L’affluenza al voto per il referendum costituzionale è stata del 53,84%. Il risultato finale ha visto la vittoria del Sì con quasi il 70% dei voti, però i dati non sono omogenei per l’intera penisola. I Sì sono stati più al Sud che al Nord, così come più nelle periferie che nei centri cittadini, addirittura nei quartieri dei centri storici di alcune grandi città italiane, dove prevale il centrosinistra, il trionfo è andato al No. Ora, il primo passo da compiere è la modifica degli articoli 56 e 57 della Costituzione; in seguito il taglio dei compensi e una riforma della legge elettorale. Intanto, l’attuale Parlamento non perde legittimità, nonostante dalla Lega in particolare, sia venuta la richiesta di un immediato scioglimento delle Camere. Se non ci saranno elezioni anticipate il risultato del Sì non entrerà in vigore prima della prossima legislatura nel 2023. Nel 2023 i deputati passano da 630 a 400, quindi un deputato ogni 151 mila abitanti e i senatori da 315 a 200, quindi ogni 302 mila abitanti. Il taglio dei parlamentari si aggira intorno al 36,5%. Il taglio nella rappresentanza a livello regionale varia da regione a regione. Per la Camera è fra il 30 e il 40%. Al Senato, eletto su base regionale in alcuni casi supera il 50%. Da sette senatori, minimo, per regione si passa a tre come numero minimo possibile con l’esclusione di Molise e Valle d’Aosta che ne hanno 2 e 1. La questione direttamente collegata al taglio dei parlamentari è la nuova legge elettorale: la Camera sta valutando un testo, definito Germanicum, che prevede un ritorno al sistema proporzionale con uno sbarramento al 5%. Per le formazioni più piccole ci sarebbe il diritto di tribuna, cioè una forma di rappresentanza anche se non superano la soglia del 5%.
Sara Finocchi