Ferma ad un semaforo pedonale ,non posso non ascoltare lo scambio di battute tra due giovani mamme, l’una dice all’altra : “ ma quest’anno ci sono stranieri in classe di tuo figlio? E l’altra : “ no, sono tutti bambini “. Ci vuole un attimo a riconciliarsi con la vita e con lo stesso genere umano che tante volte sembra non piacerci più . Quante volte sentiamo dire che la bellezza della vita sta nelle piccole cose, ma ci sembra una banalità come un’altra, un po’ come la storia delle mezze stagioni ; poi ascolti un semplice dire ,di quelli di pancia , di quelli immediati, lì a un semaforo rosso, che ti aveva pure infastidito, e ti riconcili con il mondo con la stessa facilità con cui avevi litigato. Ti accorgi che in fondo gli altri ti assomigliano più di quanto ammatteresti a te stessa. La dignità delle piccole cose la riconosci solo quando il suo ago entra nella tua vena , è lì che senti quanto sia sorprendetemente appagante la bellezza dell’altro, quella non esibita, quella non cercata e forse neanche consapevole. Ne senti tutta la verità, avverti che il rispetto per l’altro è poi ciò che ti eleva massimamente a te stesso. E’ il nostro io a uscirne gratificato, è la nostra dignità ad uscirne premiata. E’ la vera emancipazione a cui ognuno di noi dovrebbe tendere . Ma è poi così facile ? è così naturale per l’uomo moderno il bisogno di quella bellezza figlia dell’etica visto che nulla più sembra andare in quella direzione. L’etica dice come dovrebbe andare il mondo e non come va di fatto. Ma ciò che non è, può avere giocoforza su ciò che è? Quando diciamo che è la ragione della forza a vincere e non la forza della ragione diciamo una verità terribile: non è una tautologia lessicale, non è il politicamente corretto, è un errore/orrore della nuova umanità investita , forse suo malgrado da un vero cambiamento antropologico . Da più di 2000 anni , l’etica appartiene alla filosofia . La crisi della filosofia è crisi dell’etica . Sono in circolazione vari tentativi di salvare l’etica dal naufragio della filosofia (sentiamo spesso di comitati bioetici ) ma questi si muovono tutti nelle stesse categorie modali della filosofia. Quando la scienza sente il bisogno di rivolgersi all’etica resta delusa perché le si propone un’etica scientifica . Kierkegaard non chiedeva alla filosofia di essere amorosa, ma sosteneva che chi vuole amare in modo autenticamente cristiano deve abbandonare la filosofia; tuttavia a chi gli avesse chiesto in cosa consista il vero amore cristiano, egli avrebbe risposto rinviando alla propria interpretazione del cristianesimo, e quindi alla propria filosofia . Oggi c’è una commistione tra ciò che è giusto e ciò che non lo è ,si fatica a fare scelte coscienziali . La coesione tra bene e male non si riesce più a spiegare. Sicuramente il relativismo ha le sue colpe in questo, avendoci diseducati alla radicalità, e predisponendoci a una sensibilità favorevole alla propaganda, che in questo modo piazza le sue verità senza nulla che le faccia da ostacolo. Ogni giorno la violenza fa il suo giro sulla terra, e ogni giorno sembrano levarsi contro di essa le voci della civiltà. Ma quelle voci dimenticano che la società è del tutto priva di ragioni contro la violenza. E’ la stessa civiltà ad avvertire di essere del tutto priva di ragioni ( scriveva così Emanuele Severino , in tanti dei suoi articoli sul Corriere della Sera) perché sa di essere essa stessa intrinsecamente violenta. La civiltà ha ragione contro la violenza solo se riesce ad essere una forza più potente della violenza che intende combattere ,solo così può riuscire ad avere RAGIONE sulla violenza. Per Marx , l’unica verità possibile per l’uomo, sta nella potenza della prassi , è come dire che quello che vince, quello che riesce ad affermarsi, è anche ciò che ha diritto d’asilo ,perché di fatto ha la meglio su ciò che non riesce ad imporsi. Se la verità, la ragione, diventano un mito, l’unica razionalità delle leggi sta nell’essere rispettate, e non nel loro fondamento assoluto. Se prevale la trasgressione sul rispetto della legge ( per mano di una maggioranza) è la legge che diventa violenza e la trasgressione diventa legge ( già David Hume, empirista inglese, tenterà di evitare il salto logico tra il fatto e il giudizio di valore con una legge che sarà chiamata “ la ghigliottina “ di Hume ). Lo vediamo, tra i tanti esempi possibili, sulla mancata legge del fine vita : tutti pensiamo che una vita vegetativa, non abbia più quella giustezza, quella bellezza indispensabile alla vita generativa, siamo sempre dalla parte di chi accompagna all’estero i malati terminali, per aiutarli a morire in paesi stranieri ,dove la legge lo permette. Sentiamo tutto il limite delle nostre leggi che non sono abbastanza per garantire un fine vita dignitoso , fino a sembrare anacronistiche se non disumane. L’espressione “la legge del più forte” è dunque pleonastica, ciò che vince è l’unica cosa a valere, ma vince perché più forte e non perché vale di più. La