LOLA (sarcastica): Oh! Turiddu… è passato Alfio?
DONNE (gridando): Hanno ammazzato compare Turiddu!
TUTTI gettano un grido.
SANTUZZA cade priva di sensi.
LUCIA sviene ed è sorretta dalle Donne.
CALA RAPIDAMENTE IL SIPARIO.
Giorno di Pasqua in un’improbabile, brulla Sicilia. Si consuma il
duello rusticano di compare Turiddu accoppato cruentemente dal
carrettiere compare Alfio, che prorompe selvaggio:
Infami loro: ad essi perdòno
Vendetta avrò pria che Iramonli il dì.
Io sangue voglio, all’ira m’abbandono,
in odio tutto l’amor mio finì.
A Teano la Pasqua s’è dissolta da qualche settimana tra cadenzate
pioverugiole, in nebbie sconsolate di periferia . Vano scalmanarsì di
un affaccendato quanto speranzoso compare Nicolu e soci,
inesorabilmente sgozzati sull’altare delle promesse elettorali non
assolte e non risolte La Forza del destino. La tenacia del fantino.
Tutto scorre. Il popolo esausto subisce ancora, carducciano paziente
pio bove. Il motore è caduto, occorre ripararlo. Forte e subito. Gli
iscritti a ” Fratelli d’Italia” piangono e puntualizzano con buona e
giusta vis polemica: “Tra le tante promesse elettorali quella più
ricorrente era relativa alla “programmazione” che avrebbe generato
notevoli risparmi e rilanciato l’economia del paese a partire dal
settore edile. Parole al vento. Dopo tre anni l’unica programmazione è
stata rivolta esclusivamente a progettare le modalità di incassare
quanto più possibile per far fronte alle inefficienze dell’Ente e
quindi della Giunta; in ultimo la delibera di riscossione anticipata
della tari.”
TURIDDU: Compar Alfio! lo so che il torto è mio:
e ve lo giuro nel nome di Dio
che al par d’un cane mi farei sgozzar…
Compare Turiddu vuol’essere conciliante, esplicativo, filosofico
persino. Invano. L’aspra nemesi di compare Alfio si abbatte su di lui
come l’incalzante tregenda delle fattucchiere nella livida notte del
Monte Calvo.
Cosi è stato anche qui sull’assolato colle di Teano tra malinconie
urbane e rurali, disperse tra forre e greppi, tra incubi e realtà.
Trista storia, scabra e brutale, né più né meno come la nostra di
sconsiderati indigeni ignavi e ignari, preda di ripetitive comparsate
senza memoria e senza storia.
Non siamo proprio stanchi, no. Neppure dei rifiuti solidi urbani,
delle tasse, del paese scardinato, del mercato in coma e altre delizie
dibenedettine. Ultima dissacrante sberla alla nostra benevola,
compiacente acquiescenza.
Non ci resta che piangere o cantare rassegnati, in perfetta letizia,
col coro del melodramma mascagniano:
Viva il vino spumeggiante
nel bicchiere scintillante,
come il riso dell’amante
mite infonde il giubilo!
Via va il vino che é sincero
che si allieta ogni pensiero,
e che annega l’umor nero,
nell’ebbrezza tenera.
Finiremo col recitare sul limitare del giorno, al posto del
Padrenostro, un patetico, esilarante Nicolanostro o un lacrimoso,
mesto, soave Requiemsaccum.
Giulio De Monaco