo fare da sé, dovrebbero ottenere il consenso della Commissione Ministeriale competente, ed il primo danno, consistente in una prolungata perdita di tempo mentre la funzionalità dell’Ente è ridotta al lumicino, è stato fatto per tutti noi. Si ripropone ancora una volta quella domanda costituzionalmente spontanea: ma perché hanno agito così? Per essere sicuri della più integerrima ed onnicomprensiva preparazione tecnica, morale, culturale e, perché no, politica dei futuri vincitori del concorso a venire, a prescindere dalla attuazione di ogni formazione professionale, specie se regionale? Ma stavolta, oltre alla domanda, anche il dubbio sorge spontaneo: non è che potremo di nuovo conoscere sei mesi prima i nomi dei vincitori, come accadde quarant’anni fa? E come saranno distribuiti a seconda dei vari numi tutelari? Lo abbiamo detto: la storia si ripete, ma quella piccola, minuscola, quella che i più, i quali non hanno la forza e il coraggio di ribellarsi, “subiscono”, senza minimamente preoccuparsi di “farla”. Subirete anche questa ennesima farsa, amici miei. Noi siamo ancora qua, come quarant’anni fa; con lo stesso indomito anelito di giustizia e di libertà, ma le cose non sono cambiate e, siatene certi, grazie anche a voi non cambieranno mai.
Claudio Gliottone