violenza non è dunque un corpo estraneo alla nostra civiltà ,quindi essa non può rifiutarla senza mettere in questione se stessa. La matrice ideologica della nostra accettazione del presente, sta nella convinzione dell’inemendabilità di un reale che sembra essere non trasformabile : “ non avrai altre società all’infuori di questa ,sembra che possiamo solo conformarci ad essa. Il nuovo sistema capitalistico è in realtà un fatto storico sociale, e non naturale come mostra di essere. La merce è un QUI PRO QUO , è un prodotto sociale che nasconde dietro di se tutti i rapporti sociali. La crisi oggi è questa, non è certo solo economica o politica. C’è un solo gregge e nessun pastore, proprio come previsto da Nietzsche . Ci sono, certo , prospettive critiche, ma sono meno critiche di come dovrebbero essere . La visione heideggeriana della tecnica, fa da camera di decompressione ,influenzando tutto il pensiero del ‘900. Heidegger parla di destino insuperabile, per quanto alienato e inautentico,; la locuzione che più di tutto lo renderà famoso è “solo un Dio ci può salvare “( che non è certo quello della parusìa ) . Critica il presente senza dare alcuna indicazione per le vie d’uscita . Sullo stesso scenario, i pensieri che oggi sembrano essere progressisti, finiscono tutti col favorire la logica dello sviluppo capitalistico ,che produce alienazione e imperialismo ,non libertà, spogliando il vero progresso del suo significato. Abbiamo visto come il ‘68 con il VIETATO VIETARE, abbia fatto in realtà il gioco del capitale e non delle classi sociali, ( anche se va detto che quella era la prima volta nella storia, che una generazione riusciva a prendersi la parola) . Il capitale signoreggia sul mondo con la sua crescita smisurata e sicuramente i borghesi sono anche apologeti del sistema unico, ma la vera domanda è cosa ha spinto verso la bandiera rossa chi non ne aveva bisogno? Engels , fondatore assieme al sodale Karl Marx del marxismo classico e del socialismo scientifico, è figlio di industriali, non è certo un proletario, ma si rende conto che il capitalismo produce” massima alienazione non libertà” .Il ‘68 fa l’errore di congedare la borghesia e non il capitale. Era da lì invece che potevano nascere i nuovi Fichte, Engels, Marx, Hegel, quella dimensione etica della borghesia che ne frenava la deriva. Ma i valori ostacolano, fanno da limite, vanno aboliti. Si arriverà al paradosso del capitalismo sostenuto dalla sinistra ,il cui statuto concettuale era invece quello di stare dalla parte delle classi deboli ,rivolto a un fare welfaristico a favore quindi dei meno privilegiati. Si dice che Agnelli tra i suoi intimi sosteneva che per fare politica di destra bisognava rivolgersi alla sinistra, e chi più di lui poteva sapere , senza alcun dubbio, che era il capitale a guidare la politica e non viceversa. Solo se ciò che c’è si lascia pensare come trasformabile , allora ciò che c’è non è tutto. Per essere tutto,deve assolutamente annullare ogni cosa ,compresa la stessa natura umana, vittima di una retorica per niente innocente, che tende a far sparire la dimensione sacra dell’uomo : “niente Dio niente Io ,niente creatore, niente creatura “annunciava Nietzsche 200 anni fa. La scuola resta l’avanposto fondamentale per salvare le coscienze dalla logica del mercato globale. Il rispetto per le alterità si deve insegnare a scuola, ma non chiedendo ai giovani di rinunciare alla propria identità per favorire un globalismo coatto. Si può rispettare un’altra cultura mantenendo la propria ,passando dal confronto delle diverse identità e non dalle omologazioni di esse. La libertà è una relazione sociale, si è liberi nella misura in cui si è liberi con gli altri. Astrattamente l’individuo sembra essere onnipotente, concretamente è invece sottomesso ai meccanismi del mercato. In teoria un giovane potrebbe sposarsi con chiunque ma in pratica con nessuno, non avendo un lavoro concreto con cui poter scrivere un’autobiografia dignitosa. Il grande merito del marxismo è stato quello di scrivere una grammatica ALTRA da quella dominante . La vera dicotomia del nostro tempo ,sta nel fatto che il PROGRESSO produce il contrario dell’emancipazione ,eppure chi lo critica diventa terrapiattista. Altro che destra e sinistra, migranti e non migranti, atei e credenti, la vera suddivisione è una sola : alto e basso e ciò che chiamiamo progresso ha proprio il limite di accentuarla questa divisione. Il vero progresso dovrebbe essere qualitativo e non quantitativo. Compito della filosofia è decostruire queste categorie che generano fraintendimento . Non esistono società giuste precostituite, già scritte, già disegnate ; se il futuro fosse già lì , non sarebbe futuro. Sull’astrattezza della filosofia, si edifica tutta la concretezza del mondo.
ANNA FERRARO
La caratteristica della nostra epoca ,è che l’uomo volgare, riconoscendosi volgare, abbia l’audacia di proclamare il diritto alla volgarità, o la volgarità come diritto. Cit. Josè Ortega y Gasset