Caro Direttore
Ricorderai anche tu quando, una sera pre-elettorale degli anni sessanta, su un imponente palco costruito prospiciente la cosiddetta “casina”, sede storica della Democrazia Cristiana, il promettente nipote di un monsignore decano della Curia, presentando il candidato, già uscente, al Senato della Repubblica, con voce tonante urlò al popolo “vita, vita, vita al nostro benefattore Giacinto Bosco”!
Ad un adolescente come me, già imbevuto di sacri principi di liberalità politica e comportamentale, quel grido fece raggelare le carni. Non per l’auspicio di lunga vita al Senatore, che non manco di augurare anche al mio peggiore nemico, e certamente ne ho, ma, proprio per quei principi su espressi, perché lo si definiva nostro benefattore
: un insulto alla dignità di un popolo ancora borbonicamente uso alla adorazione del potente concessore di benefici. Non il rispetto del mandato elettorale, non la dovuta attuazione dei doveri
conferitegli verso il popolo, vero attore, almeno concettualmente, di ogni indirizzo politico, veniva osannata; ma il suo comportarsi o essersi comportato come “benefattore”!
Pensavo che quei tempi fossero lontani, nella mente dei nostri concittadini, di almeno sessant’anni; ma ho dovuto ricredermi. Abbiamo sempre bisogno di un benefattore che sia clemente verso di noi e che osanneremo sempre, anche solo per le banali promesse che riesce o è riuscito a propinarci. Non siamo in grado di assumerci le responsabilità che quotidianamente ci competono e sempre ci competeranno per vivere socialmente in maniera dignitosa, ed allora deleghiamo tutto al primo che riesca a mascherarsi da nostro “benefattore”.
Ancora cerchiamo “l’unto del Signore” ed il primo che riesce a gabbarsi per tale, lo eleviamo agli onori degli altari!
Prima ancora di giudicare dai fatti, valutiamo i suoi natali, se ha predicato nel tempio, se ci ha dichiarato di saper fare i miracoli, se la sua stirpe appartiene a quella di Davide, se ha promesso di circondarsi di santi apostoli, di cui solo lui conosce la santità e la va proclamando; e ce ne convince, forse solo per la sua appartenenza alla stirpe di Davide.
Allora vita, vita, vita al nostro benefattore, sempre che non incappi nel tradimento di Pietro o nel bacio di Giuda, ( è già accaduto) o in qualche altra cacchiata derivante dalle facili manie di grandezza; grandezza che potrebbe non concretizzarsi proprio per scarsa aderenza alla realtà!
Con deferenza
Claudio Gliottone