Studio e lavoro? Due mondi che non comunicano, almeno in Italia: i giovani tra i 15 e i 29 anni che affiancano a un’esperienza di formazione un’altra di occupazione, sono un’esigua fetta, il 3,7%. A differenza di quanto avviene nel resto dell’Europa (12,9%), e soprattutto in Paesi avanzati come la Germania (22,1%), o il Regno Unito (18,5%). Ed è questo, a detta degli esperti, uno dei motivi per cui la disoccupazione giovanile nel nostro Paese è drammaticamente in aumento: nel corso degli ultimi cinque anni, il numero di occupati tra i 15 e i 34 anni ha subito un calo del 16,3%, ben al di sopra della media europea, e ancor più elevato nel Mezzogiorno (-18,1%). E’ quanto emerge dall’elaborazione di Confindustria, che a Catania presenta la XX giornata nazionale Orientagiovani, la manifestazione che Confindustria dedica ogni anno all’incontro tra imprenditori e studenti per dare a questi ultimi indicazioni formative utili all’inserimento professionale.
I DATI – «Fuoriclasse!», questo il titolo evocativo dell’edizione di quest’anno: perché secondo l’associazione degli industriali, portando i ragazzi fuori dalle classi, dai banchi agli uffici e alle fabbriche – secondo un modello tedesco di alternanza scuola- si può cambiare uno scenario di crisi e trasformarlo in una prospettiva di speranza. I Neet – Sono la vera emergenza della società attuale: i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano (disoccupati e inattivi) e che non frequentano alcun corso di formazione: i cosiddetti Neet, Not in Education, Employment or Training. In Italia sono due milioni e 250mila, e solo il 40% è alla ricerca di un lavoro. Nel 2012 sono cresciuti del 4,4%, ma dal 2008 ad oggi l’aumento è stato del 21,1%: in parole povere, 391mila giovani che hanno smesso di fare qualsiasi cosa per impiegare la propria vita in maniera costruttiva. Perché, oltre che poco propensi a lavorare fin dall’adolescenza, i ragazzi italiani sembrano anche poco inclini a proseguire gli studi: nonostante i cicli formativi abbiano una durata più ampia, i livelli di istruzione dei nostri giovani sono più bassi. Solo il 21% dei 25-34enni italiani ha una laurea, contro il 34,1% dei coetanei europei. E ci manteniamo all’ultimo posto in Europa per quota di laureati sulla popolazione attiva: 18%, contro una media Ue del 30%. Se l’80% dei 15enni coreani dice di voler proseguire gli studi, in Italia solo la metà (il 41%) ha la stessa intenzione.
LE OPPORTUNITA’ – Eppure il mondo del lavoro chiama, da più fronti. Secondo l’indagine Istat/Isfol sulle professioni 2013, anche le professioni più tradizionali si stanno evolvendo, e richiedono competenze tecnologiche che solo i giovani diplomati possono avere. In base all’ultima indagine Excelsior Unioncamere, 120mila lavoratori sotto i trenta anni di età saranno assunti entro il 2013 proprio nei settori media, telecomunicazioni e servizi avanzati. Anche il mondo dell’imprenditoria ha lacune che andrebbero colmate: dall’inizio della recessione, dunque dal 2008, le cariche imprenditoriali giovanili sono diminuite del 18%, con oltre 82mila imprenditori in meno. Un vuoto che si sente soprattutto al Nord, dove incredibilmente (secondo un recente studio di Datagiovani) tra le province con tasso di imprenditorialità giovanile più basso le ultime posizioni sono occupate da quattro venete (Vicenza, Treviso, Venezia e Belluno).
COME INTERVENIRE? – Le startup innovative sono ancora poche in Italia rispetto a quanto avviene in Europa, ma sta crescendo l’ecosistema di spazi innovativi dove far crescere le proprie idee: in Italia ci sono attualmente – come rileva lo studio Who’s who di Italia Startup e la Scuola di management del Politecnico di Milano- 1227 startup, registrate nelle Camere di commercio, 113 startup hi-tech finanziate, 97 incubatori e acceleratori, 40 parchi scientifici e tecnologici, 65 spazi di coworking, 33 competizioni dedicate alle startup, 30 portali di crowfunding. Il 73% delle nuove imprese innovative si occupa di Information Technology, il 16% di energia e fonti rinnovabili, il 9% di Life Science.
Fonte: corriere.it