In queste settimane si è fatto un gran parlare della vicenda che ha visto diversi dei nostri europarlamentari votare per l’ingresso di svariate tonnellate “d’olio d’oliva tunisino” nel nostro mercato.
Credo sia una decisione da condannare senza attenuante alcuna, tuttavia, sarebbe riduttivo schierarsi e sminuire la vicenda al giusto o sbagliato, o peggio ancora all’ennesima strumentalizzazione di un settore in forte difficoltà.
Quanto appena detto è confermato dal grande abbandono delle campagne: i dati, per il comparto olivicolo dicono che si registra in Italia un 20-30% di abbandono, mentre il reimpianto non supera l’1%, tendenza assurda vista la forte carenza di prodotto che ci vede costretti ad importare schifezza estera che va immessa nel circuito dei tanti spacciatori di qualità “tarocca”. Questo dimostra quanta approssimazione ci sia sulle dinamiche degenerative che riguardano uno dei settori dell’agroalimentare Made in Italy con un forte potenziale di crescita, purtroppo largamente inespresso. Basti pensare che un tempo, neanche troppo lontano, il Brand del nostro Olio Extravergine era leader nel mercato, oggi questa posizione è stata ceduta a causa di scelte sbagliate a Paesi che producono Olio di qualità di gran lunga inferiore al nostro.
La polemica sull’invasione dell’olio tunisino non ha grande importanza: si perché se si guardano bene i numeri dell’import non è esattamente della Tunisia che il mercato italiano dovrebbe aver timore, visto che importiamo 629.000 t (fonte ISMEA 2014). Il problema vero che danneggia tutto il comparto dei bravi produttori di qualità, è la vergognosa fascia di prezzo in cui questi “finti” extravergine escono sul mercato del consumo, insieme ad una tracciabilità poco fedele alla realtà, a dimostrazione di quanto poco attenti sono i soggetti che dovrebbero tutelare e vigilare sulla qualità e sul reale utilizzo di prodotto italiano.
Bisogna imparare a conoscere, a leggere le etichette ma soprattutto rendersi conto che l’olio extravergine di qualità ha il suo prezzo, tutto ciò necessita uno sforzo maggiore in comunicazione e controllo da parte delle istituzioni e delle associazioni di categoria, al fine di favorire non i grandi gruppi industriali ma il vero cuore pulsante del comparto olivicolo di qualità, che ogni anno, si trova a fronteggiare costi di produzione in aumento insieme ad una concorrenza “sleale”.
Tutto ciò a dimostrazione che si fanno polemiche inutili sull’inesistente invasione dell’olio tunisino, quando i reali problemi del comparto olivicolo sono ben altri: sarà un caso?
Tuttavia, pare che finalmente sia stato emanato un nuovo piano olivicolo nazionale, speriamo sia davvero la volta buona..