Il sessismo è la mossa originaria, quella che ha dato il via a tutte le altre forme di razzismo. A partire dalla Bibbia, la filologia non è riuscita a fare abbastanza per tenere le parole nel loro contesto semantico. Adam non era il nome del maschio ma del genere umano tutto. Comprendeva quel femminile che si è voluto svilire nonostante la potenza che l’arcaico le aveva attribuito; quell’arcaico che parla delle grandi madri, di questi corpi sontuosi dal ventre pronunciato e dalle mammelle abbondanti a paradigma di una responsabilità dell’umano sulla giustizia naturale, sull’irriducibilità di alimentare la vita oltre che di darla. Un femminile che non si lasciava ancora catturare dal fallologocentrismo che già troviamo nella tragedia greca. La stessa Antigone, figlia di Edipo, è una reminiscenza di un femminile non addomesticato ,ma sarà costretta al suicidio per questo. Sarà Creonte a trionfare e il suo diritto positivo, anche se mostrerà tutta la carenza ontologica della vera giustizia, che non può mai risolversi nella legge umana, in un diritto positivo che ha l’unico vanto ancora oggi di essere espressione di una maggioranza ; resta un fatto dell’uomo, e la creatura non può essere migliore del creatore. Il femminile non ha mai avuto una sua epopea, anche perché la storia l’hanno scritta gli uomini, ma le donne valorose ci sono sempre state. Noi siamo l’unica specie vivente che si racconta, l’unica che fa narrativa della sua storia; ma non c’è stata per le donne una fiamma che passasse di mano in mano facendo genealogia al femminile. Persino i personaggi femminili di fantasia , penso a Betty Boop ,venivano censurati perché troppo eversivi nei confronti di un maschile testosteronico. Arriverà Minnie a detronizzarla, più rassicurante, più zuccherosa, più in linea con le donne che si guardano con gli occhi degli uomini. Non erano persone in carne ed ossa ,ma tutti i personaggi raccontati diventano un po’ immaginari, diventano tutti letteratura, Betty Boop non è poi meno vera dei tanti personaggi reali. Molto tempo dopo è arrivata Lady Oscar, oggi se ne parla come della prima storia transgender ; al tempo la mia chiave di lettura si fermava a una ragazza coraggiosa che doveva fingersi maschio per accedere a una vita avventurosa. Neanche delle cose imparate a scuola ho ricordo di eroine che hanno segnato la storia. A scuola ho conosciuto Mazzini, Cavour, ma niente epopee al femminile. Forse nasce da qui la sindrome di noi donne del migliorismo a tutti i costi, per poter accedere a quella parità tanto desiderata . Sarà nato lì l’equivoco che dobbiamo essere per forza migliori degli uomini: cos’è la parità, far sedere in parlamento tante donne inadeguate quanti uomini inadeguati siedono su quei seggi? Siamo tutte passate da questa sopravvalutazione figlia di uno stato di minorità millenario. Ma non è vero che siamo sempre migliori degli uomini, non è vero che dobbiamo essere per forza più intelligenti, più veloci, più poliedriche. Sicuramente il multitasking ci appartiene ,perché al di la delle nostre aspirazioni, siamo noi poi a mettere al mondo i figli, a far dunque progredire la specie, che resta un compito assegnatoci senza la nostra approvazione. Ma neanche questo significa essere per forza migliori degli uomini, io ne ho avuto la certezza da quando Margaret Thatcher governava il Regno Unito. Ho visto un femminile creare anticorpi contro i suoi stessi ormoni, svilendone la predisposizione naturale verso la cura dei più fragili.Oggi gli esempi di donne che non pensano al femminile sono tanti, anche perché sono molte di più quelle ai posti di comando. E’ questo un merito che va al femminismo : un movimento democratico e civile che ha spianato la strada a tutte noi . Quando diventa ideologico però assume gli stessi comportamenti violenti che critica al maschilismo, come sempre succede alle ideologia che per statuto concettuale tendono all’integralismo . Certo che le conquiste epocali e la grande spinta alla nostra emancipazione, ottenute con non poco sforzo da questo grande movimento culturale, restano tutte e non vanno sminuite nonostante le prese di posizioni a volte eccessive da parte delle femministe più agguerrite. Del resto non era facile prendere la parola in un mondo che ha sempre e solo contemplato la voce maschile. Tante donne negli anni passati hanno dovuto contare su una forza titanica per riuscire a prender posto nella narrazione umana. Ho amato tantissimo la storia di Grazia Deledda ,la sua energia nucleare; sono quelle donne che danno speranza a tutte noi, se ce l’hanno fatta loro in contesti così difficili , di certo hanno spianato la nostra strada. Nasce in Barbagia, nella