La copertura media nazionale del vaccino anti Hpv, il Papilloma virus, per le coorti 1997, 1998 e 1999 è intorno al 69 per cento per le tre dosi: non è stato quindi raggiunto l’obiettivo (≥ 70 per cento) prefissato dal Piano nazionale della prevenzione vaccinale 2012-2014. I dati, aggiornati al 30 giugno 2013, sono stati forniti dal Centro nazionale di Epidemiologia , sorveglianza e promozione della salute e pubblicati dall’Istituto superiore di sanità.
Il rapporto testimonia una grande disomogeneità nell’accesso al vaccino a livello regionale: dalla “virtuosa” Toscana (nelle tre coorti prese in esame registra una copertura superiore all’80 per cento per tre dosi di vaccino) ai risultati di Sicilia e Campania, che non superano rispettivamente il 56 e il 62 per cento. Oltre alla prevenzione secondaria, effettuata attraverso il Pap-test, esame di screening in grado di individuare precocemente le alterazioni delle cellule del collo dell’utero, esiste anche una forma di prevenzione primaria: la disponibilità di due vaccini, sicuri e ben tollerati, che svolgono un’azione protettiva nei confronti dei due sierotipi del Papilloma virus umano, responsabili del 70 per cento dei casi del carcinoma uterino.
“Sebbene l’Italia sia stato il primo paese in Europa a lanciare nel 2008 un’organica campagna di immunizzazione gratuita, rivolta alle ragazze preadolescenti nel dodicesimo anno di vita, i dati del rapporto registrano una copertura vaccinale molto variabile sul territorio nazionale – afferma Francesca Merzagora, Presidente di O.N.Da , l’Osservatorio nazionale sulla salute della donna -. Nonostante sia stata dimostrata la sicurezza del vaccino anti Hpv, in grado di offrire un’efficace protezione nei confronti del 70 per cento circa dei carcinomi uterini, ancora oggi persistono molti dubbi e perplessità”.
Il carcinoma al collo dell’utero in Italia colpisce ogni anno oltre 3 mila donne; in Europa è il secondo tumore più diffuso, dopo il cancro al seno, nella popolazione femminile tra i 15 e i 44 anni. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, è la prima neoplasia totalmente riconducibile a un’infezione, causata da un agente virale molto comune, il Papilloma virus umano (Hpv).
IL PROGETTO EUROPEO AURORA
Anche quest’anno, dal 19 al 25 gennaio, ricorre la Settimana europea della prevenzione del cancro della cervice uterina, giunta alla sua VIII edizione. La profilassi rappresenta la migliore arma di difesa contro questo tipo di tumore, che causa ogni anno circa 15 mila vittime in Europa e 1.500 in Italia. O.N.Da, da anni impegnata sul fronte della sensibilizzazione e informazione sul tema, ha coordinato come main partner il progetto europeo “Aurora” , che coinvolge, oltre all’Italia, 10 paesi, ovvero Lettonia, Bulgaria, Romania, Repubblica Ceca, Cipro, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Polonia, Grecia. Obiettivo dell’importante iniziativa è stato quello di individuare una strategia comune, volta a promuovere lo screening del tumore del collo dell’utero nei nuovi Stati membri dell’Unione europea, nelle donne in età riproduttiva (30-69 anni),
Il progetto ha sviluppato un modello di training volto a formare adeguatamente addetti ai lavori sulla prevenzione di questo tumore. Più di 200 operatori sanitari e 68 figure impegnate nel campo dell’advocacy sono stati formati durante due corsi europei. Inoltre, il consorzio Aurora ha creato in tutti gli Stati partecipanti al progetto una rete di 22 centri pilota, che stanno già implementando lo screening del cancro alla cervice. É, inoltre, disponibile una piattaforma e-learning, con accesso libero. “In occasione dell’ottava edizione della settimana europea della prevenzione del cancro della cervice uterina- continua la dottoressa Merzagora – O.N.Da ribadisce il suo impegno nel promuovere una sempre maggiore consapevolezza circa l’importanza della prevenzione primaria e secondaria. Lo scopo del Progetto europeo Aurora, coordinato dall’Osservatorio, vuole essere quello di favorire l’implementazione di uno screening di qualità per il carcinoma uterino nei nuovi Stati membri dell’Ue, attraverso lo scambio di conoscenze e competenze, la formazione degli operatori sanitari e di advocacy leader e la collaborazione tra esperti del settore e stakeholder”.
di Marino Petrelli