Caro Direttore,
nei tuoi documentatissimi articoli metti in luce, da “calunniatore cronico” ed anche “provocatore” quale sei, strane coincidenze che, se solo ci fosse tra noi un magistrato serio a leggerle, susciterebbero in lui quanto meno un vago desiderio di doveroso approfondimento.
Appalti affidati quasi sempre alle stesse ditte, anche “dell’altro mondo” (e non nel modo di dire metaforico); delibere affrettatamente ritirate a seguito delle tue segnalazioni; delibere sparite e non più ripresentate; incarichi di chiaro affidamento “politico” e via discorrendo. E su tutto il sospetto, ma fino a che punto solo “sospetto”, di qualche personaggio tecnico che da anni ed anni fa il bello e cattivo tempo producendo poco o quasi niente per la comunità.
La cosa mi riporta alla mente il Primo Capitolo dei “Promessi Sposi” laddove Manzoni descrive, con la intelligente ironia che spesso lo caratterizza, l’incontro di Don Abbondio con quelli che “a prima vista si davano a conoscere per individui della specie de’bravi.”.
Ora “i bravi” non erano quelli buoni d’animo, onesti, alacri lavoratori, disponibili ad ogni buona azione, cioè meritevoli quanto meno di una targa di riconoscenza, di quelle che, prendendo spesso grossi “granchi”, andava assegnando con grande pompa e copiosità il predecessore del nostro attuale Sindaco.
Erano al contrario dei veri e propri delinquenti che, al servizio dei “Signorotti” del luogo, taglieggiavano la gente imponendo con la forza e le minacce la volontà del loro padrone. Ma questo, absit iniuria verbis, avveniva solo in Lombardia e solo nel 1500, 1600: sia ben chiaro!
Questo solo per introdurre un “fondamentale concetto” dal quale non può prescindere nessuna azione di giustizia o di politica: la persecuzione e la applicazione certa e seria, per ogni eventuale reato, della relativa pena prevista.
Vediamone il perché.
Contro i bravi, “questa specie, ora del tutto perduta, (nda : ne siamo così sicuri?) era allora floridissima in Lombardia, e già molto antica.”, “ fino dall’otto aprile dell’anno 1583, l’Illustrissimo ed Eccellentissimo signor don Carlo d’Aragon, Principe di Castelvetrano, Duca di Terranuova, Marchese d’Avola, Conte di Burgeto, grande Ammiraglio, e gran Contestabile di Sicilia, Governatore di Milano e Capitan Generale di Sua Maestà Cattolica in Italia,..” pubblica una “grida”, cioè un provvedimento di polizia, detta così perché veniva gridata dagli araldi in tutti i paesi per portarla a conoscenza dei sudditi.
Inutile dire che non ebbe alcun risultato, come alcun risultato non ebbero tutte le altre, almeno una trentina, pubblicate fino al 1632. I bravi continuarono imperterriti a fare i comodi propri e dei loro “protettori”!
Il recente e luttuoso episodio accaduto ad Ischia e preceduto da tanti altri di analoga natura e gravità, fa tristemente pensare che anche molte leggi italiane siano simili a quelle “gride” e restino, come quelle, soltanto carta straccia.
Contro il dissesto ambientale, contro gli abusi edilizi, contro la cementificazione selvaggia esisteranno migliaia di leggi: ma quante costruzioni abusive vengono riconosciute come tali ed abbattute quanto meno in tempi brevi? Quanta regolamentazione delle acque reflue viene attuata? Si attende sempre l’uscita di un salvifico immancabile “condono” e si va avanti così, salvo poi a piangere decine di morti. Figuriamoci poi in un paese dove, come Teano, si costruisce ancora in base ad un Piano di Fabbricazione redatto oltre sessanta anni fa.
Anche l’adozione di un Piano Regolatore era un dettato obbligatorio ed entro termini ben precisi: pari pari ad una “grida”.
Dio salvi il Re.
Peccato che non ce l’abbiamo più! O no?
Claudio Gliottone