Tardi ti amai, si perché tu eri dentro di me e io fuori. Mi chiamasti e il tuo grido sfondò la mia sordità. Balenasti e il tuo splendore dissipò la mia cecità. Mi toccasti e arsi di desiderio. ( S. Agostino dalle Confessioni ). Siamo ancora così in alto, dove ci colloca Agostino quando ci allontaniamo dalla verità? Quando vaghiamo per il mondo senza più cercare il fondamento(l’ eskatos)? Siamo in piena secolarizzazione , il presente sperimenta l’evaporazione del cristianesimo : le chiese si svuotano, c’è il venir meno della centralità della preghiera. In ambito filosofico l’ateismo si può inquadrare come perdita dell’interesse per la verità. Oggi l’ateismo è bigotteria laica, non si preoccupa di tematizzare l’assenza di Dio, perché il suo vero scopo è quello di liberarsi da ogni limite possibile. Il postmodernismo ha segnato lo sdoganamento di questo concetto. La perdita della verità non è vissuta come una tragedia, ma come qualcosa di liberatorio. Sfuggire alla presa di Dio è sembrato un atto emancipativo , qualcosa che proiettasse verso una modernità in continua evoluzione. I valori della tradizione sono descritti come semplici coefficienti sociali, codici che ci aiutano ad intenderci in un sistema che li sussume come standard comportamentali , che disegnano il tipo di società che siamo. Si tratta dunque di postulati, convenzioni, usi e costumi, niente di più , niente di meno. Siamo in un reale sdivinizzato : ma se di fatto bruciassimo ogni Bibbia, avremmo veramente una società migliore? Più giusta? Più avanguardista? Oppure l’uomo senza Dio è più soggetto ai rapporti di forza ? Tolto Dio resta l’uomo libero da pesi morali, oppure tolto il Creatore è tolta anche la creatura? Un uomo svuotato del suo fondamento, non è maggiormente manipolabile? Non è in realtà svuotato da ogni possibile identità vera? Restiamo immagine di che cosa, somiglianza di che cosa. La stiamo cercando una nuova tradizione culturale in cui riconoscerci? Il transumanesimo partito dalla Silicon Valley è per davvero un’evoluzione psicosociale? Ci stiamo emancipando dalla nostra stessa verità, che essa sia Dio oppure no , cosa può esserci di più nichilista di rinunciare a noi stessi. Agostino ci lascia una grande eredità, Hegel, Heiddeger, ma lo stesso Dante, sarebbero impensabili senza il suo lascito culturale .” Ama e fai quel che vuoi “, questa la grande eredità delle Confessioni. Il massimo della potenza speculativa di Agostino, sta nella relazione con l’altro, in quel semplice“ama”. L’Assoluto in Agostino è la relazione stessa, elevata a forma ed essenza, di quell’unica verità che ci fa umani, la relazione ha lo stesso valore teoretico di Dio. Siamo sicuri che spostarci da tutto questo sia un atto emancipativo ? La storia dell’occidente è la storia del cristianesimo, l’umanità si è sempre mossa per qualcosa che la attraeva, e non perché sospinta da una causa efficiente. Sentiamo che ci stiamo muovendo in un reale deciso da categorie che non ci appartengono : efficienza, razionalità, velocizzazione del tempo, algoritmi e altri sistemi stocastici, governano la nostra vita , spostandoci verso un analfabetismo non solo emotivo ma anche funzionale . Un italiano su due ha difficoltà nella comprensione di un testo scritto, ma come è stato possibile ; la situazione peggiora quando ci si chiede di essere empatici, il dolore degli altri è diventato invisibile. Basta pensare all’insopportabile conformismo bellicista col quale tolleriamo una guerra così vicina da poterne sentire l’orrore . La querelle dell’invaso e dell’invasore ripetuta all’infinito è diventata compatibile con la verità, peccato che nel mondo non è certo l’unico caso in cui illegalmente si invade un paese libero e non ci possono essere bambini che valgono più di altri bambini. C’è chi muore nell’anonimato come carico residuale, per effetto del suprematismo bianco, e la nostra indignazione dura il tempo di pensare che non possiamo essere colpevoli di tutti i mali del mondo. Non proviamo neanche a cercare una nuova grammatica politico-esistenziale, che sia all’altezza della complessità del nostro tempo. Sono 15000 i giovani che ogni anno sono costretti a lasciare l’Italia, non è più una fuga di cervelli ma un’ evasione di massa dalla prigione dell’immobilismo. Questo è un grande atto d’accusa a questa politica che postideologica oppure no , resta vergognosa. Lo stesso Agostino , di cui tanto ci vantiamo, era di pelle scura, veniva da Ippona, dalle coste dell’Africa settentrionale, anche se lui non scappava dalla morte e dalla guerra, cercava solo il luogo dove poter incontrare Dio, che