Caro Direttore,
Scusa se mi dilungo un po’ ma la materia mi coinvolge emotivamente, sarei un pessimo storico. Ti chiedo di ospitare un’ultima "gelsominata", e poi prometto di non scrivere più niente (sull’argomento, non ti illudere).
Non voglio qui polemizzare con l’amico Claudio, al quale mi lega qualche timido ed insufficiente (da parte mia naturalmente) tentativo di cambiare le cose della nostra città ed a cui sono debitore di una recente e preziosa dritta sulla possibilità di far rigenerare in loco i miei amati Borsalino, possibilità che a me sfuggiva. D’altra parte i libri di storici che si occupano dell’argomento ormai sono numerosi (per es., oltre ai classici C.Alianello "La conquista del Sud", A. Spagnoletti "Storia del Regno delle Due Sicilie" o G.B.Guerri "Il sangue del Sud" o anche P.Aprile "Terroni", ci sono R.Martucci "L’invenzione dell’Italia Unità" o N.Zitara "L’invenzione del Mezzogiorno" o S.Lupo "L’unificazione italiana", o i testi di G.Di Fiore, tra cui "I vinti del Risorgimento"; per quanto riguarda l’azione delle potenze europee, è interessante E.Di Rienzo "Il Regno delle Due Sicilie e le Potenze Europee"; se poi uno si vuole male, come me, si compra e si sciroppa la «Storia del Mezzogiorno», 15 volumoni, di Editalia , e potrei continuare ancora per una buona pagina ), ognuno può consultarli per farsi un’idea. Io li tengo nella mia biblioteca, insieme a numerosi altri, e li ho letti e riletti, studiati e ristudiati, e meditati. Tutti. Non solo. Sono ahimè continuamente a caccia delle ultime uscite, dando preferenza a quelli scritti da tecnici della materia, gli storici, a vantaggio di quelli divulgativi, scritti soprattutto da giornalisti. Tuttavia, terrò conto del prezioso consiglio dell’amico Claudio; d’altra parte bisogna aggiornarsi sempre, chi non lo fa resta indietro.
La ricerca storica è in continua evoluzione perché molti archivi solo adesso sono resi disponibili, e pare che ce ne siano ancora da esplorare, soprattutto presso l’Ufficio storico dello Stato Maggiore dell’esercito. È comico ricordare che Paolo Macry ha curato un volume, «Quando crolla lo Stato. Studi sull’Italia preunitaria», Liguori 2003, in cui riporta un intervento di Roberto Martucci, grosso storico, su W. Gladstone che smaschera esattamente la manovra politica celata dietro le "Lettere a lord Aberdeen" in cui è riportata la famosa frase: Gladstone non ha MAI visto una prigione napoletana, e poi «Gli osservatori più avveduti si resero immediatamente conto della natura politica dell’operazione (le famose lettere)….balzando immediatamente agli occhi che il pur duro regime carcerario borbonico nulla aveva di sostanzialmente diverso da quello britannico nella madrepatria». Le stesse considerazioni le svolge il prof. Martucci nel suo testo.
Siamo tutti stati educati nel mito costruito dai vincitori: i nobili piemontesi che venivano a civilizzare e liberare il sud dagli spaventosi Borboni ed avevano trovato peggio dei selvaggi africani, come scrisse l’eroe Cialdini da Napoli. E poi il re nasone, il re bomba, il galantuomo, franceschiello e tutta la paccottiglia risorgimentale che ancora viene servita nelle scuole ( curiosamente viene sempre ricordato il bombardamento di Messina da parte di Ferdinando e mai quello di Genova da parte del Savoia, tanto distrutta e saccheggiata dai bersaglieri che solo di recente la città ha fatto pace con il corpo ospitandone per la prima volta la festa).