metà dell’800 ,la scuola prevista per le donne si fermava al quarto anno di elementari, persino il prete dal pulpito la additava quasi come se il suo desiderio di scrivere fosse satanico. La stessa madre era contro di lei, perché lei stessa vittima di stereotipi, sposò un benestante per il suo status sociale; non poteva permettere che sua figlia volesse essere felice. Grazia però troverà l’amore vero che la salverà dalla realtà retrograda della Sardegna d’inizio ‘900, facendo di tutto per aiutarla a sviluppare il suo talento di scrittrice, assumendosi gli oneri della gestione della casa; persino in cucina il marito la sostituiva volentieri. Tanto che Pirandello scriverà un libro feroce su di loro , titolandolo “ SUO MARITO “ con cui schernirà la coppia, al tempo futuristica, in cui era l’uomo ad aver fatto un passo indietro, in nome della bravura smisurata di Grazia e forse anche dell’amore per lei. Grazia Deledda vincerà il premio Nobel per la letteratura due anni prima di Pirandello, era questo forse lo scotto che lo scrittore siciliano voleva farle pagare. Un’altra eroina che a scuola è stata ingiustamente sacrificata è Cristina Trivulzio di Belgioioso che finanzierà i famosi moti di Ciro Menotti, entrando di diritto nella piena partecipazione del Risorgimento italiano: diventa carbonara, fonderà un giornale, aprirà salotti culturali, ospiterà i profughi italiani a Parigi, si spenderà persino per la costruzione di ospedali e per prevedere spazi adatti in cui le donne potessero allattare con un minimo di tranquillità. Era una donna guerriera, un vero catalizzatore di energia, sostenuta più dagli uomini che dalle stesse donne. E’ successo spesso nella storia al femminile che noi donne non riuscissimo ad essere solidali, succedeva nel 1800 ma succede ancora oggi. Questa settimana abbiamo guardato tutti il festival di Sanremo, dove la Ferragni ha tentato di veicolare un messaggio importantissimo per tutte noi donne,che nonostante il modernismo continuiamo ad essere vittime di un maschile patologico che va dal body shaming al femminicidio. Neanche contro la violenza del sessismo siamo riuscite ad essere solidali , l’effetto catartico degli abiti della Ferragni si è fermato al giudizio estetico se non moralistico, non siamo riuscite a far camminare sulle nostre gambe un messaggio a tutela di noi stesse e delle nostre figlie dando la priorità a un attacco alla persona perché poco credibile come madrina di un così alto intento, visto che la sua vita è fatta di ricchi premi e cotillons. I followers della Ferragni ,che tutti criticano ma di fatto tutti condividono, sarebbero serviti a veicolare una giusta causa perché è lo scopo che qualifica l ‘azione e non viceversa . Altra occasione mancata per prenderci la scena a fronte di un maschile che tenta di portarcela via da 2000 anni e farne un’occasione di donne per le donne che devono smetterla di guardarsi con gli occhi degli uomini ,altrimenti saremo sempre rivali, non riusciremo a stare veramente dalla stessa parte. Se qualcosa vale, vale al di là di chi lo testimonia, semmai vale ancora di più, perché è talmente giusto da non avere bisogno di alcuna morale a suo supporto. E’ triste un mondo che ha bisogno di eroi e anche di eroine. L’emancipazione è anche spostarci dalla postura delle vittime ,io da donna mi sento più vittimizzata che vittima .Chi lo dice che non possiamo essere anche cattive, antipatiche o spocchiose, proprio come tanti uomini, la libertà è anche questa. Il mondo femminile è pieno di s—-ze ,capita anche a me di esserlo se mi sento aggredita, ma la libertà passa anche dal poter esprimere le cose negative di noi. Quando la vittima di uno stupro non si presenta come una ragazza fragile secondo i nostri canoni di benpensanti, pronta a farsi accogliere da noi buonisti ,è un po’ meno vittima , magari è solo una donna consapevole che tenta di evitare che quell’evento traumatico la costituisca, facendone una vittima tout court. La violenza sulle donne è talmente spendibile come tema da trattare, quando gli occhi a guardarti sono così tanti, che resta legittimo e sacrosanto, anche quando il testimonial sembra essere meno credibile della brava ragazza cattolica, dalla camicia col collo di pizzo. Deve poterlo portare avanti anche quella socialmente meno adatta ,per i canoni dell’antropologia cristiana.” La brava ragazza “rafforza il sentimento piccolo borghese, nulla di imperdibile. Lo stupro non è violenza perché fatto a una brava ragazza, lo sarebbe comunque. Una donna per essere difesa da chi la abusa , non se lo deve meritare , quello si che è un valido imperativo categorico. Sembra assurdo doverlo sottolineare invece