per i migranti dell’ultima ora equivarrebbe ad un’accoglienza umana ,per la possibilità di una vita vivibile. Il reale rispetto all’ideale è sempre inaccettabile, ognuno di noi è un instancabile romanziere che cerca di plasmare la storia della sua vita per renderla accettabile. La realtà è sempre vilipesa attraverso microscopici attacchi, finte verità che amiamo raccontarci, per piacerci più di quanto sarebbe lecito fare. Il reale per essere riabilitato come tale necessità della verità. Ma noi senza averne contezza neghiamo in actu signato ciò che affermiamo in actu exercito .Cioè neghiamo a parole contenuti della nostra coscienza. E’ difficile darsi dei pusillanimi, ammettere che non ci si sa misurare con se stessi. Per questo la politica ci raggira con facilità , è molto più facile ingannarci che farci ammettere di esserlo stati. Un anno fa abbiamo iniziato questo immodesto tentativo di trattare temi cogenti con uno sguardo filosofico e quindi dando priorità assoluta alla verità. Speravo in un’interazione dialogica, perché la verità non è mai un possesso di qualcuno, ma sempre un percorso a più voci. Anche quando i nostri sogni incontrano l’opportunità non sempre si realizzano , ma non è detto che le nostre idee debbano camminare per forza sulle nostre gambe, questa è la loro bellezza . A questo serve un’officina di idee , il suo obiettivo è raggiunto anche quando riesce anche solo a dare qualche spunto di pensiero. Quando le parole di qualcuno ci piacciono è perché quel registro è già presente in noi, è già uno spazio che ci appartiene in qualche modo .Tutti abbiamo sempre da imparare, per tutto il tempo della vita, per non condannarci alla superficialità. E’ vero, la filosofia è talmente ambiziosa che a poterne parlare dovrebbe essere una persona molto autorevole, è altissimo il rischio di cadere nel ridicolo. A mia unica difesa: l’enorme passione che ho messo in questa rubrica , che credo sia per noi umani la vera forza primigenia che ci spinge a cercare orizzonti di senso. Riuscire ad arrivare agli altri è poi tutt ‘altra cosa, ma ho sentito dire che dopo i 50 dovremmo essere più interessati a chi farci piacere piuttosto che piacere agli altri a tutti i costi. Lo sforzo di dialogare resta però una necessità perché la verità è dialogica, perché è nel dialogo che la parola acquista il massimo spessore, i miei soliloqui senza di voi saranno un tentativo piuttosto disperato di combattere il pensiero unico che sta tentando di globalizzare la postura con cui tutti noi stiamo al mondo, perché pensiero unico significa monopolio della verità. La filosofia è una faccenda erotica, un fatto di amore, di cura per la verità, non è una questione di sapere , a spingerci al pensiero è la vita stessa , noi siamo questo anche quando non ne teniamo conto. Il reale è violentato da un esercizio narcisistico che fa giocoforza con quanto si afferma per sua necessità , per cui dirci la verità non è facilissimo, è solo possibile . Il possibile non ha il carattere della realtà effettuale , ma è qualcosa che può realizzarsi, altrimenti non sarebbe un possibile .Dobbiamo farcelo bastare , è il nostro essere unici a chiederci responsabilità .Quando scriviamo è sempre perché qualcuno ci legga, dice Eco che solo la lista per la spesa si scrive per noi stessi , ma mi piace pensare che sia più utile a promuovere qualche spirito critico che come appagamento di un narcisismo funzionale. C’è in realtà un luogo che vede tutto ciò che c’è di esistente, anche quello che non ci diciamo per darci ragione ,per sentirci migliori di quello che siamo , ed è la nostra coscienza , l’unico luogo che può sapere persino di se stesso. Dovremmo tutti imparare a frequentarlo con meno timore reverenziale : lì c’è la parte migliore di noi , e anche la peggiore, c’è la nostra verità .Spero che quest’inizio di stagione porterà un maggiore fermento a questa rubrica , la speranza non è ebetudine se sostenuta dall’impegno . E’ vero che il darsi da fare è anche la storia della violenza umana, ma è anche vero che l’inerte è un uomo d’azione fallito. Vivere è errare, che sta per sbagliare ma anche per un dolce vagare , io continuerò a farlo anche da queste pagine per mostrare il carattere decisivo della filosofia per la vita dell’uomo, perché con l’utile si possono poi fare solo piccole cose ,quelle grandi hanno bisogno di spazio di pensiero , di quel logos che fa di noi un esserCI, una possibilità sempre aperta.
Dicono che c’è un tempo per seminare, e uno più lungo per aspettare . Io dico che c’era un tempo sognato, che bisognava sognare ( Ivano Fossati ).
ANNA FERRARO