Inizierò dicendo una cosa scontatissima: la Politica non esiste più, e da tempo.
Prima però di esaminarne i motivi, rendiamoci conto per bene di cosa sia e sia sempre stata la Politica, quella con la lettera maiuscola, naturalmente.
Georges Clemenceau, il grande statista francese che, dopo la sconfitta di Napoleone III a Cedan contro la Prussia ed il crollo del suo Impero, fu eletto all’Assemblea Nazionale (1870), allo scoppio della prima guerra mondiale, ormai anziano, tornò al Parlamento francese affermando di averlo fatto perché “la guerra è una cosa troppo seria per lasciarla fare ai generali”. Intendeva dire che anche la guerra va gestita dalla “politica”. Il suo motto era: “la politique d’abord” (la politica innanzi tutto) affermandone così la supremazia su ogni problema tecnico-amministrativo. Non a caso ne fu definito “il tigre”.
Questo perché la Politica possiede sempre un supporto ideologico fondamentale che accomuna gli spiriti preparandoli ad affrontare i problemi condividendone ad un tempo obiettivi e responsabilità, e donando loro motivazioni che travalicano personalismi ed egoismi per sublimarsi in più ampi interessi generali.
Fu politico Cavour, che seppe richiamare l’attenzione delle potenze europee sulla questione italiana; fu politico Giolitti, che ne organizzò il funzionamento amministrativo; lo fu De Gasperi alla Conferenza della Pace di Parigi, alla fine della seconda guerra mondiale; lo fu Fanfani nel migliore utilizzo dei fondi americani per la ricostruzione europea (Piano Marshall); lo fu Togliatti con la sua “amnistia” verso i reati compiuti da fascisti e partigiani prima e durante la guerra di liberazione; lo fu Antonio Segni con la sua “riforma agraria” che sancì l’esproprio coatto delle terre dei grandi latifondisti, comprese anche sue proprietà .
Quanta diversità dai “parolai” che oggi infestano il Parlamento ed i media!
Iniziative che sottendevano una profonda ideologia volta unicamente al bene popolare, pur nelle diverse vie che i vari “partiti” intendevano imboccare per ottenerlo.
Poi le grandi ideologie esistenti si sono lentamente affievolite, sia per il parziale raggiungimento dei loro obiettivi, sia per le degenerazioni dei partiti che ne erano gli alfieri, sia per le mutate condizioni storiche; ne sono sorte di nuove, come la lotta al geo-inquinamento o alla fame nel mondo, ma non hanno sinora generato veri ed organizzati “partiti” e stentano a decollare.
Perché, appare evidente, sono i partiti a rappresentarle e sostenerle, ma l’azione di questi si è notevolmente indebolita soprattutto per il senso di progressiva sfiducia ingeneratosi verso di loro negli ultimi decenni: ed è accaduto quando i loro militanti hanno cominciato a trascurare anche quel poco di ideologia rimasta, per trasformarli unicamente in strumenti di personale interesse sapendosi vendere a quelli che ne offrivano di maggiore. “Mani pulite” e “la fine della Prima Repubblica” hanno sancito la scomparsa di molti di essi; qualcuno sopravvive, ma forse solo per perpetuarne il citato aspetto negativo.
Le mutate modalità elettorali nei comuni, nelle province e nelle regioni hanno fatto nascere le “liste civiche” i “movimenti” e le “liste personali”, per le quali la gente vota senza sapere cosa vogliono fare, e forse non lo sanno neanche i loro rappresentanti candidati.
Allora cosa è successo ieri e cosa succederà nella prossima primavera nel nostro povero comune?
Valutiamo tutte le possibilità:
- – Qualcuno, animato, per carità, da ottime intenzioni, ed allettato dal fatto che per tre anni non si è realizzato un “beato salsiccio”, penserà di poter essere il “deus ex machina” del quale abbiamo già parlato. Comincerà, a sei mesi dalle elezioni, a dimenarsi ed agitarsi per farsi notare e, se gli andrà bene, partirà alla ricerca di persone che possano affiancarlo per una scalata alla gestione del Comune. Ne dovrà trovare almeno quindici, e non sono pochi, che la pensano come lui, ma che veramente la pensino come lui dovrà capirlo in pochi mesi, quando naturalmente occorrerebbero decenni, e manco ne potrà avere la certezza. Dovrà fidarsi di loro e loro dovranno fidarsi di lui; e qui non so proprio quale delle due cose sia più difficile a verificarsi. Stringerà rapporti con loro e cominceranno a frequentarsi con assiduità; ma trovare, in pochi mesi, punti di convergenza che dovranno durare proficuamente almeno cinque anni, consentitemelo, è praticamente impossibile. E poi non è detto che, pur essendo lui conosciuto e stimato per le sue idee o per le sue capacità organizzative, gli altri lo siano al pari di lui e soprattutto siano altrettanto capaci di concretizzare in consensi elettorali questa capacità. Allora sarà costretto a reclutare persone di famiglie estese e numerose, ben radicate sul territorio, le quali però potrebbero non corrispondere ai criteri di visioni e fiducia condivise espressi prima. Ma c’è sempre la necessità di accumulare voti; ed allora la “conoscenza” del personaggio, del suo modo di pensare, di comportarsi, di saper fare o di saper lavorare, va a farsi benedire; il numero dei voti conta più di ogni qualità.
- Nei partiti d’un tempo la cosa era diversa: la gente li frequentava perché accomunata da identici ideali che ne improntavano il pensiero ed il modo di essere. Già questo era garanzia di comune sentire ed agire, anche perché ci si frequentava sempre, durante tutti gli anni, non solo a tre mesi dalle elezioni; e ci si arricchiva confrontandosi, si imparavano avvenimenti e nuove disposizioni, si esaminavano problemi e si costruivano ipotesi. Così ci si conosceva, ci si stimava e nasceva una reciproca fiducia e l’orgoglio di lottare per una squadra nata da anni e presente a livello nazionale oltre che locale.
- Da anni le cose non sono più così neanche nei partiti. Ma qui ci sarà sempre qualcuno, o più d’uno, che si impegnerà a formare “impersonalmente” una squadretta dell’ultima ora, ma le difficoltà ed i problemi saranno gli stessi di quanto potrebbe verificarsi nella formazione di una lista civica. E’ quello accaduto nel 2018, e ho detto tutto!
Si badi bene che ho solo enunciato dei problemi senza escludere che le cose potrebbero egualmente funzionare; dei problemi ai quali deve pensare chiunque non sia offuscato dal facile entusiasmo che inevitabilmente pervade e sopraffà chi ha tante buone intenzioni.
Ho solo voluto evidenziare situazioni spesso sottovalutate, ma importanti per una buona riuscita di quanto si va ad organizzare; non bastano idee e speranze, e tanto meno capacità tecnico-amministrative.
Nella prossima puntata affronteremo quest’ultimo aspetto delle capacità che dovrebbe avere un candidato sindaco.
Claudio Gliottone