ancora si parla di colpa per la gonna troppo corta. Nessuno è onniscente ,nonostante la facilità di accesso a wikipedia ,ma tanti limiti alla conoscenza siamo noi stessi a darceli non rinunciando alla sovrastruttura di stereotipi che si stratificano da una generazione all’altra fino a sembrarci dogmi irrinunciabili . E’ vero, è complicato avere a che fare con noi stessi perché il nostro inconscio parla una lingua straniera che rende necessaria una falsa coscienza per poter vivere. Tutti ce la costruiamo a nostra insaputa, ma la noetica ci umanizza più della stessa ragione .Tante volte sappiamo di non dire la cosa giusta ma non riusciamo a spostarci da lì : l’amor fati è una forza vitale ,ci serve per vivere, ma va dosato bene altrimenti i danni sono incommensurabili. Neanche le figure cristologiche mettono tutti d’accordo , ma resta immorale indignarci per gli abiti della Ferragni più di quanto facciamo per i bambini innocenti che tutti i giorni muoiono nelle fredde acque del Mediterraneo. Ci onoreremo sempre di appartenere alla categoria umana di Rita Levi Montalcini, tirata in ballo sui social per screditare il mondo paillettato della Ferragni. Ma le donne possono essere tante cose , c’è posto per la Ferragni e per fortuna anche per la Cristoforetti, che non credo si sia indignata per le scollature degli abiti di Sanremo più di quanto abbia fatto verso chi la definiva una cattiva madre preferendo le missioni spaziali ai suoi figli. In fatto di solidarietà femminile abbiamo ancora tanta strada da fare: spesso si è detto, in quest’officina ,del potere salvifico della bellezza e se penso alla bellezza delle donne, quella vera, ci credo ancora di più. Il concetto di bellezza e quindi di salvezza anche, cammina con noi. Un tempo la bellezza era per lo più architettonica, palazzi nobili, cattedrali, monumenti ad arredo delle piazze, poi abbiamo capito che quella bellezza era espressione di potere, di predomini di uomini su altri uomini . Noi contemporanei dell’ultima versione del mondo, vediamo la bellezza nell’uguaglianza, anche perché l’unico spazio architettonico a cui guarda la nuova politica è il muro, in cui credo nessuno possa veramente trovare una possibile dimensione estetica, nè morale né oggettiva. I muri servono a separare gli uomini a seconda delle latitudini, perché la geografia ha da sempre contato molto sul destino dell’umanità. Quando si progettano degli spazi si progettano anche i comportamenti che in essi nasceranno ; che futuro vogliamo progettare per le generazioni a venire se ancora parliamo di dividere invece che di eguagliare, se ancora le donne sono considerate il castrato maschile, visto che il massimo riconoscimento sono le quote rosa e non la parità di stipendi o di occupazione in ambiti lavorativi ad appannaggio dell’uomo alfa. L’uguaglianza è un fatto culturale, perché noi di fatto non nasciamo uguali, è una forma di educazione che può arrivare solo dalla conoscenza : il gesto rivoluzionario è sempre studiare , perché è la cultura che ci aiuta a capire la cultura dell’altro e a saperla valutare. La mia conoscenza deve essere tale da farmi riconoscere quella dell’altro. Studiare resta l’emancipativo atto di ribellione, contro un mondo che ci vuole omologati ma non uguali, che dà a tutti gli stessi doveri ma non gli stessi diritti e i diritti se non sono di tutti diventano privilegi. A poterci salvare è la bellezza della storia del MENO, è quella che tutti noi dovremmo rivendicare come umanità ma ancora di più come donne . Abbiamo il diritto anche al decadimento, anche di poter vivere senza rossetto, anche di poter fare le sessantenni se abbiamo sessant’anni o di non smaltare le unghie se non ci va , senza per questo essere considerate MENO, ci serve a recuperare l’essenziale, ci serve a recuperare noi stesse. Ogni persona è veramente tante cose, la logica limita molto il panorama reale, è come la rete che pesca i pesci : ma il mare è un’altra cosa. Dobbiamo trovare le parole giuste per spostarci dalle nostre nonne e poi dalle nostre mamma, senza sciuparne la bellezza ma allontanandoci fisicamente dal loro dolore trasformandolo in una forza emancipativa. Gli spostamenti semantici diventano poi spostamenti concettuali e la potenza dei concetti è per davvero una possibilità di salvezza. Lo so che la colonna vertebrale di tutte le possibili argomentazioni resta la logica ma non possiamo non vedere che l’ospite inquietante dell’occidente -il nichilismo- modella la logica stessa al punto da farci rinunciare alla verità. Non accontentiamoci di essere la rete che pesca i pesci, anche se sufficiente a sopravvivere noi siamo molto di più, noi siamo il mare.
ANNA FERRARO