Quando qualcuno chiede a che cosa serve la filosofia, la risposta deve essere aggressiva, poiché la domanda è ironica e pungente. La filosofia non serve né allo stato, né alla chiesa, che hanno altre preoccupazioni. Non serve a nessun potere stabilito. Serve a turbare; una filosofia che non turba nessuno, e non fa arrabbiare nessuno, non è una filosofia. Essa serve a nuocere alla stupidità, serve a fare della stupidità qualcosa di vergognoso. Non ha altro uso che questo: denunciare la bassezza del pensiero, in tutte le sue forme. Gilles Deleuze, sapeva bene che il pensiero non viene preso troppo sul serio, se non dai pensatori di professione. Le ideologie politiche usano il paradigma platonico della cosiddetta sindrome di Siracusa ,per discriminare la filosofia a semplice contemplazione del reale( Platone a Siracusa tentò di convincere il tiranno a collaborare per realizzare un sistema democratico pensato dai filosofi : il fallimento fu totale, tanto da poter poi parlare di quella sindrome che ancora oggi simboleggia la controversa relazione tra filosofia e politica).Il pensiero non è più attenzionato da nessuna forma sapienziale, la cattedra va per intero alle competenze ,agli algoritmi, alle prestazioni, figlie di un legame perverso tra una retorica economicistica e un finto progresso umano . Non è più richiesto alcun senso di responsabilità, alcuna coscienza, siamo semplicemente funzionari della specie, la cui massima aspirazione è lo smisurato bisogno di affermazione. E’ difficile trovare l’audacia di frequentare un futuro diverso, figlio di una spinta utopistica che abbia l’urgenza di un uomo migliore, che torni a rendersi conto che la vita non muore solo con le bombe, ma anche per mancanza di una vera coscienza. Non è un filosofo accademico a dirlo, è Giorgio Gaber che ha scelto la canzone come forma di filosofia, rubando l’idea a qualcuno, che molto tempo prima, aveva scelto di lodare Dio ma soltanto per poter cantare. Che cos’è la Divina Commedia se non il canto più bello regalato a una umanità che, già al tempo di Dante, aveva bisogno di essere salvata. Oggi l’uomo è smarrito, oltre alle paure vere è accecato da false ambizioni. Lo scopo dello stesso sistema scientifico, che è poi il vero produttivo del nostro tempo, è l’utilitas e non il lavoro dello spirito, come facciamo a ritrovarci? A ben guardare però se è “LA COSA” il mio affare, spiegare “LA COSA”, mi fa essere utile eccome. La ricerca del vero significato della “COSA”, è proprio ciò che mi fa essere massimamente utile. Questo è il vero idealismo, questo è essere l’idea che muove tutto. Questa è la molla per una vera rivoluzione antropologica che ridia lustro alla coscienza come fondamento di qualsiasi fare umano, come fondamento della stessa scienza che non può dimenticare di essere per l ‘uomo e non contro di esso. Hegel è stato ingenuo a vedere nella scienza il compimento della filosofia, essa per quanto indispensabile non può prescindere dall’uomo. Hegel dice:” adesso noi siamo quelli che sanno, non quelli che amano sapere, e tu filosofia qui ti compi “attribuendo così alla scienza un potere assoluto che manipola l’oggetto di studio con un fare riduzionistico in cui lo scienziato dimentica di essere un uomo tra gli uomini fino ad una vera e propria autoreferenzialità dell’oggetto sul soggetto. Come la rivoluzione francese ci ha liberati dalle autorità imposte, allo stesso modo Kant ci ha liberati dalla natura (dalla cosa in sé). C’è una sostanza della cosa che mai potrà essere predicata, mai la potremmo afferrare, restiamo sul fenomeno, sul come la cosa si mostra. Nel sistema della scienza mancava la dimensione politica, l’idealismo ha peccato d’ingenuità, come se la scienza potesse produrre libertà attraverso il successo dei suoi prodotti. La macchina è sempre più complessa e l’uomo sempre più semplice. La prassi è sempre più degna d’encomio, il pensiero sempre meno pregnante. Tra il ‘600 e il ‘700 c’era forte partecipazione umana al lavoro della scienza, sembrava potesse esercitare i suoi esperimenti in piena libertà. Era un’illusione, che presto ha mostrato come il sistema scientifico per poter funzionare doveva incarnarsi nel sistema economico, che, in cambio di soldi, chiedeva alla scienza di rinunciare alla sua libertà. La scienza senza economia cessa, l’economia da parte sua ha bisogno della scienza per poter progredire: questa coscienza è mancata. Quando l’idealismo ha assunto la scienza come unica strada possibile non ha visto che l’oggetto sul tavolo del laboratorio scientifico deve essere manipolato, per trarne conoscenza, e chi paga per porre in essere tale possibilità pretenderà anche che la cosa vada in una direzione a lui favorevole. Oggi vanno molto di moda le figure dei cosiddetti esperti, dei tecnici di settore, che inquietano proprio perché non sempre libere, il lavoro dello spirito a libro paga è un ossimoro di per sé, non riesce a convincere, è