Beh pare che le cose non stessero esattamente così. Per quanto riguarda la situazione economica basta sciropparsi le mille e più pagine della pubblicazione dello SVIMEZ del 2011 o le recenti statistiche della Banca d’Italia sul PIL dal 1860 ad oggi diviso per aree geografiche, sono numeri prodotti da enti penso al di sopra di sospetti di partigianeria. La nostra flotta mercantile pare fosse la terza in Europa, e le strutture industriali del Regno non erano certo paragonabili a quelle inglesi, ci mancherebbe altro, però davano la loro bella testimonianza, basti citare qua Mongiana col suo polo siderurgico, Pietrarsa con le sue officine, Castellammare di Stabia ed i cantieri navali, o vicino a noi Solofra per le pelli o Piedimonte Matese con uno stabilimento svizzero, e pure la nostra Città con alcuni opifici (tra gli altri, vorrei citare qui la Statistical Society di Londra che nell’ottobre 1841 pubblicò un rapporto sull’efficienza delle fabbriche tessili del litorale tirrenico napoletano). Non serve leggere trattati troppo ponderosi, basta cercare su internet o al peggio su wikipedia.
La presenza e gli interessi degli inglesi in Sicilia, almeno nelle zone costiere, erano cospicue: come non ricordare la ducea di Nelson a Bronte, o le miniere di zolfo, il petrolio dell’epoca, e la grana che piantarono a Ferdinando II quando tentò di togliergliene il monopolio, o le aziende vinicole della zona di Marsala (ecco svelato perché, di tanti porti, Garibaldi scelse proprio Marsala, non per una insana simpatia per quel vino)? Volevano non conquistare la Sicilia, cosa che avrebbero potuto fare facilmente ma di nessuna convenienza, ma esercitare una sorta di protettorato. D’altra parte qualche anno prima si erano fregati Malta da Ferdinando come compenso per il suo reintegro sul trono dopo l’epopea napoleonica, quindi erano più che interessati al mediterraneo.
Io, per quel poco che può valere, mi sono fatto una mia idea sulla conquista del Mezzogiorno, sulle forze che hanno reso possibile un’impresa altrimenti inspiegabile. Qui è inutile riportarla, tanto ciascuno resterebbe comunque della sua opinione, che potrà cambiare eventualmente da solo, come ho fatto io, senza influenze di altri. Vorrei solo invitare a meditare su cosa è successo dopo la caduta del Regno delle Due Sicilie. Premesso che non mi sento neoborbonico né borbonico per cui non mi frega niente di difendere l’antico regime, ma, ammesso che le condizioni sociali, politiche, economiche, culturali, ed anche etniche, e mi voglio rovinare, perfino lombrosiane, di noi meridionali fossero all’epoca quelle propagandate dai sabaudi, come mai in 150 anni non abbiamo fatto una schifezza di progresso? Può essere che i "fratelli liberatori" non hanno saputo darci di meglio che una feroce dittatura militare per 10 anni, figlia di una legge, la legge Pica, che rendeva possibile la rappresaglia, prima dei nazisti di Hitler? Che lo Statuto albertino valesse per tutti gli italiani tranne che per noi? Guerra civile? E perché mai era necessaria una guerra civile se venivano a liberarci? Se era stato votato un plebiscito che più plebiscitario non si poteva? Se l’esercito si era dissolto? Chi la combatteva questa guerra civile? Qualcuno si è letto il reportage al Parlamento di Giuseppe Ferrari, deputato lombardo, dopo gli eccidi di Casalduni e Pontelandolfo? O le lettere del bersagliere Gaetano Negri al padre? Sono letture molto interessanti che ci fanno capire tanto dello spirito con cui fu fatta l’Unità. Potrei qua riportare quello che disse Settembrini, anni dopo, da Rettore dell’Università di Napoli, o Garibaldi quando meditò su quanto era successo, ma non ne vale la pena, potrebbe sembrare vuota polemica. Dal 1870 è iniziata una emigrazione che non si è più fermata, cosa che storicamente non era mai avvenuta, questa è la amara conclusione.
