“Quando qualcosa resiste a qualsiasi tentativo di colonizzazione ermeneutica c’è un rimando ad un oltre che ci è precluso, un ineffabile che non si esaurisce nel nostro sguardo”.
Questa è la definizione di arte che ci lascia Adorno, filosofo della Scuola di Francoforte, nota per la critica radicale alla società del capitalismo avanzato. E’ forse ad oggi l’assunto più suggestivo, se si vuole cercare una possibile collocazione a ciò che collocabile non è. La difficoltà di interpretare l’opera d’arte è insuperabile, intanto per l’irriducibilità dell’IO. Facciamo grande fatica ad approssimarci alla stessa arte moderna, anche se espressione del nostro tempo storico, non solo perché cogliere la simbolica dell’IO è più un fatto empatico che frutto di esperienza razionale ,ma anche perché l’arte moderna è orfana di un fondamento ontologico, è espressione di una evidente dissoluzione della forma. Il bello come modello a cui ispirarsi non c’è più. Alla radice del bello , a fondamento della forma , sta la forma divina, il sacro, cosicchè come nell’esistenza si va verso l’assenza di Dio, anche l’arte, che insieme alla religione e alla filosofia , è da sempre espressione dello spirito assoluto di ogni tempo storico( come insegna Hegel ),non può che stigmatizzare questo vuoto a cui il contemporaneo allude, nonostante il tentativo di incartarlo al meglio , riducendone l’impatto emotivo. La filosofia del nostro tempo è essa stessa negazione dell’immutabile, della forma originaria : tutto è profano, trasformabile, manipolabile, provvisorio . L’uomo non correrebbe se non sapesse di avere le gambe, è stata la filosofia a passar lui l’informazione, che contrariamente a quanto pensa chi non la frequenta,è il concretissimo dell’esistenza , è ciò che fa da battistrada alla diaspora del senso del mondo e dell’uomo stesso come suo abitatore. E’ stata la filosofia a smantellare una nobilissima tradizione assiologica ,che inizia con Platone e arriva a Hegel . Il compito era arduo ma è anche vero che il concetto di Dio non è mai stato a misura d’uomo, Dio è desiderabile, ma non pensabile. Se Dio è onnipotenza, c’è la sua mano su tutto, non dovrebbe esserci il male, che pure c’è. Il male è nell’ordine delle cose: c’è il lupo che mangia l’agnello, che è bene per il lupo e male per l’agnello,dove collocare la giusta condanna ?Se Dio è amore, Auschwitz è potuto accadere sotto la sua giurisdizione? Il Tomismo tenterà invano di tenere insieme fede e ragione, Dio smetterà di essere eterno come qualsiasi altra struttura concettuale per mano della filosofia che, a differenza di come pensa Marx, ha sempre trasformato il mondo, non lo ha contemplato. Nietzsche dirà che l’uomo del ‘900 non sopporterà gli imperativi categorici di un Dio assolutista : il rimedio è stato peggiore del male. La morale prodotta dal cristianesimo è castrante, getta un velo di lutto sulla vita ; se nasciamo per morire , la vita porta una cifra violenta nella sua stessa natura. Noi per necessità non possiamo che essere volontà di potenza per la filosofia nicciana. E’ proprio Nietzsche ad annunciare la morte di Dio. E’ un filosofo popolare, parla in modo che il pensiero filosofico tradizionale non accetta, ma la sua potenza speculativa è di rara profondità, c’è grande radicalità nella sua filosofia. Nietzsche annuncia la morte di Dio per bocca di Zarathustra, che si aggira per le vie del mercato, senza riuscire a trovare, nonostante l’aiuto della luce della sua lanterna, un solo uomo che sia interessato alla tragica notizia. Zarathustra è considerato il folle da chi gli lancia un occhio girovagando tra le bancarelle in cerca di un buon affare, da un’umanità che non si ferma a valutare il significato di quella morte, che non si ferma neanche a negare l’esistenza di Dio, perché ormai di fatto fa come Dio non ci fosse. E’ un ateismo becero quello del nostro tempo, non ha trovato il modo di elaborare alcuna teoria da contrapporre alla autorità sapienziale del cristianesimo. L’uomo moderno in cui si imbatte Zarathustra non si farà carico del parricidio che sta a fondamento di tutta la violenza che è cifra identitaria della società moderna. L’uomo del mercato dimostrerà di non aver più bisogno di un Dio che lo salvi dalle minacce del mondo.
