Molti cittadini sentenziano che si vendicheranno con il voto punitivo, ma quasi sempre questo atteggiamento non è che un fuoco fatuo, spento dai salamelecchi e dagli omaggi dinnanzi al Nerone e alla Poppea del nostro tempo, che, invece di arredare le stanze del bene comune, hanno creato delle vere e proprie stanze tutte per loro (mi consenta umilmente il Vescovo Mons.A. Aiello di riprendere la preziosa metafora della sua omelia nella Messa di fine anno). Stanze buie e piene di polvere (come quella che ricopre tante vie- tranne poche privilegiate – dimenticate da chi dovrebbe ripulirle, che ti liquida con la banale frase "non è di mia competenza"),dove non resta che l’accessorio che non ti serve quotidianamente, mentre l’essenziale è sotterrato nel deserto dell’oblio (chiusura dell’ospedale, PRG non ancora redatto per citare solo i casi più importanti).
In un articolo del 12 settembre 2011, Francesco Alberoni ha ricordato con la sua lucidità di illustre sociologo come "non ci sono stati tanti vili come in questo momento" tanto che ormai "non ci facciamo più caso" e "semmai,ti colpisce l’unico che ha il coraggio di affrontarti e dirti apertamente in faccia ciò che pensa". Il coraggio è il termometro della democrazia e da noi come non mai registra valori da minimi storici. Ma è la forza di ritrovarsi e di ritrovare la propria libertà senza timore e vergogna, contro ogni forma d’intimidazione rivolta a chi è più indifeso,anche quella che ti solletica il cuore con i sorrisi più larghi e i toni più seri che preannunciano false chimere (come i piani edilizi mai realizzati,la questione poco chiara dei pullman scolastici,alcuni dei quali non ancora funzionanti e i sussidi economici concessi a vario titolo a chi ha voglia di essere nullafacente).
E’ la forza di dissociarsi dal "gregge di pecore" ( i cittadini passivi, i sudditi "democratici" che tanto ama questa èlite oligarchica legittimamente illegittima) intente unicamente a pascolare nell’erba l’una accanto all’altra, non lamentandosi orgogliosamente nemmeno quando manca l’erba (come asserì il pensatore inglese del ‘800 J.S.Mill nelle sue "Considerazioni sulla democrazia rappresentativa"). E’ la forza di dire basta ai candidati politici e ai presunti "homines novi" senza idee e programmi concreti alla mano, oltre a chi si ribella, dietro la maschera dei partiti, ad alcune logiche della maggioranza tiranna per poi continuare a stare seduto dalla stessa parte di questa e sugli stessi scranni per annuire ipocritamente alle giustificazioni delle sue pretese. E’ la forza di ricostruire sulle macerie di una classe dirigente dell’antipolitica senza opposizioni,di una resurrezione dell’etica non solo da sfoggiare per mera convenienza sui palcoscenici ufficiali, contro la corruzione e l’ingiustizia, i vizi privati e pubblici nella bufera della tempesta economica imperante in cui tutto appare perduto. Ed è la forza di razionalizzare l’ipertrofico associazionismo degli ultimi anni, affinchè vesta oltre agli abiti del sociale, anche quelli della dinamica politica, per non ritornare paradossalmente a quell’ atomismo tocquevilliano, a quell’individualismo oscurantista che ignora il diverso e i cui tentacoli mai come ora tentano d’impossessarsi del mondo coevo. E come recita il titolo della più celebre opera di Judith Shklar, riaffermare il "liberalismo della paura", un’uscita emergenziale e rapida da quest’ultima, come un grido che squarcia il velo dell’impotenza contro la crudele indifferenza e l’impossibilità di conversione di chi disprezza o semplicemente è sordo e fa finta di non comprendere l’aspirazione dell’altro.
Una vera politica, ripensamento rinnovato di quella tradizionale, di fronte a chi è perennemente straniero in patria.
Cassandra