Si, è vero, anche uno zio di Francesco tifava Savoia, e quando i piemontesi furono alle porte tanti si scoprirono unitari. Chissà perché! Sarà stata una illuminazione dello Spirito Santo, o il sacro fuoco dell’Unità, chissà. Tieni presente l’8 settembre e gli antifascisti? Si, quella cosa là tipica di molti di noi. Quel che è documentato è che i piemontesi erano così corrotti ed abituati a corrompere che Cavour tentò di comprare perfino l’abdicazione di Francesco II, il poverino che aveva lasciato perfino gli spiccioli ai suoi sudditi. Ed è stata l’unità o il governo illuminato dei Savoia a darci democrazia, libertà, progresso, ecc., o non forse quanto avvenuto dopo il 1945? Secondo me, fecero di più per questo De Gasperi, Nenni, Pertini, gli azionisti, anche Togliatti, che non quell’accozzaglia di Savoia e di venduti e traditori che si sono succeduti nel secolo precedente, si, quelli che hanno chiuso tutte le guerre con alleati diversi rispetto a quelli con cui le avevano iniziate. Poi ognuno ha la sua opinione, ci mancherebbe altro. Lungi da me il desiderio di coercizzare o denigrare quella degli altri
Siccome la ricerca storica serve se ci consente di capire l’attualità e di prevedere ciò che può succedere, rebus sic stantibus, ci vogliamo chiedere perché esiste ancora la questione meridionale? Per una questione etnica di noi meridionali? E perché allora tanti meridionali all’estero hanno successo? Venendo ad oggi. Perché l’alta velocità si ferma a Napoli né sono in programma costruzioni di linee a sud? Perché è stata appena completata l’ennesima autostrada attorno Milano (la brebemi) e non viene finanziata manco la progettazione di una autostrada nel Mezzogiorno, ad esempio la Salerno- Avellino o la Caianello-Benevento o qualche autostrada in Sicilia? O perché i fondi strutturali destinati al sud sono serviti in parte per pagare le multe delle quote latte dei leghisti (è interessante leggersi "Mezzogiorno a tradimento" del prof. Gianfranco Viesti)?. Si può continuare all’infinito. La corruzione? La corruzione alla corte dei Borboni si può dedurre, certo, come qualsiasi altra cosa, ma non ci sono scandali rilevanti di evidenza storica, almeno io non ne conosco. Invece lo scaldalo delle Ferrovie Meridionali del faccendiere Bastogi, o quello della Manifattura dei tabacchi, o quello della Banca Romana, sono storia, e ben documentata anche (a proposito delle Ferrovie Meridionali, esiste una lettera di Mazzini che chiede di far partecipare all’affare un suo protetto che aveva finanziato il suo partito, primo esempio provato,che io sappia, di finanziamento illecito ad un partito). Bastogi aveva a libro paga tre quarti del Parlamento, e perfino il re galantuomo, guarda un po’. Ci sarebbe andata meglio se fossimo restati indipendenti? Qua usciamo dalla storia ed entriamo nel tifo, cioè nell’irrazionale, e quindi ognuno può dire ciò che vuole. Certo, peggio di come ci è andata….
Comunque io nel mio scritto volevo porre in evidenza due questioni che mi stanno a cuore e qui brevemente rammento, e sulle quali penso che tutti, non solo Claudio, possano concordare. Sai cosa ho scoperto dopo anni di studi, ricerche, soldi spesi? Le condizioni di noi meridionali non erano quelle che ci sono state propagandate, non siamo figli di un dio minore, come vogliono ancora oggi inculcarci in testa. Infine, il 14 febbraio 1861 i nostri avi, dopo una strenua resistenza, dovettero arrendersi alla preponderanza delle forze nemiche, però salvarono il nostro onore e quello della loro patria. Per chi ci crede naturalmente. Quegli Eroi hanno compiuto l’azione più pura e disinteressata del risorgimento. Ed io, se permettete, me ne sento orgoglioso e li ricorderò il 14 febbraio con commozione e riconoscenza.
Gino Gelsomino
P.S. Ho cercato riscontro alla notizia su Ferdinando II che voleva deportare i prigionieri in Sud America, leggendo dappertutto, da Mack Smith a Montanelli, ma non ne ho trovato traccia. Me ne farò parte diligente e cercherò meglio. D’altra parte, poteva essere logico nel regno "negazione di Dio". Mentre, se la cosa viene ipotizzata nell’Italia unita, libera, da parte dei «fratelli liberatori», forse qualche cosa vorrà significare circa la democrazia e le tante belle cose che ci ha portato l’Unità.