Nell’attuale clima culturale è una sfida complicata essere contemporanei del nostro tempo. Tutto scorre così velocemente che abbiamo imparato a convivere con l’idea che non è possibile capire fino in fondo tutti gli eventi che ci attraversano. Dagli algoritmi che tutti noi utilizziamo, senza conoscerne la genesi, ai cookies che accettiamo pur di accedere a siti che vogliamo utilizzare, senza avere contezza alcuna dell’uso che sarà fatto dei nostri dati. La filosofia ci aiuta almeno a nominare le cose, a diminuire il caos che regna sovrano, nonostante siano tanti i linguaggi a nostra disposizione per tentare di geolocalizzarci nella complessità di un mondo divenuto postmoderno saltando la fase della modernità. I filosofi nei trattati di fisica o di gnoseologia sono descrittivi, parlano del mondo per come esso è. La filosofia morale invece, nei suoi trattati etici, è prescrittiva, normativa, il mondo sarà rappresentato per come deve essere e non per com’è. Il campo della morale ci dirà di come deve vivere l’uomo, non di come vive. Chi prescrive però deve relazionarsi con la realtà, altrimenti il suo valore normativo finirà per valere solo per lui stesso. Le posizioni morali si cristallizzano nella società, si rischia che il mondo dei- DEVE- diventi di fatto una mera lista di ingiustizie e discriminazioni . Non è una posizione teorica su cui aprire una speculazione, è proprio un fatto pratico. Chi prescrive dei comportamenti deve giustificare il rapporto tra quelle prescrizioni e la loro applicabilità al mondo così com’è, altrimenti quel trattato resterà il suo modo , la sua idea di come ci si dovrebbe comportare. Un empirista inglese, David Hume, mette a punto una sua legge su come il mondo dovrebbe andare- famosa come “ ghigliottina di Hume “- con cui vieta il salto logico, tra i fatti e i valori. Se manca una giustificazione razionale e connessa a com’è il mondo in realtà, il mondo dei DEVE schiaccia arbitrariamente il mondo reale, visto che questo non riuscirà a rispecchiarsi in un decalogo discriminante e irrazionale, perché lontano dalla verità. Si dirà , senza problema alcuno, che un omosessuale non può adottare perché è la natura stessa a vietarglielo. Dai fatti naturali non si possono creare né leggi né valori assoluti. La biologia ha poco a che fare con i diritti, che sono un fatto culturale e dovrebbero per questo camminare sulle gambe degli uomini, per aggiustare , per quanto possibile , i mali del mondo . Un mondo che non sarà mai come vorremmo che fosse , ma che sicuramente non può essere aggiustato dalla cultura dello scarto, che è contro la bellezza e a favore dell’ingiustizia, alla cui radice c’è che nessuno di noi sceglie di nascere, né quando ma neanche come. Ognuno di noi nasce con un corpo ben preciso, un primo incipit che ci possa dire chi eventualmente essere. Ci confronteremo poi con tanti stereotipi e si diventa qualcuno anche in base a quel confronto. Maschi o femmine si nasce, ma poi alcune persone vengono al mondo imprigionati in corpi che non riconoscono. E’ qui che nasce la differenza tra sesso e genere. C’è un fatto biologico e uno spirituale e culturale anche. Nelle scuole si dovrebbe parlare di orientamento sessuale, è da lì che i ragazzi vanno educati al rispetto per tutti. Nessuno è così grezzo da poterlo dire, ma di fatto non c’è rispetto per gli omosessuali ,in questa società che si dice postmoderna; è come se gli etero fossero ontologicamente superiori. L’omosessuale è così di natura, non possiamo scegliere chi essere, possiamo solo essere chi siamo. Gender è un movimento che nasce in Francia, nonostante il termine inglese. E’ dagli anni ’70 che esistono le teorie sul genere. Io oggi ancora fatico a capire cosa sia l’ideologia gender : si va dall’estremo dell’esaltazione delle differenze all’assenza totale delle differenze. La filosofia morale dovrebbe contribuire a rendere il mondo un posto migliore di quello che è. Ma lo stesso compito potrebbe essere svolto dalle leggi e dalla stessa politica, perché tutte le istanze che riguardano il nostro corpo , sono anche istanze politiche. L.G.B.T. non può essere l’elogio della trasgressione, ma non vuol dire che l’esistenza di queste persone non meriti lo stesso rispetto che spetta a chiunque di noi. Il diritto a essere me stesso non significa poter fare tutto ciò che voglio. Le famiglie arcobaleno sono diverse dalle famiglie tradizionali del lascito veterotestamentario ma sono famiglie che