“ SIA FATTA LA TUA VOLONTA’”, non sarà più una concessione reverenziale al Dio dei cristiani, ma all’ultimo dio dell’era moderna, a ciò che ripaga la nostra devozione con benessere e lunga vita : la Tecnica , che guidata dalla scienza moderna rinuncia alla verità nel suo statuto concettuale e si presenta con le vesti di ultimo grande assolutismo, tanto quanto il Primo Dio si è proposto come il primo tecnico della storia, visto che le sue referenze parlano di Creazione. La tecnica oggi è quanto di più razionale possa esserci, In linea quantomeno con l’emancipazione dei costumi. E’ l’oltrepassamento di ogni limite, e quindi di Dio stesso , come limite dei limiti . La sua apologia è figlia del pensiero filosofico : è la filosofia ad aver fatto notare che le cose del mondo divengono, sono storia, sono tempo, come potrebbero appartenere ad una struttura immutabile? La vera fede che domina in Occidente è quella nel divenire. Il Dio dei cristiani è motore immobile, così come anticipa Platone, che qualche secolo prima del cristianesimo, preparerà quell’apparato concettuale che la religione cristiana sussumerà a suo fondamento razionale. Per la filosofia la moralità è devozione alla verità, se la verità non c’è più , perché vittima della scure di Nietzsche, la tecnica non è più perseguibile, anche quando è palesemente contro la dignità dell’uomo. L’esigenza morale sta in piedi solo se esiste una verità, altrimenti ogni agire è innocente. Questa è la vera aporia del nostro tempo. La violenza paradossalmente si presenta come innocenza. E’ innegabile che la storia dell’uomo è storia della violenza, del massacro continuamente perpetrato. Ostracizzata la verità, non abbiamo più strumenti morali per condannare la violenza, senza cadere in contraddizione. Ci sarebbe quella voce coscienziale del “ non si deve fare “ ma violenza è proprio fare ciò che non si dove fare, ma che si riesce a fare. Se il bene fosse inviolabile, il male non potrebbe infrangerlo, se Dio fosse intoccabile, non si sarebbe lasciato uccidere, ci dice Nietzsche. Eliminarlo non è stato un atto contro natura, perché la sua natura si è lasciata violare. Come negare di essere in piena secolarizzazione. L’uomo non deve temere la sua intelligenza, ma spingerla fin dove arriva, non a caso è primordiale il dualismo tra peccato e conoscenza . Per Sant’ Agostino solo così possiamo trovare Dio-è pur sempre un neoplatonico-; per Nietzsche è l’unico modo per fare grande l’uomo, che col cristianesimo era tenuto a farsi piccolo, per fare grande Dio. Si dirà che farà filosofia col martello e col coltello, rinunciando alla verità incontrovertibile, senza aver contezza che distrutta la verità assoluta, anche il suo dire non avrà più valore universale, non avrà più la possibilità di essere più valido di tutti gli altri. C’è un sottosuolo filosofico a fare da convitato di pietra a tutto il moderno pensiero occidentale, le mode non sono mai innocenti, sono sempre frutto di un pensiero che vuole che il mondo vada in un certo modo piuttosto che in un altro. C’è sempre un pensiero pensante che produce la realtà, che crea lo spirito del tempo, cos’è l’attualismo gentiliano se non questo suggerimento. Sapere cosa si nasconde sotto la prassi è la vera conoscenza : Hitler e San Francesco-stando alla prassi umana- sono due centri di forza che tentano di cambiare il mondo investendo nelle loro idee. Sono un pensiero pensante e non un pensiero pensato, è questo a renderli attivi. Quanto conta sapere cosa si nasconde sotto la prassi ? E’ solo lì che riusciamo a leggere la differenza tra i buoni propositi di Francesco e la radicalità del male di cui è capace Hitler , che pure sta al di qua’ dell’orizzonte umano. Un orizzonte dove il