Fino agli anni novanta del secolo scorso la elezione del Sindaco avveniva in maniera “indiretta”: veniva eletto cioè da, e non necessariamente “tra”, i Consiglieri della Maggioranza, che poteva essere “assoluta” o anche “relativa”, nella prima riunione del Consiglio presieduta dal cosiddetto “Consigliere Anziano”, ossia dal candidato che avesse ricevuto più voti in assoluto, a qualunque lista appartenesse.
Questo metodo garantiva :
- che esistesse a priori un preciso accordo tra i consiglieri di maggioranza, e che questa potesse anche essere formata da più forze politiche, le quali trovavano concordanza sia sui programmi che sulla persona chiamata a guidare la Giunta.
- che le divergenze che potessero sorgere in seguito erano sanabili senza ricorrere alla decadenza dell’intera Amministrazione, ma soltanto dei suoi apici, che potevano tranquillamente essere sostituiti mediante altre scelte attuate solamente all’interno del Consiglio dai suoi membri.
- che la intera Amministrazione fosse flessibile alle possibili mutazioni politiche generali eventualmente sviluppatesi all’interno del Consiglio e non a umorali dissidi all’interno della Giunta o a viscerali comportamenti di quello che, con il successivo metodo elettorale, sarebbe diventato il sindaco monarca.
- che la figura del Sindaco fosse comunque di persona stimata e apprezzata soprattutto dai consiglieri che avrebbero dovuto collaborare con lui nell’iter amministrativo della città, non fosse altro perché erano loro a sceglierlo secondo criteri che sarebbero comunque sfuggiti ad ogni designazione “popolare” diretta.
Il metodo elettorale attualmente in atto prevede invece che a governare la città sia “solo” la lista che ha ricevuto più voti delle altre e che essa esprima il Sindaco designato già alla presentazione alla competizione elettorale.
Questo metodo comporta :
- che sia innanzitutto difficile stabilire il “gradimento popolare” del candidato sindaco, giacché per esso non viene espresso alcun voto dall’elettore, che invece deve pronunciarsi solo nella scelta di due candidati al consiglio. Ne deriva che la valutazione finale sul rapporto gradimento sindaco/consiglieri resta documentata per i secondi, ma molto aleatoria per il primo. Infatti nel primo metodo il sindaco si sceglieva tra i normali candidati eletti; cioè doveva essere votato personalmente come tutti gli altri. Non trascurabile e possibile movente , questo fatto, di eventuali conflittualità interne.
- che la designazione “a priori” del candidato sindaco per una lista non sempre avviene per comune espressione dei candidati a consiglieri con unanime scelta e condivisi criteri; anzi sovente avviene il contrario, che i candidati della lista vengano scelti o cooptati dal candidato sindaco, con o senza indicazioni della progettualità della lista medesima, ma solo in previsione di un personale apporto di voti.
- che il Sindaco possa scegliere “motu proprio” i componenti la sua Giunta e del pari revocarli, senza che il Consiglio minimamente intervenga ad orientare le scelte.
- che i criteri di tali scelte possono essere assolutamente personali e non legati a prestabiliti principi organizzativi, con variabilità derivante da sopraggiunte opportunità politiche, anch’esse personali, dello stesso sindaco.
- che la inesistenza conseguenziale di un garante degli accordi porta ad un progressivo dannoso riacutizzarsi di conflittualità sia all’interno della Giunta che tra essa e il Consiglio.
Tutto questo, mentre nel primo metodo assicurava un pregresso amalgama tra gli eletti e le loro scelte dirigenziali, nel secondo può facilmente favorire incomprensioni o malessere generali il cui esito è rappresentato spesso dalla caduta della intera amministrazione. Non a caso, facendo un esempio locale, in 53 anni, dal 1946 al 1999, essendo in vigore il vecchio metodo elettorale, non è mai caduta nessuna amministrazione, mentre in 23 anni (dal 2000 al 2022) ne sono cadute ben due (percentuale da 0 al 43%). La cosa non mi sembra molto rassicurante per una popolazione “distratta” ed individualista quale è la nostra.
