Un vaccino contro il coronavirus sarà l’unica arma certa per fermare la pandemia da COVID-19 (che chiameremo SARS-CoV2 per correttezza scientifica), evitando la morte di milioni di persone in tutto il mondo. Per questo da circa tre mesi alcune delle più grandi aziende farmaceutiche al mondo, centri di ricerca e alcune ambiziose startup nel settore della biotecnologia sono al lavoro per sviluppare un vaccino, con la prospettiva di poterlo rendere disponibile entro 12-18 mesi. È uno sforzo enorme, che sta richiedendo investimenti da miliardi di dollari e il lavoro di migliaia di ricercatori, che hanno già avviato o confidano di poter avviare presto le sperimentazioni sui primi volontari. Chi si ammala di “nuova SARS” deve attendere che il proprio sistema immunitario riesca a superare la malattia: nella maggior parte dei casi è sufficiente rimanere a casa a riposo, mentre nelle circostanze più gravi si rende necessario il ricovero in ospedale, talvolta nei reparti di terapia intensiva. I farmaci somministrati dai medici servono per rallentare la malattia e offrire più tempo al sistema immunitario per sbarazzarsi del coronavirus. Un vaccino consentirebbe di evitare tutto questo, prevenendo la malattia in un’ampia porzione della popolazione.
“Moderna” e l’innovazione Made in USA. Tra le aziende che si sono distinte per rapidità nella ricerca di soluzioni c’è Moderna, società nel Massachusetts (Stati Uniti) che esiste da poco meno di dieci anni e con una specializzazione nella ricerca e nello sviluppo di farmaci basati sull’RNA messaggero (mRNA). L’azienda aveva già lavorato su altri coronavirus, come quelli che causano la MERS e la SARS, analizzando le loro punte sulle quali ci sono le strutture proteiche che consentono di eludere i sistemi di protezione nelle membrane delle cellule (i coronavirus si chiamano così proprio perché le loro punte ricordano quelle di una corona). Il vaccino sperimentale contiene mRNA per “istruire” il sistema immunitario a riconoscere le punte e a saperle contrastare, evitando che il coronavirus riesca a legarsi alle cellule. È un approccio molto innovativo rispetto a quello classico, che prevede l’impiego di virus attenuati o inattivati per suscitare la risposta immunitaria. Questi sistemi richiedono tempi più lunghi per la produzione di grandi quantità di vaccini, a differenza di quelli a mRNA che possono essere prodotti più rapidamente: per ogni dose è necessaria una quantità inferiore di principio attivo. Anche per questo motivo Moderna investe da anni in soluzioni di questo tipo, che potrebbero rivelarsi più adatte in una pandemia in cui sono necessari miliardi di dosi.
“Sinovac” e la via classica made in China. Sinovac, un’azienda di biotecnologie con sede a Pechino (Cina), sta seguendo l’approccio più tradizionale, con un vaccino basato sull’inattivazione del coronavirus, al quale viene poi aggiunto un adiuvante per stimolare ulteriormente la risposta immunitaria. La società aveva ottenuto risultati incoraggianti una quindicina di anni fa, quando aveva sperimentato lo stesso sistema sul coronavirus della SARS-CoV-1, che ha alcune cose in comune con l’attuale virus. La sperimentazione aveva riguardato cavie di laboratorio e non aveva portato all’insorgenza di problemi tali da far temere effetti avversi negli esseri umani. L’impiego di virus inattivati nei vaccini ha permesso nel Novecento di tenere sotto controllo numerose malattie, salvando la vita di milioni di persone, che hanno inoltre potuto vivere in media più a lungo. È un sistema sul quale abbiamo grandi conoscenze e che può raggiungere buoni livelli di produzione, considerato che nel mondo ci sono centri di produzione dei vaccini che ogni anno producono milioni di dosi, per esempio contro la comune influenza stagionale.
Occhio per occhio, Virus per virus. Un altro approccio sperimentato da CanSino, azienda di biotecnologie cinese, prevede invece di sfruttare un altro virus per trasportare nell’organismo la sola proteina che si trova sulla punta dei coronavirus, in modo che il sistema immunitario impari a contrastarla senza avere a che fare con tutto il coronavirus (che indurrebbe la malattia). Nel 2007 un sistema simile pensato contro l’HIV non aveva però portato a risultati altrettanto incoraggianti, spingendo la società farmaceutica che l’aveva sviluppato (Merck) a interrompere la sperimentazione. Johnson & Johnson sta sperimentando una soluzione analoga, utilizzando come mezzo di trasporto un altro adenovirus. La società ha inoltre annunciato un progetto da un miliardo di dollari contro la SARS-CoV2, con metà dei fondi che deriveranno da finanziamenti pubblici negli Stati Uniti, che saranno erogati sulla base del raggiungimento di particolari risultati nei vari passaggi della ricerca. Un cerotto per tutti. Una piccola puntura – anzi, 400 micropunture erogate da sottilissimi aghetti disposti su un cerotto largo 1,5 centimetri – sul braccio o sulla spalla, e l’immunità al virus SARS-CoV-2 può svilupparsi entro due settimane, per raggiungere entro altre 3-4 settimane un livello di anticorpi sufficiente a contrastare in modo decisivo il virus. E’ questo il vaccino sperimentale – “PittCoVacc”, il primo descritto in uno studio peer-reviewed – sviluppato da ricercatori dell’Università di Pittsburgh. L’iniezione attraverso la pelle tramite microaghi è localizzata: c’è una concentrazione del vaccino molto più elevata, tutte le cellule immunitarie vanno ad attaccare l’invasore e basta una quantità minore di vaccino per dare l’immunità”. I microaghi proteggono la proteina “spike”, liberando i medici dalla necessità di conservare il vaccino attraverso la catena del freddo, questo significa che il vaccino è più facilmente trasportabile anche nelle zone più povere del pianeta.
Le ricerche condotte finora sembrano indicare il mantenimento dell’immunità per lo meno nel breve periodo, ma serviranno mesi prima di capire se sia una condizione permanente o temporanea. Altri coronavirus, come quelli che causano i sintomi comuni del raffreddore, tendono a essere dimenticati dal sistema immunitario, e questa è una delle ragioni per cui prendiamo più volte il raffreddore nella vita (ci sono anche altre specie di virus che lo causano, comunque). Studi sulla MERS e sulla SARS-CoV-1 hanno tuttavia indicato la permanenza dell’immunità, cosa che lascia più ottimisti i ricercatori che stanno studiando l’attuale coronavirus. Quando sarà pronto, nel migliore dei casi il vaccino contro il coronavirus potrà quindi dare un’immunizzazione permanente come avviene con i vaccini per altre diverse malattie.
Riccardo Luigi Conte