… e sarei fin troppo buono se mi riferissi alla imperfezione delle cose, di quello che accade, di quello che si fa o non si fa, di quello che si potrebbe ottenere e non ci si applica per farlo. Sarei troppo buono perché “la perfezione”, si sa, non è di questo mondo e comunque lascerebbe presupporre che qualcosa si sia fatto, pur senza, per le più svariate cose, poterne raggiungere la forma migliore. E che le cose si facessero, anche se proprio non nel modo migliore, sarebbe già tanto.
No, assolutamente! Mi riferisco invece al “tempo verbale” dell’imperfetto, il tempo, per intenderci, che si usa quando ci riferisce a qualcosa che ha avuto una esistenza ed una durata temporale, che sia stata di un giorno o di diversi anni non importa. Importa solo che, nel bene o nel male, non ci sia più!
È la “durata nel tempo” di ciò a cui ci si riferisce che, parlando di cose belle, rende “drammatico” questo tempo verbale perché, in ogni caso, indica qualcosa che non c’è più, ma di cui si ricorda in maniera viva la esistenza. È il “c’era” che avvilisce e mortifica, non il “fu”, tempo passato e comunque lontano nel ricordo in maniera da non suscitare più né rimpianti né soddisfazioni.
E di “c’era una volta” quanti ne abbiam detti, e quanti ne continuiamo a dire con frequenza quasi quotidiana riferendoci a questo nostro maledetto paese.
L’ultimo è solo di qualche giorno fa: c’era una volta la stazione ferroviaria!!!
Quanta nostalgia per il primo viaggio fatto su quel “bello e orribile mostro (che ecco) si sferra. Corre gli oceani, corre la terra; corusco e fumido come
i vulcani, i monti supera, divora i piani..” come Carducci descriveva la vaporiera nel suo “Inno a Satana”. Un treno ancora a carbone sul quale abbiamo poi continuato a viaggiare ai tempi dell’Università, prendendolo alla Stazione di Teano, dove alle sei del mattino c’erano il Capo-Stazione, il Bigliettaio, i Ferrovieri, la sala d’attesa, le panchine e tanta vita.
Ora da Teano non si parte più. Si può solo arrivare. La stazione è stata declassata: un pochino alla volta fino alla chiusura definitiva: chi vuol partire da Teano partirà da Vairano; “e il modo ancor
mi offende”, perché avvenuto senza alcuna necessaria e tempestiva informazione all’utenza. Un ennesimo infinito “c’era una volta”, dopo quello dell’Ospedale, della Pretura, della Guardia di Finanza, di tante altre cose e persino del Convento di Sant’Antonio!
Quando arriveremo, e non ci vorrà molto, al “c’era una volta Teano”?
O quando saremo capaci di produrre una Amministrazione “con le palle” che sappia imporre innanzitutto il rispetto delle tredicimila persone che rappresenta?
Sic transit gloria mundi.
Claudio Gliottone