Nel dormiveglia delle prime ore del mattino passano a volta per la mente le cose più strane.
E’ stato così che sul far di uno dei giorni addietro, mi è risuonato in testa nientedimeno che il primo coro della tragedia manzoniana “Adelchi” e mi si sono palesate strane assonanze con la nostra storia cittadina pregressa ed attuale. E “comparando” questa a quella, giusto per ricordare una altro grande poeta italiano, non poteva che stringermisi il cuore.
Necessaria e succinta premessa: Adelchi è il figlio del re longobardo Desiderio ed il fratello di Ermengarda che ha sposato il cattolico Carlo Magno. Questi, per ragioni dinastiche la ripudia e, chiamato dal Papa a liberare l’Italia del nord dai longobardi, muove guerra a Desiderio.
Mi si perdoni la digressione, ma da una attenta lettura dell’opera traspare che la vera tragedia è quella di Manzoni medesimo, che, profondamente cattolico, si barcamena tra l’essere vicino a Ermengarda, che ha subito il torto di essere ripudiata, e il non dir male di Carlo Magno chiamato in Italia dal Papa in persona. Succede.
Ora il coro succitato descrive la sorpresa del popolo lombardo all’arrivo delle truppe “liberatrici” (sia detto tra virgolette) del re franco e la sua speranza, ben presto delusa, che le cose possano cambiare: ma nei fatti avverrà solo un cambio dei dominatori, perchè ai longobardi si sostituiranno i franchi, senza nessuna speranza di libertà per i lombardi. Ma il Papa sarà contento lo stesso, perchè riaffermerà il suo potere temporale.
Parafrasando allora quel coro vediamo cosa sarebbe potuto succedere al nostro popolo teanese all’indomani della caduta dell’amministrazione. Tra parentesi ed in corsivo le mie riflessioni.
- Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti (ce li abbiamo e son più che cadenti)
- dai boschi, dall’arse fucine stridenti (non ce le abbiamo più da tempi lontani)
- dai solchi bagnati di servo sudor (manco questi abbiamo)
- un volgo disperso (questo si che è il nostro) repente si desta (vi risulta?)
- intende l’orecchio, solleva la testa (pensate che possa mai accadere?)
- percosso da novo crescente romor (e chi mai lo farebbe?).
- Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti (e questo glielo concediamo…)
- qual raggio di sole tra nuvoli folti
- traluce dei padri la fiera virtù… (ma quando mai? Hai voglia tu…!)
- nei guardi, nei volti confuso ed incerto (e questo lo è)
- si mesce e discorda lo spregio sofferto (di questo siamo più che sicuri)
- col misero orgoglio d’un tempo che fu (ma dove sta più quest’orgoglio?).
Cosa accadrà nella prossima primavera? Il “volgo disperso si “desterà”? “intenderà l’orecchio”? Solleverà la testa?
Io lo credo poco. Ricordiamoci la data di questa pubblicazione; sarò pronto ad indossare il cilicio se mi dovesse smentire, ma riderò triste se dovessi aver ragione.
Mi scusino sia Manzoni che Leopardi.
Claudio Gliottone