Archiviare “d’emblée” l’indecorosa manfrina alla quale abbiamo assistito per arrivare alla elezione del 13° Presidente della Repubblica nella persona dell’uscente 12° , Sergio Mattarella, non ci sembra molto utile senza fare delle dovute personali, ma quanto più oggettive, considerazioni.
Assolutamente nulla da dire sulla sua persona e sull’esercizio passato delle sue funzioni, cose che sono di garanzia anche per il futuro, ma “il modo” col quale si è giunti ad una soluzione che pareva scontata e la migliore fin dall’inizio “ancor ci offende”, se vogliamo dirlo, scusate se è poco, con le parole del grande Dante.
La prima osservazione da tener presente, quando si giunge pur forzatamente ad adottare le riconferma di una simile elezione, consiste nel tener presente la lunghezza del mandato: 7 anni!!! Che si vanno ad aggiungere ai 7 già svolti e diventano 14!!!. Quattordici anni! Negli Stati Uniti quello che ha ricoperto per più lungo tempo la carica è stato Francklin Delano Roosvelt arrivando, col rinnovo di ben tre mandati (ma si era nel pieno della seconda guerra mondiale), a soli 12 anni di Presidenza. Solo per curiosità storica, Umberto ll di Savoia fu re per meno di un mese.
Certamente le funzioni, le responsabilità e i poteri di un Presidente della Repubblica italiana sono ben “parva res” rispetto a quelli del suo omologo statunitense, ma rivestono comunque grande importanza e non sono da sottovalutare: ad esempio è lui che nomina il Presidente del Consiglio e, su consiglio di questi, i vari ministri, i quali diventano inamovibili. Cioè un Sindaco può revocare la nomina ad un Assessore, e ne sappiamo qualcosa, ma il Presidente del Consiglio non può farlo verso un Ministro del Governo che presiede. E non mi par poco. Poi è il Capo delle Forze Armate, e manco questa è cosa da niente.
Resta ancora il fatto che la brevità del mandato statunitense è precisa garanzia democratica, ed abbiamo avuto modo di vederlo quando grazie ad essa gli americani hanno saputo liberarsi di Trump.
Quel che ci lascia sempre più perplessi, però, nella gestione delle nostre forme istituzionali, sono la deprecabile soppressione della politica e la scomparsa della partecipazione popolare tramite la propria volontà che si concretizza nella espressione del voto.
A gestire la “manfrina”, infatti, sono stati, fra gli altri, due illustri personaggi che per essere quello che sono e per gestire il futuro di tutti noi non hanno ricevuto, allo stato attuale, un, dico un solo voto neppure dal più reietto cittadino italiano: Enrico Letta e Giuseppe Conte, e quest’ultimo allo stesso modo ha fatto anche il Presidente del Consiglio. Come già Renzi, Monti, ed attualmente Draghi. Ricordo che non stiamo parlando di capacità o di “alto profilo”, termine con il quale non vi dico per pura decenza cosa ci hanno riempito nelle ultime settimane; stiamo parlando di indicazione popolare che democraticamente si esprime solo e solamente con il voto.
Anche l’uomo della strada, quale posso essere io, ha compreso subito, dato il momento storico, che altra soluzione non v’era che quella di lasciare le cose come stavano: Draghi al Governo e Mattarella alla Presidenza della Repubblica. E allora perché girare intorno al problema parlandoci di “presidente donna” di alti profili, prospetti, tre quarti, e… immagini a mezzo busto, quando poi si è convenuti sull’unica cosa sulla quale era più logico convenire?
Solo per farci ulteriormente comprendere, semmai non lo avessimo già fatto da tempo, che la Politica, in Italia, non esiste più ormai da tanto.
Una ultima cosa: quanto sarà costato questo ambaradan elettorale ad alto livello? A noi, ovviamente.
…e il modo ancor mi offende!
Claudio Gliottone