…PREGIUDIZIO, vi verrà sicuramente da dire ricordando il celebre romanzo di Jane Austen, famosa scrittrice inglese d’inizio ‘800. Non sbagliereste, perché, alla fine di quanto esporrò, torneremo sul messaggio contenuto in quel romanzo, adattandolo ai tempi vissuti molto di recente da tutti noi teanesi.
Sarà, come sempre, un parlare al vento: ma non desisteremo per questo. Ed allora, per restare in tema romanzesco “…via col vento!!!”.
Da circa trent’anni in qua, lo sapete tutti, la nostra città, che era bella, pulita organizzata, ha progressivamente perso tutto quello che la rendeva tale.
Sarebbe solo un girare il coltello nella piaga dolorosa il ricordare la Pretura, l’Ospedale, la caserma della Finanza, il declassamento della Stazione Ferroviaria, quelle tre/quattro industriette che comunque davano lavoro, la circostanza dello Incontro a fondamento dell’Unità d’Italia, la Biblioteca comunale, la sicurezza delle strade interne, mentre vacillano la conservazione del Museo e del patrimonio archeologico. e si son portati vie anche un pezzo di strada “romana” deviazione della via Appia da qualche giorno proclamata Patrimonio dell’Umanità.
A fronte di questo ci viene proposta la costruzione di un impianto di smaltimento rifiuti che si accaniscono a voler costruire contro tutto e contro tutti, mentre nella vicina Sessa Aurunca tutto il Gotha della sanità campana presenta il progetto per la costruzione di un nuovo ospedale, il secondo. Alla faccia nostra!
Ma che “ce frega”: noi cantiamo, suoniamo e balliamo fino alle tre di notte. E facciamo ballare anche chi vorrebbe dormire!
Ogni giorno se ne casca un pezzo, come i lampioni di Teano Scalo.
Al proposito non posso non citare un simpatico scambio di vedute tra me e un caro amico. Questi, residente a Teano Scalo, su WhatsApp, mi rendeva nota la disastrosa condizione dei suddetti lampioni, da tempo corrosi alla base e in pericolo di cadere da un momento all’altro, peraltro riportata giorni prima da un giornale telematico locale. Si meravigliava, il Nostro, del fatto che, pur essendo l’articolo di alcuni giorni prima, nessuno “era sobbalzato sulla sedia” mentre il “palo resisteva in equilibrio”. Si rammaricava che nessun amministratore o vigile urbano fosse andato a rendersi conto del fatto e commentava dicendo, giustamente, che Teano è il paese delle feste, delle sagre e delle pizzelle fritte e che, se al posto del palo avessero messo una bancarella di pizzelle fritte, la fila di amministratori e cittadini sarebbe arrivata fin dentro la stazione. Alla mia obiezione che sarebbe dovere di ogni buon amministratore educare la base insegnando ad anteporre alle pizzelle le cose importanti mi rispondeva serafico: “il fatto è che anche all’amministratore piacciono di più le pizzelle!”.
Chapeau! Grande lezione di vita. Di vita teanese, ovviamente.
Alla maggioranza dei nostri concittadini andrà pur bene così e così sia, ma, perbacco, lo avvertono quel sottile filo di malcelata ironia che pervade tutti gli articoli che giornali on-line dei paesi vicini dedicano a queste nostre quotidiane sciagure? L’avvertono quel tono che non è di compatimento ma di chiaro ed eclatante sfottò verso tutti noi teanesi incapaci di esprimere amministrazioni che si interessino fattivamente della nostra città? L’avvertono quell’aria di manifesta superiorità nel riferire “noi che prima non ne avevamo manco uno tra poco avremo DUE, dico Due Ospedali” o nell’asserire che il celebre Incontro è avvenuto a Vairano? E pare proprio che alla fine intendano dire “ma quanto siete stronzi, voi teanesi!”.
L’avvertono, miei sparuti lettori? O forse manco ci fanno caso o, pur facendoci caso, se ne fottono altamente? Propenderei più per la seconda ipotesi.
Entra in ballo, a questo punto, ben al di là di ogni aspetto pratico, un atteggiamento mentale che, rifacendoci al titolo di questo scritto, potremmo definire “mancanza di orgoglio”.
Ma mi guarderei bene dal farlo, perché l’orgoglio non è una virtù, e si può essere anche orgogliosi di o per una negatività. Si potrebbe allora paradossalmente anche essere orgogliosi di “essere stronzi”, considerando la rarità del fatto.
Quel che manca da anni, amici miei, alla nostra gente è solo una cosa: la “dignità”. Perché con il termine “dignità” ci si riferisce al “valore” che ogni uomo o donna è consapevole di rappresentare nei propri principi morali e di doverli liberamente mantenere o accrescere per sé e per gli altri, tutelandoli nei confronti di chi non li rispetta. La dignità è qualcosa che abbiamo dentro e che per sua stessa natura non siamo portati ad ostentare pur se fieri di possederla. Non ci deriva dal casato, né dal censo, né dal conto in banca né dal tipo di lavoro che svolgiamo; e neppure dalla ricchezza o dall’indigenza, dalla cultura o dall’analfabetismo. La dignità è insita in noi ed è un costume di vita.
La dignità non si vende, non si perde e non si regala. Perché una sconfitta al momento giusto è sempre più degna di una vittoria ottenuta non combattendo.
La dignità la si possiede anche nella sciagura, nell’accettarla e nel cercare di porre riparo agli errori propri o degli altri: per non poter consentire a chicchessia di sbeffeggiarsi di noi.
Credo di aver detto tutto.
Claudio Gliottone