“Occorre fare attenzione all’uso delle parole, ponderarle, rispettarle come la cosa più preziosa che possediamo. Rappresentano il significato stesso dell’essere umano. Noi siamo parola. Ci manifestiamo con la parola, generiamo parole; la parola è l’unico dono che possiamo elargire …. E nel momento in cui la si pronuncia ed esce dalla bocca, la parola sta ad indicare che è avvenuto qualche cosa da cui non è più possibile tornare indietro … la parola fa … Ci sono parole che uccidono e parole che salvano … Quando la parola si fa preghiera , persino il Padre Eterno viene a conversare …” (Vittorino Andreoli – Il corpo segreto)
Si dice che l’uso della parola e dell’intelletto, per chi ha la fortuna di averlo, sono due dei fattori che ci differenziano dagli animali. Ebbene, non sono proprio convinto di quanto scritto. Ed il dubbio me lo insinua il mio cane, un pastore tedesco di un anno. Ovviamente non parla, ma è come se lo facesse. Parla con gli occhi pieni di felicità, quando giochiamo in giardino; gonfi di lacrime, quando esco e lui, buono buono si accuccia nei pressi del cancello ad aspettarmi. E resta così, fin quando non rientro. Allora comincia a correre ed a scodinzolare. Poi mi salta letteralmente addosso per farsi coccolare.
Le parole hanno un peso. Dipende tutto da come le pronunciamo. Un peso che può diventare un macigno o carezza. Ci sono parole che uccidono, altre che salvano. Eppure, sempre parole sono. Qualcuno dice che la forma più alta della parola sia il silenzio. In effetti è così. Talvolta restare in silenzio equivale da dare più di mille risposte.
Le parole possono essere delle coltellate, dei pugni nello stomaco. Viceversa possono lenire un dolore, essere fonte di speranza. Oltre al loro peso, bisogna fare attenzione a chi le pronuncia. Una mamma o un papà che rivolgendosi al proprio figlioletto lo appellano gratuitamente con un cretino, sei un idiota, è come se lo sparassero puntando al cuore. Le parole, entrano dall’orecchio, ma prima di arrivare al cervello per essere decodificate, passano per il cuore. E qui che si compie la magia o il danno. Lo stesso bambino di prima, basterebbe chiamarlo con uno dei tanti vezzeggiativi che noi genitori usiamo, cucciolo, amore mio,…. per farlo crescere sicuro ed in tutta serenità.
Ebbene, a parere di chi scrive, sarebbe cosa buona e giusta dare importanza solo alle parole pronunciate da persone a noi care. Da chi gode della nostra amicizia, della nostra stima. La medesima parola, pronunciata da due persone diametralmente opposte, acquista due significati diversi. Un’offesa fattaci da uno sconosciuto, resta fine a se stessa. Non possiamo dire la stessa cosa se quell’offesa ci è rivolta da una persona a noi cara. Quelle parole entreranno dentro di noi ed esploderanno come una bomba.
Ci permettiamo di suggerire che le migliori parole, sono quelle che non si dicono.
FeudoDiViaAnfiteatro, Agosto MMXX
Luciano Passariello