La premessa è importante per evidenziare quelle che, secondo noi, dovrebbero essere a tal punto le caratteristiche di un candidato sindaco con il metodo elettorale tuttora vigente. Esso, infatti, ha assegnato grandi poteri al Sindaco, depauperandone il Consiglio, sempre più imbrigliato da regolamenti “cappio” che sempre meno spazio concedono ad una normale auspicabile dialettica politica.
Bisogna ancora tener presente che la legge 59 del 15/3/1997 ha rivisto i rapporti tra settore politico ed amministrativo di ogni Ente locale, stabilendone reciproci limiti e competenze.
Proprio iniziando da quest’ultima considerazione un candidato sindaco dovrebbe:
- Possedere capacità di entrare in sintonia con tutto il settore tecnico-amministrativo, conoscendone per bene i sistemi operativi, le difficoltà e soprattutto le finalità e le “modalità operative” che, indipendentemente da ogni normativa, nascono e si instaurano in un “gruppo di lavoro” non soggetto a ricambi, al contrario del “gruppo politico”. Parliamo di un contatto con una realtà che è specialistica e fondamentale per la buona riuscita amministrativa, ma che può comunque indulgere a comportamenti non collaborativi o addirittura ostativi per i più banali motivi, non di rado anche politici.
- Essere dotato di “carisma” (non “cazzimma”, che è cosa ben diversa) ed “autorevolezza”, anzitutto nei riguardi dei suoi più stretti collaboratori. Entrambe le cose nascono da svariati fattori: già dimostrate capacità organizzative, cultura, credibilità, stile di vita ed altro di tal genere.
- Conoscere perfettamente “il territorio” di ben 88 km quadrati, da Magnano a San Giuliano, da Casafredda allo Scalo Ferroviario: territorio abitativo, di comunicazioni, di esigenze popolari, di prospettive e via discorrendo. E visitarlo sovente.
- Essere disponibile verso tutti i cittadini, ricevendo con costanza e dedizione chiunque avesse necessità di parlare con lui, evitando superficialità nell’ascolto e nelle pur facili promesse di interessamento.
- Comprendere che, da Primo Cittadino, rappresenta tutto il popolo sidicino, e deve saperlo fare nel migliore dei modi, nel confronto con gli stessi, con gli Enti superiori e con i colleghi di altri paesi. E deve farlo con l’ orgoglio conquistato da tutti loro nei secoli, pur se distrutto negli ultimi decenni.
- Deve avere la capacità di elaborare un serio piano di ricostruzione generale, che parta da un punto zero e che si sviluppi per gradi nel corso degli anni, e la costanza di gettare tutto se stesso nel perseguirlo ed attuarlo. Un piano sul quale possano inserirsi prospettive di miglioramenti aperti a successive amministrazioni, e che possegga, pertanto, ampia visione futura.
- Evitare di muoversi in vista di personali avanzamenti politici, legando ad essi comportamenti che possano confliggere con gli interessi del paese.
- Agire con coerenza nel supremo bene generale, pur non rifiutando aprioristicamente necessari adattamenti suggeriti da oppositori e giudicabili validi al fine premesso.
- Saper agire sempre con il giudizio ed il senso comune del “buon padre di famiglia”.
Solo e nient’altro di meglio che delle semplici indicazioni; con le quali invito a confrontarsi chi aspiri a divenire Sindaco e coloro che devono scegliere col voto chi possa meglio rappresentarle.
Mi si perdoni la lunghezza dell’esposizione.
Spero solo di aver fornito un piccolissimo aiuto a chi intende sollevare seriamente questo nostro paese dalla fetida gora nella quale sguazza da anni, se non da decenni.
Credetemi sempre vostro.
Claudio Gliottone