La lingua di un popolo, con la sua evoluzione, è certamente l’indice più chiaro del livello di civiltà raggiunto, ma questo va inteso in senso ufficiale.Il dialetto, invece, trascina con sé nel tempo, generazione dopo generazione, la sfera delle tradizioni, dei rapporti sociali e anche del sentimento: è, come sosteneva Carlo Emilio Gadda, la lingua dell’amore. Ma il vero specchio di una comunità è l’insieme delle espressioni, la mescolanza o l’alternanza di lingua e dialetto, e questo risultail più autentico linguaggio della nostra società.
Il punto fondamentale è quindi l’alternanza tra la lingua e il dialetto, questa coesistenza è quasi imprescindibile: può prevalere l’uso dell’una o dell’altra ma certamente è inusuale e comunque negativo oggi l’utilizzo esclusivo del dialetto ma anche quello dell’Italiano.
Una cosa è certa: se prima l’Italiano era ad uso esclusivo dei pochi eletti istruiti, oggi fortunatamente è alla portata di tutti ( o quasi), ma anche il dialetto ha una sua importanza.
Intanto il teanese, come tutti i dialetti, ha un’anima: un punto di riferimento fermo e reale, fisico e geografico che è il centro storico della città.
Questo è dimostrato dai modi di dire più frequenti come ad esempio ‘mmiez ‘a piazz oppure ‘mmiez u cors’, o ancora ‘mmiez a u munument. In questi casi, il termine ‘mmiez certamente non indica il centro di nessuno di questi luoghi, bensì il fatto che gli stessi sono situati al centro della città. Per indicare luoghi che si trovano oltre le mura, diciamo invece for ‘a funtanad esempio, oppure for ‘a porta Rua. Ma lo stesso discorso vale anche per il sopra, il sotto o abbascie che è indicativo di sottoposizione ma in lontananza. Insomma, nel nostro dialetto, per indicare un luogo che si identifica già dal nome, noi comunque forniamo per abitudine la precisa collocazione dello stesso, ma sempre rispetto al centro storico.
Tornando invece all’alternanza nell’uso dell’Italiano con il dialetto, cosa interessante è notare quelle che appaiono quasi delle norme che regolano l’utilizzo dell’uno o dell’altro verbo: dove, quando, come e perché si tende ad usare l’uno o l’altro.
In genere si tende ad utilizzare certamente più il dialetto per far ridere, ma anche nei litigi, nei pettegolezzi e quando si parla con familiari o amici più stretti o di vecchia data, oppure nei commenti più spontanei e immediati. L’Italiano è invece più usato, ovviamente, in presenza di persone poco conosciute, quando ci si rivolge a bambini, quando si espongono argomentazioni tecniche, scientifiche, professionali, oppure quando si parla di politica o religione.
Riguardo ai luoghi, in linea di massima si tende a parlare il dialetto in quelli che più si considerano familiari e quindi la propria casa, l’automobile ma anche lo stadio o le strade del proprio paese. Al telefono invece, soprattutto se si è fuori città e da soli, l’Italiano è decisamente preferito.
Un’ulteriore differenziazione sta nelle fasi della giornata e, in genere, la serata segnala la preferenza del dialetto, un po’ come se quella parte delle giornata fosse dedicata più alla intimità, alla familiarità.
Chi vive lontano da Teano, spesso, ha meno opportunità di parlare in dialetto fino a perderne quasi l’abitudine. Talvolta questi, magari al telefono, iniziano la conversazione in Italiano per poi passare gradatamente al dialetto. In altri casi invece, si nota da subito una gran voglia ed il piacere di parlar teanese.
Ma negli ultimi anni il modo di parlare il nostro dialetto, che si sa essere diverso da altri dialettidi zone anche relativamente a noi vicine, cambia per molti a seconda delle situazioni. C’è infatti, quando si dialoga con qualcuno che non sia teanese seppur campano, una inclinazione ad ammorbidirlo, a renderlo meno marcato quasi come per nascondere la grande differenza che può esserci ad esempio tra il nostro e quello napoletano.
Lo stesso meccanismo scatta spesso anche per chi proviene dalle frazioni, che hanno dialetti diversi anche da quello parlato a Teano centro. Anche in tali casisi usa modificare all’occorrenza il proprio dialetto: non per imitarne altri ma semplicemente per non calcarne le differenze.
Insomma, col passare del tempo, grazie alla notevole diminuzionedell’analfabetismo e ad un continuo innalzamento del livello culturale generale, l’uso e la conoscenza dell’Italiano crescono. Ma il dialetto, pur con dei cambiamenti, resiste e forse meriterebbe anche una sorta di attenzione e di salvaguardia poiché rappresenta indubbiamente l’elemento più significativo della nostra identità culturale.