Qualcuno potrebbe scambiarlo per il dirompente sfogo di un giovane dei nostri giorni, ma in realtà queste amare parole sono tratte dal romanzo "I vecchi e i giovani" di G. Pirandello, ambientato all’indomani dello scandalo della Banca Romana del 1893 che pose fine al governo Giolitti. E ora, è una fotografia a tinte fosche quella del "Corriere della Sera" di qualche giorno fa suoi giovani di oggi " lontani dalla politica, un pò disillusi", ma che andranno a votare per combattere la cattiva amministrazione. Un rapporto di odio e amore quello con i giovani sia per i candidati alle elezioni politiche nazionali sia per quelli della campagna elettorale delle comunali che, per avere un maggior "appeal", devono perlomeno tentare di dare credibilità alla propria politica da proporre rispetto a un passato fatto di errori su più fronti.
Si parla tanto di questione morale per i partiti, su cui i costituzionalisti riflettono per trovare nuovi metodi per governare al meglio. Secondo la mia modesta opinione, la questione morale dovrebbe essere affrontata in senso triplice: innanzitutto, essa è basata su tempo e meritocrazia e prende le mosse dal testo pirandelliano. Io credo che da qualche tempo ormai ci siamo erroneamente focalizzati tutti sulla dicotomia vecchi/giovani che paralizza l’evoluzione del panorama politico, mentre andrebbe ribadito che c’è un altro "conflitto" che precede questo: spesso avviene prima una competizione tra giovani della stessa fascia generazionale, manipolata e vanificata l’attuale legge elettorale, che benedice le scelte spesso arbitrarie e personalistiche delle segreterie di partito. E allora chi si può occupare davvero di politica, se si ammette così che l’odierno sfacelo politico in parte ai vecchi e in parte ai giovani?
La seconda questione morale riguarda la democraticita’ della struttura interna del partito, premessa indispensabile prima di fare promesse credibili. Sarebbe auspicabile darsi un ordine, visibile anche agli elettori, che restringa il reticolato farraginoso di indugi e divisionismi d’interesse. Spesso si pongono dei fini comuni, ma i mezzi per perseguirli devono diventare congiunti per non incorrere nei Giuda della situazione. In questo contesto fa la sua parte la questione delle nomine di chi potrebbe svolgere un’eventuale carica: non discuto l’interrogativo se debbano essere promosse dall’alto e dal basso, ma il candidato sindaco o premier non può tener conto, a proposito, di quanto dice lo studioso Schumpeter : il politico X deve tener conto di un "voto punitivo" nel momento in cui si circonda di persone dall’incerto passato politico e non, che potrebbe essere chiarito con un rendiconto su quanto è stato fatto precedentemente o no.
La terza questione morale è quella del fare la differenza nelle promesse che si fanno rispetto a quelle degli altri avversari politici. I "media" ci attestano l’abuso di un lessico molto ripetitivo e vago (strausate sono parole come libertà, giustizia sociale, cambiamento, partecipazione, trasparenza, lavoro, ascolto). Perciò, occorre specificare che cosa esse significano in base alla propria identità politica per poi poter costruire saldamente un ponte che implichi un passaggio ai fatti di cui il cittadino deve essere il protagonista assoluto.
Infine, il "buon lavoro" che mi sento di rivolgere a tutti i politici in lizza per la gestione del bene comune in qualsiasi ambito territoriale, penso si possa ben tradurre nelle tre qualità che il sociologo M.Weber ne "La politica come professione" attribuisce all’uomo politico vero: passione, intesa come dedizione a una "causa", senso di responsabilita’, cioè ferma volontà di realizzare le promesse con l’azione concreta, e lungimiranza, ossia rendere il più incolmabile possibile la distanza tra gli uomini e le cose materiali, oggetto su cui il politico è chiamato a operare, ma allo stesso tempo a svincolarsene perchè potenzialmente rischiosa tentazione della vanità umana.
Forse vi ho ricordato la favola dell’idealista rivoluzionario rimasto ancora un pò bambino, secondo qualcuno una ricetta indecente e risibile per la sua fantasiosità per un Paese che ha contratto troppi ritardi politici.
Ma come ogni favola che si rispetti, io non smetterò di ricordarvela.
Rosella Verdolotti