logos non arriva più, dove il pensare perde la sua autenticità, il suo vero essere, il suo rapporto con la coscienza. Se è la verità che si cerca, il logos non può essere separato dal pensiero , quando succede siamo nella non verità, nella mancanza di giustizia, nell’assenza di bellezza. La volontà ha rotto la barriera che proteggeva il sacro dal profano, la verità dalla menzogna, l’innocenza dalla violenza. La filosofia del ‘900 ha inaugurato la civiltà della tecnica, che si accontenta di essere probabilistica , statistica, ipotetica, ma cosa c’è di peggio di una felicità solo potenziale, priva di verità? La morte di Dio non ci ha emancipati, la morte della verità non ci ha reso migliori. Bisogna ritornare al senso autentico delle cose , non per fare un passo indietro, ma proprio per poter essere all’altezza di un tempo complesso, che non ci consente di delegare la responsabilità del nostro stare al mondo, non tanto verso noi stessi, quanto verso le nuove generazioni che nonostante dovrebbero avere dalla loro il gioco forza che regola gli equilibri sociali, sono i veri assenti di un futuro possibile che spetterebbe loro di diritto oltre che di fatto. Se la nostra generazione non vede questo allora si che ha fallito il compito supremo del pensare, sprecando l’occasione di avere occupato un pezzetto di mondo che avrebbe potuto ospitare qualcuno più meritevole di noi. Siamo 8 miliardi di persone, non ci staneranno facilmente, per quanto distopica la nostra società ancora non siamo all’occhio del Grande Fratello di George Orwell. Il suo protagonista, Winston Smith non ha più nessuna possibilità ,la sua ribellione può essere solo interiore, se solo vedesse l’inerzia dell’umanità che siamo, nonostante il nostro dirci liberi ,rivaluterebbe la sua estrema condizione umana : noi non abbiamo un vero alibi per il nostro immobilismo, ma se non pratichiamo la nostra coscienza, non lo sapremo mai . E’ lì che avvengono le più alte frequentazioni, da quelle vette possiamo solo scendere . Per Nietzsche -DIO è umano-, troppo umano, e se questo ci toglie la consolazione della sua protezione, è anche vero che restituisce a noi quella grandezza che spettava solo a lui. In armonia con le parole di Platone : “ in filosofia si deve osare tutto “, il vero peccato originale è smettere di cercare la verità, la sophia , per quanto possa restarci preclusa. Cercare l’ eskatòs non ci assicura la sophia, ma ci eleva al bambino che non smette di emozionarsi mentre aspetta le risposte ai suoi perché . Non rinunciamo ad essere philo-sophia , è pur sempre una questione d’amore , unico argomento possibile per conciliare sacro e profano ,unico modo per non tradire né noi stessi, né il messaggio evangelico (per chi non volesse vivere sotto un cielo vuoto ), unica maniera per fare della nostra vita un’opera d’arte che oltrepassi la nostra finitezza. Darwin non è riuscito a cancellare la nostra nobile genealogia : essere a immagine e somiglianza di Dio , o del logòs, per i più razionali ( figli del teorema nicciano ), è ciò che fa di noi quegli artisti che non si arrendono davanti al foglio bianco ,che fingono umiltà, ma sentono in cuor proprio tutta la loro regalità : atei e credenti, in fondo, abitano lo stesso luogo . E’ per questo che l ‘arte, quando è vera , parla della grandezza umana, la cui bellezza può essere inafferrabile proprio tanto quanto chi avrebbe potuto progettarla . Non sapremo mai con certezza se c’è un Creatore, l’oltreuomo di Nietzsche- neanche lo cerca più-, ma di certo c’è la creatura che troppe volte ha fatto vedere di saper essere così grande, da non poter essere figlia di nessuno : lo dice anche il Vangelo, “ la Grazia abbonda dove abbonda il peccato “.
ANNA FERRARO