Attraverseremo, questa volta, due porte di accesso alla antica città: quella detta Porta Roma, perché assicurava l’accesso alla città dalla parte est e quella detta Porta Napoli, posta al termine di via Nicola Gigli, l’antico decumano orientato in direzione Est-Ovest. Delle due ancora si leggono i resti architettonici.
Attraversata idealmente la porta ecco, subito a destra la pescheria di Amendola, e più su quella di Tufano; nello slargo successivo il calzolaio Migliozzi, la salumeria di Criscuolo, famoso per la dissalazione del baccalà, che teneva in acqua corrente per una intera settimana. Di fronte, un poco più giù, i negozi di calzature di Corrado e di Gaggia, i quali avranno calzato intere generazioni di teanesi. Poi il negozio di vestiario di Gliottone: di fronte Gina Corrado, negozio fornito di tutto e di più. Superato il palazzo feroce, sempre a destra salendo, la falegnameria di Izzo e una mitica trattoria, della quale non ricordo il nome, ma solo l’odore ed il sapore di un prestigioso “soffritto” mangiato alle 11 di mattina quando, appena universitario, mi imbarcai assieme ad i miei amici nella folle impresa di dar vita ai festeggiamenti della imminente ricorrenza di San Paride. Quell’anno nessuno si era preoccupato di costituirne il Comitato. Noi ci riuscimmo lo stesso, e ne fummo anche molto soddisfatti.
Sboccati nella Piazza Umberto da citare, perché precedentemente dimenticata, sulla destra, a fianco al portone d’ingresso della Scuola Media, la cartolibreria di Mariano, la cui gentile signora era sempre affettuosa verso noi studenti che andavamo ad acquistare penne e quaderni e, spesso e volentieri, per la modica cifra di dieci lire, delle squisite barrette di croccante. Ricordo ancora l’emozione di tutto il paese quando un suo figliolo, pilota dell’aviazione militare, si schiantò al suolo alla guida di un F104, il fior fiore dei jet da difesa dell’epoca.
Attraversiamo a passo veloce la piazza e ci immergiamo in via Nicola Gigli, detta “via dei calzolai” ché in tanti l’avevano eletta sede della loro attività artigianale. L’ingresso era delimitato dai negozietti già citati di Nicola ‘a cazetta a sinistra scendendo e della Marseglia a destra: poi tutta una serie di fiorenti botteghe e laboratori di artigiani che citerò senza specificare il lato dov’erano posizionati.
Il già ricordato Pasquariello il chianchiere, la tabaccheria di don Ciccio, il sarto Paride Fusco, gli alimentari di Maria mazza e mazza, di Iolanda la fuochista, di Nannina zerella, il cinema Garibaldi. Quest’ultimo alimentava anche l’indotto di una pizzeria che era proprio vicino al suo ingresso (una pizzetta da consumare nell’intervallo tra i due tempi del film 50 lire) e di una vecchietta che vendeva “lo spasso”, cioè sementi di zucca e lupini: simpatica la sua unità di misura, un coperchio di scatola di cromatina pieno dieci lire. La prima sede della già citata farmacia La Prova e poi, girato l’angolo e, proseguendo la discesa, i calzolai mast’Alfredo Marino e poi Vincenzo la barbera, il sarto il Loffredo il Marchese, il negozio di frutta della pagnottessa, il calzolaio Armando, il barbiere Napoleone e poi, nell’ ultimo tratto prima della Porta, la salumeria della scazzata, la falegnameria di Giovanni lassa fà a Dio, la sartoria di Cosimino, la cantina di Peppe il cantiniere ed il negozio di abbigliamento di Balurdo.
Si para ora di fronte a noi la silhouette dello stupendo arco portale di Via Napoli: oltre inizia, fuori le mura, borgo S. Antonio Abate e poi Viale Ferrovia: una strada che conduce lontano, alla Stazione Ferroviaria, declassata da tempo, dove una volta v’erano capi-stazione, bigliettai, ferrovieri, bus e macchine da noleggio per il ritorno in città; ed alla strada statale Casilina. Lungo il tratto, il Cimitero!
In troppi l’hanno percorsa per abbandonare (in un modo o nell’altro) un paese che diventava ogni giorno più povero e fatiscente.
Claudio Gliottone.