Pensiamo Teano bella e colorata, con tante iridate fontane nelle piazze e negli slarghi. Con tutti i platani al loro posto, come anni-luce fa. Le colline che si sgomitolano tra castagni, olivi, ciliegi. Tutto come se fosse la prima volta, viaggiatori venuti da lontano sulle orme di Goethe, Mommsen e altri, che l’Italia se la mangiarono con gli occhi e la divorarono col cuore. Il Campanile, la nostra Torre Eiffel, la nostra Mole torinese, fora le nuvole, più aguzza, più snella, il dito di Dio. Il nostro simbolo, la nostra biblica pianta del bene e del male, la nostra sindrome di Ulisse. Visualizziamo Teano dotata di quattro musei. Quello archeologico già esistente,quello Garibaldino e del Risorgimento meritevole di più intensa, e non solo episodica attenzione,il museo vescovile che potrebbe essere allestito superbamente per l’abbondanza di arredi sacri, spesso di grande valore estetico, connesso alla tuttora desolata e sudicia cripta di S. Paride e al lapidarium già esistente nel policromo giardino del Vescovo , quello della civiltà rurale di cui si rischia di smarrire la memoria nei labirintici meandri della burocrazia e dell’inazione. Eppure esistono centri che i musei addirittura se li inventano, talvolta con delle trovate a dir poco bislacche. Questi ammennicoli Teano, l’immensa, versatile, splendida, multietnica, ricca Teano dei Sidicini li aveva davvero e pure di una certa grandiosità estetica e scenografica. Ci accorgiamo poco e niente di quanto sia bello quello spicchio di Teano compreso tra il monastero benedettino di S. Caterina, S Pietro in Aquariis e S. Maria La Nova.
Stupendi ricordi d’altri tempi. Gioielli rubati… E ancora collane : lacci a fili d’oro, anelli d’oro d’argento e di bronzo. Una messe di oggetti belli a vedersi, a toccarsi, ad annusarsi, a palparsi. Di questo scavo esuberante e produttivo solo qualche quotidiano si occupò marginalmente. Il Gabrici non diresse gli scavi, si fondò per la sua circostanziata relazione sui giornali di scavo, gli elenchi descrittivi di archivio e soprattutto sugli appunti messi a disposizione dall’impareggiabile Matteo della Corte che presenziò all’ultimo periodo dell’indagine archeologica di questa fulgida necropoli e che si preoccupò di far fare schizzi e sezioni di tombe. Il Gabrici stesso si portò più volte a Teano dal proprietario del fondo, dove esaminò i ritrovamenti da lui avuti dopo la divisione. Il Nobile gli permise inoltre di prendere appunti e fotografare molti manufatti. Cosa ci può importare ora se il Sindaco sarà gamberetto, zanna bianca,il toscanello o altre simpatie impegnate fino allo spasimo nella vorticosa danza dei geometri e dei maneggioni per accomodarsi trionfalmente sull’infuocato trono dell’ormai uscente Picierno.
Vogliamo un sindaco che faccia il sindaco, non importa il grado di cultura o di risonanza magnetica. Inoltratici per anni in questo itinerario ideale, sforzandoci di ricostruirne idealmente l’identità storica, intanto che tentiamo di animare questo vuoto con la folla di quelli che tanti anni fa vi dimorarono e ora riposano non sappiamo dove, polvere nelle tombe, polvere nomade sui monti, polvere nelle case sonore del cielo, ci chiediamo infine che città potesse essere la nostra nell’antichità preromana e romana.
Una riflessione conclusiva: Teano è bella anche così poco curata, sdrucita e stinta nel suo arredo urbano, violata nella sua dignità e fulgore. Una bella donna, continua a essere avvenente anche se la si fa piangere, la si maltratta, la si umilia, la si stupra. Non trascuriamo Teano,conosciamola con maggiore intensità, con più cuore, solo così possiamo amarla,averne cura e renderla piacevolmente vivibile. Evitiamo che pianga, evitiamolo con tutte le nostre forze,con tutto il nostro orgoglio, lo stesso indomabile orgoglio dei favolosi antichi Sidicini.
Giulio De Monaco