esistono. Sono relazioni d’amore, progetti di vita proprio come le famiglie cosiddette normali, spesso segnate da violenza e degrado nonostante la loro appartenenza allo statuto canonico. Perché è così difficile riconoscere , soprattutto sul piano politico, diritti a famiglie che ci sono ? L’amore canonico materno delle mamme di Cutro non è bastato a salvare i loro bambini ,sarebbe stata necessaria una tempestiva decisione politica che non è arrivata, il che non significa che il governo abbia voluto deliberatamente ammazzare quelle persone,ma far uscire la Guardia di Finanza e non la Guardia Costiera è di fatto un provvedimento di polizia più che di soccorso e di fatto nessuno si è fatto carico per tempo di salvare quelle vite . Forse perché per riconoscere bisogna conoscere? Come si fa a non adeguare le leggi al mondo reale ,neanche vedere un numero umiliante di bare bianche è bastato a cambiare le regole di un gioco che vede perdere chi dalla vita non ha ancora preso niente. Siamo portati a discriminare chi non ci assomiglia, non c’è una superiorità o un’inferiorità, né biologia, né ontologica. Posso considerare colpevole qualcuno che tenta di scappare dalla morte? Se qualcuno è omosessuale, posso rimproverarglielo? Tutte le famiglie sono risorse, perché lo sono tutte le persone, al di là del loro orientamento sessuale. Se ci fermiamo alle differenze, anche solo a quelle incarnate nei corpi, non arriveremo mai all’uguaglianza, né tra omosessuali ed eterosessuali, ma neanche a quella tra uomini e donne. L’uguaglianza va fondata proprio nel rispetto delle differenze, perché la centralità del corpo non deve farci cadere in posizioni ideologiche. Non è vero che a fare di me una donna è il mio corpo da femmina. Non basta appartenere alla categoria DONNA per poter capire poi ogni aspetto che riesce a stare nello stesso insieme : le lesbiche, le disabili, le donne nere, rivendicano la loro diversità non condivisa. Bisogna camminare tutti insieme, l’uguaglianza non ha niente a che vedere con l’identità, perché di fatto siano tutti diversi, gli uni dagli altri, siamo un unicum. Il transgender non è meno donna della donna femmina. Se noi restiamo ancorati alle differenze di sesso, cancelliamo ciò che ci rende veramente donna, ciò che ci rende veramente uomo piuttosto che trans e quindi la percezione profonda, intima, che avvertiamo al di là di ogni ragionevole dubbio. Quando sentiamo parlare di identità fluida, è perché tanti faticano ad essere incasellati all’interno di uno stereotipo. Lo stereotipo di genere è qualcosa contro cui bisogna lottare perché è ciò che vieta a tutti di sentirsi a casa nel proprio corpo , nel proprio genere, senza per forza dover rientrare in certe caselle. Si nasce donne ,o uomini solo da un punto di vista biologico, ma noi siamo molto più della biologia . Gli stereotipi vanno decostruiti, si declinano al maschile intere categorie professionali. Noi donne spesso pensiamo che il nostro valore, in ambito professionale, sia riconosciuto di più col nome al maschile ; lo stesso nostro primo ministro, ha preferito farsi chiamare ministro e non ministra, scatenando non poche polemiche nel movimento femminista ,a cui sicuramente va tanto del merito di questo storico risultato di una donna , che diventa premier , per la prima volta nella storia parlamentare del nostro paese. Ma contano più i fatti o le parole? Io direi tutti e due, il linguaggio è sempre fondamentale, anche nel contribuire al cambiamento delle cose. Ma fin dove ci si deve spingere nella femminilizzazione dei nomi? E dove invece va ammessa la neutralità del ruolo. Certo che se noi donne diventiamo censori paternalisti, dicendo alle altre donne come devono comportarsi, non facciamo gioco di squadra . Resta il fatto che il linguaggio è performante, bisogna stare attenti, ma spesso trovare la quadra, non è così difficile, è solo questione di buon senso. Lo stesso vale per il discutibile valore etico delle quote rosa, una sorta di razzismo all’incontrario. Alle donne non piace essere scelte per una quota, ma per le loro competenze, nonostante il supporto sia in merito ad una categoria discriminata per secoli. La vera parità si raggiungerà quando tutti noi avremmo fatto pace con la nostra identità di genere, che non è l’orientamento sessuale. Cosa cambia se ho davanti un uomo, una donna, un omosessuale, quello che conta è sempre la persona, nella sua complessità. Va valorizzata la soggettività, l’autenticità