teoreticamente mancante, anche di trasparenza. Gli anni dell’idealismo tedesco erano gli anni dello spirito concreto, figlio dell’illuminismo; la scienza sembrava essere massimamente l’inveramento dell’umanità, gli idealisti assistono alla potenza di una scienza che è il motore fondamentale del mondo. Già Marx però dirà ad Hegel:” tu fai andare il mondo all’incontrario”, il sistema della scienza non diventerà un sistema di libertà per migliorare la vita dell’uomo, per un fatto meccanicistico, per un automatismo, è la ragione stessa a dire che non c’è nessuna dialettica armonizzante, ma un vero e proprio salto. Per Marx tra scienza e libertà ci deve essere un passaggio rivoluzionario, non dialettico. Un lavoro politico, un attenzionare ciò che può essere una pericolosa fuga in avanti. Marx si chiede come abbia fatto Hegel a non vedere quel salto assoluto, a guardare con occhio ingenuo un sapere che avrebbe manipolato e non più contemplato il mondo per rispettarne le sue leggi naturali. Tra scienza e libertà ci deve essere un trait d’union che preservi i due pilastri assoluti con cui Hegel chiude La Fenomenologia dello Spirito, forse l’opera più difficile di tutta la storia della filosofia. Marx non sposerà affatto la gerarchia con cui Hegel pone il sapere scientifico come sapere assoluto, intanto perché contraddice la dialettica, (se c’è un assoluto non ci può essere dialettica) e poi perché è la politica per Marx il ruolo più alto che l’uomo possa svolgere per la comunità umana. Una politica che oggi voglia confrontarsi con una realtà così difficile come la nostra, deve essere una politica adeguata, pianificata, organizzata (come farebbe ad esserlo senza l’ausilio della scienza). Resterebbe impotente, sarebbe romanticismo, movimentismo. I progetti devono essere adeguati a ciòche c’è, a com’è il mondo in realtà, non a come vorremmo che fosse. Così possono camminare le idee, con processi calcolabili, percorsi chiari, pianificati, di cui sia prevista o almeno prevedibile anche l’economicità del progetto. Questa è la responsabilità politica, questa è la coerenza, la razionalità. Il cervello sociale ha bisogno della potenza dell’economico, ma questo deve tenerci inquieti, perché la razionalità dell’economico non è la libertà, ma l’incremento del profitto. Compito assoluto della politica è proprio quello di combinare la potenza del cervello sociale al sistema economico che deve sorreggerlo, conservando la sua autonomia. Alla potenza economica poco importa della libertà individuale, solo la politica può preoccuparsi di queste priorità che l’uomo insegue da quando abita “la caverna di Platone”. E’ la politica che può essere vero lavoro dello spirito. La scienza avrebbe dovuto e potuto liberarci da ogni forma di coazione lavorativa, invece è servita a produrre disoccupazione, tempo libero solo come negativo del tempo occupato. Essendo la scienza l’unico fattore di sviluppo, è anche ciò che ci da’ la possibilità di rendere fruttuoso il lavoro dello spirito, ma va massimamente attenzionato quel suo incarnarsi nell’economia per poter esistere. Il sistema economico per suo statuto ontologico, non è tenuto a preoccuparsi della dignità umana, che non a caso, non gode oggi di buona salute. Il problema vero è che il paradigma tecnico scientifico, è entrato a gamba tesa in tutti i settori della vita umana. La specializzazione scientifica è esasperata, perché il fine ultimo è quello di farci perdere il senso dell’intero, il senso della “cosa” la vera identità di tutto ciò che è. Abbiamo già visto l’importanza in filosofia teoretica, del PDNC (PRINCIPIO DI NON CONTRADDIZIONE). Nella verità di A non è B, il non essere di B appare in A, e l’essere di B appare in B. Nell’apparire di A e nell’apparire di B appare il PDNC che l’occidente ha rimosso, perché la verità obbliga, la retorica invece fa volentieri a meno del PDNC, per poter confondere i significati delle parole, che non essendo autoreferenziali si prestano ad essere usate sia pro sia contro la verità. I retori sanno bene come far diventare bello il brutto, giusto l’ingiusto, buono il cattivo. Sintomo di quanto sia di moda Gorgia, è la sparizione della lingua latina, che poco si prestava a questi giochi di prestigio. L’oggetto primario della filosofia è l’identità e filosofando filosofando scopriremo come determinarla non sia cosa così avulsa dai nostri interessi primari. Non saremo mai solo sofia, è la nostra finitezza a ricordarcelo, ma più cose conosciamo più ci avviciniamo alla possibilità di approssimarci a noi stessi, che per l’oracolo di Delfi è pur sempre l’unica maniera per essere felici:
CONOSCI TE STESSO, E REALIZZATI SECONDO MISURA.
ANNA FERRARO
Gli unici problemi che sembrano preoccupare l’uomo moderno sono quelli immediati. La nuova cura sembra essere il soluzionismo.
Ma la vera salute non sopraggiunge forse perché si è capaci di scoprire la vera malattia? CIT. EMANUELE SEVERINO.