So che è impopolare e antisociale dirlo ma è così. La guerra, nella sua classica definizione è fatta di poli umani: alleati e nemici. La guerra non permette statistiche, non segue percentuali, non consente ipotesi. La guerra colpisce, non lascia scampo e non c’è casa o rifugio nel quale scappare. La guerra non aspetta. Nell’esperienza che stiamo vivendo, la cosiddetta “guerra contro il virus”, con tanto di metafore correlate: medici “in trincea”, una nazione che canta l’inno sui balconi nella speranza di essere udita dal “nemico”, inviti alla “resistenza”, “bollettino di guerra” delle 18 della Protezione Civile; che poi siamo sinceri è senza una prospettiva, solo dati sul numero dei contagiati, dei guariti, dei deceduti, e dei ricoverati in terapia intensiva. L’opinione pubblica, quelle persone barricate in casa, depresse, impaurite per figli e genitori distinti, che stanno mettendo a dura prova la loro stabilità mentale, non hanno bisogno solo di dati; non hanno bisogno di bonus o sussidi, hanno bisogno di libertà di riprendere il proprio lavoro, hanno bisogno di strategie reali, di prospettive di ripresa che diano senso a questi giorni, che diano speranza. Perché la Politica non può tenerli “segregati” in casa fino a data da destinare. Ora, ragioniamo insieme: il Covid 19 non è una semplice febbre, l’abbiamo capito tutti, quindi dovremmo imparare a conviverci ancora per un po’ di tempo. Ma nel frattempo la Politica dovrebbe riorganizzare il paese e lo stile di vita degli italiani: rendere sicuri i posti di lavoro, rendere sicure le scuole, negozi, bar, ristoranti, pizzerie. Perché siamo realisti, ma quante settimane potranno durare il bonus per le partite ive, della spesa e tutto ciò che lo Stato ha messo in atto senza una produttività attiva? E non puntiamo il dito sempre contro l’Europa. Forse, in passato sarebbe stato più opportuno investire nella sanità che nel reddito di cittadinanza. Perché noi non siamo in guerra. Ciò che è interessante ed emerge in questo nuovo volto della società, è la nuova configurazione della politica, la quale comunica solo attraverso termini mai utilizzati finora: vita, salute, emergenza sanitaria, limitazione della libertà di movimento, isolamento, distanziamento sociale, certificazioni che cambiano continuamente, bonus, etc. Parole certo non nuove al lessico politico, ma che stanno assumendo una posizione di rilievo all’interno della metamorfosi dell’ordinamento democratico, ed anche quando si tornerà alla “normalità” difficilmente le parole e le esperienze passeranno. Esse lasceranno un segno profondo all’interno della politica, e della società. Quel che per ora rimane è che la guerra è fatta da umano contro umano.
Sara Finocchi