di ognuno, evitando di catalogare le persone con le categorie di giusto o sbagliato, rinunciando ai nostri schemi paternalistici. La sorellanza , potrebbe aiutare tanto noi donne, ma da sempre è problematicità , è lo stesso testo sacro a dirlo. Se l’alterità è il sessismo, dovrebbe essere facile stare dalla stessa parte, così come facile dovrebbe essere la lotta all’omofobia. Frasi come : questo non è da maschio, o questo non è da femmine, vanno decostruite . Se al maschio piace il rosa non vuol dire che è perché sia omosessuale, il sessismo rovesciato sempre sessismo resta . Dobbiamo scardinare i marcatori di mascolinità: un uomo per essere un uomo non per forza deve assomigliare al soldato Ryan , non per forza non deve poter piangere . Così come l’omosessualità non è una devianza alla norma, non è qualcosa contro natura. L’etica irrompe il processo naturale in realtà. La natura non è un criterio morale, tant’è che l’omosessualità è molto diffusa in natura. E’ un comportamento stabile che accomuna diverse specie ed ha una ragione evolutiva , non è uno scherzo della natura. La stessa transessualità è stata riscontrata nella fauna ittiologica, un esempio ne è il pesce pagliaccio : bisognerebbe dire ai bambini che il padre di Nemo era un trans e non sarebbe una cosa sconveniente, visto che sono secoli che usiamo la natura per giustificare comportamenti umani per nulla collegabili ad essa, mentre non lo facciamo se le verità naturali non tornano comode per avallare i nostri preconcetti. Bisogna essere cauti a parlare di leggi di natura, o di fatti naturali. La diversità è la parola chiave, è il motore del cambiamento : se c’è una vera legge di natura è proprio questa. La stessa idea di differenza di genere non va esacerbata, le differenze sono il combustibile per l’evoluzione, dobbiamo smetterla di usare la biologia per giustificare comportamenti che sono dei singoli e non della specie. Il leit motiv dell’omologazione, ha veramente poco a che fare con l’uguaglianza, che solo passando dalle differenze , riesce ad integrare anche tutte le minoranze, che non hanno altre strade per poter essere riconosciute. E’ un terreno molto scivoloso, che richiederebbe evitare tutte le esasperazioni : ci sono femministe che vorrebbero non dare del maschio o della femmina ai nascituri, perché sarebbe prematuro visto i tempi, ma questa per me è una deriva che ha poco a che fare con l’uguaglianza in termini di diritti ma anche di rispetto . La dignità di ognuno di noi è condizio sine qua non, per un mondo che abbia perlomeno la pretesa di essere civile . Stiamo vivendo una sorta di oscurantismo culturale-Lukacs parla di idiotismo specialistico-che ci fa precipitare in derive inquietanti, volte a negare l’emancipazione sociale di un popolo, persuadendolo a combattere una guerra tra POVERI. Il degrado culturale è solo il sintomo di una malattia che non si vuole debellare, guai se i cinesi pretendessero da domani di mangiare una tazza di riso in più. La morale è sempre figlia della cultura ,che è necessaria per essere consapevoli di se stessi e del mondo. c’è stato un tempo in cui sembrava lecito bruciare uomini che andassero contro i dogmi religiosi, perché il sapere era fermo dietro i muri dei monasteri. Il mondo reale non sarà mai all’altezza di un mondo ideale , ma è l’unico che abbiamo e dobbiamo farci i conti, dobbiamo averne coscienza , perché l’etica senza la verità si svuota di ogni possibile significato. Il dover essere e quindi la nostra dimensione morale, resta qualcosa che viene sempre prima delle stesse leggi, ce ne fa apprezzare l’eventuale legittimità, o meno, perché la condizione umana resta la vulnerabilità , i più fragili lo sanno bene, va ricordato a chi crede che il potere logora soltanto chi non ce l’ha . La complessità che nasce dalle differenze va integrata, è così che ci si può emancipare. La filosofia deve essere applicata agli eventi che ci spiazzano, fornendoci le istruzioni dell’uso della vita .
ANNA FERRARO
Venne un tempo in cui tutto ciò che gli uomini avevano considerato inalienabile divenne oggetto di scambio: il tempo in cui quelle stesse cose che fino ad allora erano state comunicate ma mai barattate, donate ma mai vendute, acquisite ma mai acquistate : virtù , amore, opinione, scienza, coscienza, tutto divenne commercio. Il tempo in cui ogni realtà morale e fisica venne portata al mercato per essere apprezzata nell’ormai unico modo possibile. Cit. Karl Marx