Nessun segno di ripresa, il 2014 comincia con un nulla di fatto, la crisi economica non accenna ad allentare la morsa ed il nostro paese non può far altro che allinearsi al resto d’Italia, nelle graduatorie che contemplano statistiche negative. Dalle pagine di questo meraviglioso giornale che da voce a chiunque ritenga di poter dire qualcosa di utile, apprendiamo che il presidente di Ascomart ha bollato come "Natale amaro" quello appena trascorso dai commercianti sidicini e di questo, come tutti, me ne dolgo immensamente poiché ritengo che la chiusura di un’attività commerciale, non rappresenti di per se solo il fallimento di un’idea, di una persona, ma di una intera comunità ed è da questo elemento che vorrei partire per cercare di comprendere e spiegare il perché di tale disastro.
Per far ciò, occorre però fare una premessa: il commerciante teanese, da sempre, ha vissuto dei suoi guadagni conducendo uno stile di vita pressoché normale, senza cioè concedersi molti lussi e senza ostentare, difatti pur tornando indietro con la memoria non ricordo molti commercianti sidicini divenuti ricchi, all’improvviso, grazie alle proprie attività commerciali tant’è che quelli che ora come allora apparivano più "agiati" in effetti potevano contare su patrimoni familiari già accumulati e consolidati da tempo (salvo sporadici casi).
Cos’è quindi che acuisce ancor più la crisi nel nostro amato comune? La risposta più semplice e scontata parrebbe quella di attribuire alla geografia parte della colpa, cioè limitarci ad osservaree che purtroppo le due strade di scorrimento veloce più importanti e cioè l’Appia e la Casilina di fatto escludono Teano dal commercio poiché è indubbio che a Teano nessuno possa capitare per caso, vi deve esser cioè una volontà precisa del “forestiero” di deviare nel nostro comune.
Permettetemi allora di avanzare un’ipotesi che giustifichi tale dissesto e che personalmente in gran parte attribuisco alla liberalizzazione delle licenze, allo sperpero di finanziamenti pubblici, alla poca fantasia dei neo commercianti e alle scelte politiche sbagliate dell’amministrazione locale.
Con la liberalizzazione delle licenze si è permesso che in un paese come il nostro (dove purtroppo non ci sono realtà industriali trainanti e dove la maggior parte dei figli non è disposto a patire i sacrifici fatti dai genitori ritenendo di dover guadagnare vestendo abiti firmati, puliti e preservando le proprie mani da calli e vesciche, nella speranza di poter vivere la vita d’altri, spesso modelli presi erroneamente ad esempio) persone di poca fantasia aprissero identiche attività in numero inaccettabile: bar, negozi di abbigliamento, calzature, parrucchieri, ecc… servendosi il più delle volte di finanziamenti pubblici, quasi sempre in buona parte a fondo perduto, offerti da società/enti come “Invitalia”, sfruttando agevolazioni fiscali, ecc…
Accade così che in un paese di poche anime come il nostro, commercianti storici si siano quasi d’improvviso a fronteggiare un’orda di neo esercenti/concorrenti che personalmente dividerei in due gruppi:
? quello formato da persone oneste ma fondamentalmente inadeguate ed improvvisate che in virtù dei finanziamenti ottenuti e degli sgravi fiscali concessi hanno ritenuto di poter tentare la fortuna, tanto alla peggio non avrebbero perso nulla;
? quello formato da persone disoneste che nell’arco di pochi mesi aprono diverse attività commerciali (magari attraverso giovani prestanomi talvolta ignari del disegno criminale, spinti solo dalla necessità di lavorare) che non nell’attività in se ma bensì nei finanziamenti hanno intravvisto l’opportunità di far cassa, attraverso i soliti meccanismi di sovrafatturazione.
Comprenderete senza difficoltà che essendo l’utenza rimasta pressoché invariata, tale incontrollata proliferazione ha inevitabilmente determinato una riduzione drastica ed immediata dei guadagni, anche in virtù dell’ormai accertata riduzione dei consumi, trasformando i bilanci nella maggior parte dei casi in perdite in danno soprattutto dei commercianti storici del paese, quelli cioè che hanno ereditato l’attività o l’hanno avviata molti anni prima ovvero quelli che non hanno potuto godere di finanziamenti pubblici a fondo perduto per aprire o rinnovare l’esercizio ma che per far ciò hanno dovuto ricorrere alla normale linea di credito con i relativi costi; gli stessi che non hanno potuto godere del regime fiscale agevolato perché concesso solo alle nuove attività, ai giovani imprenditori, ecc… e che resistono a caro prezzo solo perché non sopportano l’idea d’esser gli artefici del fallimento dell’attività di famiglia o più semplicemente perché alla loro età non potrebbero far altro ed allora attingono dai risparmi di una vita per tener alzata la serranda nella speranza che prima o poi l’economia si rinnovi.
Giungo infine all’ultimo colpevole, il Comune che anche in passato ha completamente sbagliato politica economica e che oggi nel fare ammenda dovrebbe ravvedersi contingentando le licenze e soprattutto avviando concreti controlli sul territorio per evitare che fenomeni come quelli descritti non si ripetano con frequenza e facilità. Triste dover pensare che l’Italia intera di Teano conosca a malapena il nome in virtù di un “incontro” che forse non c’è mai stato; triste dover pensare che l’amministrazione locale non sia in grado di valorizzare il territorio, fatto di storia, puntando sul turismo (ottenendo magari un’uscita autostradale..).
E’ inconcepibile che tanti cittadini e lavoratori onesti siano vittime di amministrazioni comunali inefficienti e di tanti furbetti o improvvisati imprenditori, non si può esser così ingenui da credere che in nome del diritto al lavoro, della pari opportunità, del libero commercio e della libera concorrenza sia giusto affamare intere categorie di lavoratori quando risulta evidente che alcuni settori dell’economia già saturi non possono sopportare il sorgere di identiche attività in numero esponenziale.
Da quest’ultimo punto dovrebbe partire l’amministrazione comunale per cercare di affrontare il problema con l’aiuto della stessa Ascomart che purtroppo ad oggi, forse mi sbaglierò, ha un po’ peccato in questo. Per aprire un’attività commerciale non servono solo commercialisti e finanziamenti ma veri studi di settore ed una associazione di commercianti attiva dovrebbe nel proprio interesse svolgere in modo continuativo delle campagne di informazione rivolte a tutti i potenziali imprenditori, dovrebbe organizzare incontri e dibattiti aperti a tutti e soprattutto coinvolgere la popolazione perché il commercio non è fatto solo di scambi di beni/servizi in corrispettivo di denaro ma anche di idee.
Vorrei concludere con una domanda (provocatoria), ad oggi, la professione dell’ottico richiede una speciale abilitazione al pari di quella richiesta per l’esercizio delle professioni mediche ma cosa accadrebbe a Teano se da domani tale abilitazione non fosse più richiesta?
Carlo Pisacane