Alcuni giorni orsono, consultando foto di archivio, i miei occhi focalizzarono una immagine cara e popolare: quella di Enzo Tortora.
La visione di quella foto provocò in me una forte emozione e, con naturale sincronismo, attvò la mia memoria, che rimosse le parole che il tortora ebbe a pronunziare in occasione di una intervista rilasciata a un giornalista nella corsia di un ospedale ove, subito dopo l’assoluzione, era ricoverato, perché colpito da un tumore:”quelle mura del carcere mi hanno fatto esplodere una bomba atomica dentro di me…”. Non commento, intelligenti pauca!
Tutti ricordano la grande tragedia che ebbe a colpire il povero Enzo e certamente si può convenire che il culto della memoria costituisce un grande patrimonio dell’umanità, perché il ricordo di alcuni fatti, specie quelli tragici, non va mai tenuto in al fine di evitare che detti fatti abbiano più a ripetersi.
In omaggio a tale sacrosanto principio, non è ozioso ricordare quel mattino del 17 giugno 1983, allorquando il tortora, mentre riposava in un albergo di Roma, l’Hotel Plaza, alle ore quattro, ebbe interrotto il sonno, che era naturale a chi non ha scheletri nell’armadio o colpe da farsi perdonare, e trasferito “manu militare” in Questura e successivamente alle ore 11, rinchiuso nel carcere Regina Coeli di Roma. Sic!
Il povero Tortora fu anche sottoposto da parte di certa stampa ad un linciaggio e tutti gli italiani inorridirono nel vedere le foto di Tortora, che, con i capelli rasati a zero e con la casacca del detenuto, “godeva” l’ora d’aria in quel luogo di pena.
Fu sottoposto a lunga detenzione con una interruzione a causa della sua elezione al Parlamento Europeo e successivamente con grande accanimento riportato in carcere, avendo il tortora rinunziato all’immunità parlamentare.
Le prove raccolte a suo carico erano del tutto infondate: si dette credito alle accuse provenienti da alcuni “gentiluomini”, i cosidetti pentiti; la parola “Tortona”n riportata da un’agendina sequestrata presso uno di quei personaggi, che lo accusavano, fu letta come “Tortora” mentre i centrini di Prtobello furono scambiati per cocaina.
Il povero Enzo fu condannato dal tribunale di Napoli ad anni dieci e mesi cinque di reclusione. Successivamente, dopo lungo calvario e sudario, riconosciuto finalmente innocente.
Quella che per molti di noi era una certezza umana, finalmente si trasformò in certezza giudiziaria. L’opinione pubblica rimase, ricordo, fortemente scossa perché quello che era capitato al tortora poteva anche coinvolgere qualcuno di noi; se fosse stato famoso come il Tortora.
Purtroppo quel caso non è rimasto isolato e ciò è motivo di seria preoccupazione. E’ di questi giorni la notizia dell’assoluzione di Calogero Mannino, dopo essere stato condannato ad anni cinque e mesi sei di reclusione. Tutti ricordano la ingiusta detenzione, cui è stato sottoposto Vittorio Emanuele di Savoia e la storia del senatore Giulio Andreotti che dovette discolparsi dall’accusa infamante di essere il mandante di un omicidio, quello del giornalista Pecorella. E dulcis in fundo, mi corre obbligo anche di ricordare quanto accadde in Napoli nell’ormai lontano 1994, allorquando fu notificato, a mezzo stampa, all’onorevole Berlusconi un avviso di garanzia che provocò la caduta del governo, liberamente e democraticamente eletto dal popolo sovrano. Ebbene, dopo dieci anni, quelle accuse risultarono infondate. Queste cose, vanno dette e ripetute, perché dicevano i nostri avi”Ripetita juvant”.
Intanto risorse enormi vangono impiegate in questi processi, che finiscono nel nulla, mentre i cittadini sono assediati da furti, rapine, stupri e amenità varie. Detti reati, un tempo, quando si parlava poco di politica e si lavorava, erano quasi sconosciuti. Sono risorti oggi, anche perché la politica non è più un servizio sociale, ma da molti è praticata come fonte di arricchimento ad opera di nullafacenti, fannulloni, corrotti, corruttori e sanguisuga.
Occorrono urgenti riforme, che stentano a ripartire, perché l’opposizione comunista in combutta con una fetta di cattolici, quelli che si considerano “adulti” e che un tempo venivano definiti “utili idioti”, proprio quelli che il Prefetto della Congregazione della dottrina della Fede, kil Cardinale Ottaviano, etichettò come “comunistelli di Sagrestia”, si oppone perché “c’è Berlusconi”.
Intanto mentre i cittadini protestano e vogliono riforme, perché si dichiarano stufi di vedere arrestati di sera ladri e rapinatori a cura delle Forze dell’ordine, a cui va tutta la nostra gratitudine e riconoscenza e molti di questi liberi il mattino successivo, l’opposizione non vuole cambiare niente con la scusa di Berlusconi, comportandosi proprio come quel marito che per fare dispetto alla propria moglie si rese orfano dei propri attributi.
In sintesi, l’opposizione antepone agli interessi dei cittadini, quelli della propria bottega.
Mi sbaglio?
Antonio Zarone