Ho visualizzato Teano dotata di quattro bei musei. Quello archeologico già esistente, curato con intelletto d’amore dal colto attivo dott. Sirano e dai suoi validi collaboratori, che dispiegano un lodevole interesse come se fossero Teanesi almeno dal milleseicento, ma che rischia (il museo) di isterilirsi per mancanza di fondi e di incentivi, quello Garibaldino e del Risorgimento che meriterebbe un’attenzione più incisiva e non solo occasionale, il museo diocesano che potrebbe essere allestito alla grande per l’abbondanza di arredi sacri, spesso di grande valore, estetico collegato al lapidarium già esistente nel rigoglioso e policromo giardino del Vescovo che ne ha sollecita e assidua attenzione a dir poco materna , quello della civiltà rurale di cui si rischia di smarrire la memoria nei labirintici meandri della burocrazia e dell’inazione. Eppure esistono centri che i musei addirittura se li inventano, talvolta con delle trovate a dir poco bislacche. Tanto per fare un esempio il museo del peperoncino a Maierà in Calabria; quello della liquirizia a Rossano; il museo del parmigiano reggiano a Soragna, del prosciutto a Langhirano, del salame a Felino e del pomodoro a Collecchio. E si continua col museo dell’aceto balsamico di Modena a Spilamberto, il museo della bora a Trieste, quello internazionale della zampogna a Scapoli, quello del cappello Borsalino ad Alessandria , il museo del fungo a Pinerolo, quello del confetto ad Andria, il museo del sale a Paceco in Sicilia, quello della pesca a S. Feliciano nella verde Umbria, quello della grappa, naturalmente a Bassano. E addirittura, dulcis in fundo , il museo internazionale delle toilettes a Nuova Delhi, che può essere anche una buffa trovata per promuoverne la diffusione in un paese così carente di gabinetti. Ho immaginato perfino una biblioteca civica e diocesana con migliaia di libri e manoscritti antichi e frequentatori a profusione, a frotte come le lucciole in estate o le farfalle in primavera. Una piscina semiolimpionica, uno stadio non dico da campionati del mondo, ma almeno degno del valore delle squadre che onorano con merito il calcio locale. Ho visto addirittura un monumento in bronzo o in marmo a Garibaldi e Vittorio Emanuele II cesellato dal Cellini o scolpito dal Canova che si sono proiettati qua con una macchina del tempo ancora da inventare. A un certo punto mi sono riscosso da questi chimerici sogni e " me so’ rrato nu pizzico ncoppa a panza" come dice spesso, con la sua simpatica voce flautata il dinamico titolare dell’autoscuola "Aurora" e ho preferito narrare di quando questi ammennicoli Teano, l’immensa, versatile, splendida, polietnica, ricca Teano dei Sidicini li aveva davvero e pure di una certa grandiosità estetica e scenografica. E ancora di più ho scelto di fare un balzo più ardito e rischioso, senza rete, avventurandomi nel mondo affascinante e non del tutto noto del nostro ameno territorio, abitato dagli Ausones, dagli Osci, percorso e frequentato da Etruschi, Greci e da altre importanti genti dell’Italia antica. L’idea di produrre questo scritto mi balenò a Torino qualche anno fa quando ci andai per l’ordinazione sacerdotale di don Riccardo , amico pregiato , attualmente indaffarato pastore . Ne approfittai per restarci qualche giorno, per rivedere l’ennesima volta il bellissimo Museo Egizio, perla delle antichità della Valle del Nilo trapiantato nel capoluogo regionale piemontese , secondo , forse solo al Museo del Cairo e intrattenermi qualche tempo con gli amici torinesi che tanto mi hanno aiutato nella pubblicazione di precedenti libri e che non mi stanco mai di ringraziare: Monica Pieia , Giulio Colombo, Rosalia Guzman, Renata Rossi e qualche altro ancora.
Un mattino, prima del consueto giretto per la Città, erano i primi di ottobre, mi affacciai alla finestra del palazzo che temporaneamente abitavo. La nebbia era spessa e invadente, l’umidità fastidiosa, ripensai alle mie terre assolate, ai suoi antichi abitanti, adoratori di primordiali divinità solari. Una nostalgia sottile mi prese. Vidi sfumate in lontananza le Porte del sole, della gente guerriera per necessità che le aveva difese dai nemici che urgevano nelle pianure fertili, desiderosi di conquistarla. Ma i Sidicini fecero barriera invalicabile dietro il possente circuito murario etrusco e gli avversari restarono con le pive nel sacco. Dovettero ricorrere ad anestetiche sottigliezze diplomatiche, probabilmente, per ottenere il passo nella nobile città stato dei valorosi Sidicini e romanizzarla gradualmente, quasi soporiferamente, agli esordi. Qualche giorno dopo ripartii, la nebbia gradualmente si stemperava in ampie pianure solcate da fiumi e rumorosi trattori, si diradava insieme alla mia crepuscolare malinconia. La freccia rossa, recente bolide aerodinamico di Trenitalia, mi riportava volando alle Porte del sole.
Giulio De Monaco