43 GIORNI IN CELLA PER UNA CONDANNA A 20 GIORNI. QUANTO IMMERITATO AFFETTO PER UN ‘NON PROTAGONISTA’ DI UNO STUPIDO ROMANZO D’APPENDICE!
Allora, dov’eravamo rimasti? Buon per me che sulla questione della P3 e del dossieraggio anti Caldoro mi ero messo in vantaggio, scrivendo nei proverbiali tempi non sospetti del famoso “discorso dei frocetti”, vangelo apocrifo del “discorso della montagna”, durante il quale Gesù riunì una moltitudine, mentre al Crowne Plaza, ad ascoltare Cosentino, ce n’erano molti di meno, ma mica poi tanti di meno.
Poi le cose sono andate come sono andate e dalla mia branda carceraria ho letto che a Caldoro volevano far fare la fine di Marrazzo. Insomma, mentre altri si affannavano a ricostruire, a dedurre, a interpretare le parole pronunciate nelle telefonate intercettate, il sottoscritto si era messo l’anima in pace già due mesi prima delle elezioni, scrivendo chiaro e tondo che quella frase sui frocetti, estranea allo storico lessico cosentiniano, serbava un trappolone che poi i tre “pensionati sfigati” non sono stati in grado di far scattare. Il discorso dei frocetti rappresenta un elemento di riscontro se non di tipo giudiziario, quanto meno di tipo giornalistico. Ma ognuno di quelli che hanno scritto sulla P3 e sui dossier assortiti, ha incredibilmente ignorato questa relazione logica, anzi logicissima tra quel discorso del Crowne e l’operazione di sputtanamento di Caldoro, della quale relazione ha capito tutto, invece, allorquando gliel’ho spiegata, finanche il mio collega detenuto, fedele compagno di passeggio, che proprio nei giorni del discorso dei frocetti era impegnato, invece, a strangolare la madre per una questione di terreni ancora non divisi tra gli eredi.
Dov’eravamo rimasti? Alla politica povera, evanescente, senza costrutto, senza visione che nei 43 giorni in cui ho indossato il pigiama a strisce, è anche peggiorata, da quello che mi raccontano affidabili colleghi.
43 giorni di carcere scontati per una condanna di 20 giorni. I conti non tornano. Ma quando c’è di mezzo il sottoscritto, la sua vita trasognata, disordinata e scriteriata può succedere anche che un giornalista finisca in galera per il reato colposo di omesso controllo e che sconti una pena doppia rispetto a quella dovuta. Insomma, ai confini dell’impossibile. Una storia buffa dei cui effetti mi ritengo il primo responsabile, dato che di fronte a una legge tanto stupida, anacronistica, antistorica, ho pensato di strafottermene, ritenendo che mai sarebbe stato possibile finire in carcere perché un direttore, magari con un editore a sua volta ristretto (in quel caso cautelarmente), con la necessità di trasformarsi durante la giornata in redattore, desk, grafico, fotografo e pulitore dei cessi della redazione, alla fine di tutto questo non trovasse la comodità di andarsi a rileggere 350 articoli vergati delle leggiadre penne di volenterosi dell’informazione, di ragazzuoli raccattati qua e là e abbagliati dalla prospettiva di guadagnare la stratosferica cifra di 50 euro al mese per scrivere due o tre articoli (si fa per dire) al giorno. Ecco perché questa è una legge stupida, iniqua e vessatoria. Ecco perché occorrerebbe una mobilitazione civile e morale da parte degli operatori dell’informazione, per spingere con un’adeguata azione di lobbing , i legislatori a depenalizzare questo reato, prima di impegnarsi in poco onorevoli operazioni liberticide contro l’informazione, così come sta accadendo con la vicenda della legge sulle intercettazioni.
Purtroppo, però, la disavventura è capitata al giornalista sbagliato, a un ormai patologico cane sciolto. E allora l’unico sussulto che la bulgara consorteria che governa unanimisticamente la nostra categoria è stato quello del notarile, quanto dovuto atto di sospensione di questo storico scassa cazzi dalla poco libera corporazione dei cantastorie. Diversamente si è comportato il sindacato, grazie soprattutto all’azione solidale, disinteressata e affettuosa del mio vecchio e caro amico sannita Billy Nuzzolillo, che, finalmente è entrato nell’organismo di rappresentanza dell’Assostampa campana e che si è impegnato senza risparmio in un’azione testimoniale che non serve e non servirà a me, dato che io anomalo sono e anomalo rimarrò, ma che pianta un paletto completando il senso di un impegno all’interno di un sindacato che dovrebbe avere come sua unica missione, come sua unica sua ragion d’essere la difesa della categoria che rappresenta.
Questo è quanto dovevo al risvolto impersonale,diciamo così, politico, che è infinitamente più importante della mia vicenda personale, dei 43 giorni di carcere che chi mi conosce bene sa ancor più bene che non potranno mai fiaccare le energie di uno che considerandosi, sempre più o meno patologicamente, un primo della classe, tale vuole essere anche quando c’è da tirare fuori i marroni per stare in tre persone in una cella di 12 metri quadrati con cesso allegato al fornellino della cucina e con tremila zanzare che ti spolpano vivo..
E’su un’altra cosa che vorrei, invece, soffermare questi miei primi pensieri al ritorno “dall’Hotel Capodimonte di Benevento”: in questa mia vicenda, gli apparenti protagonisti hanno finito per svolgere una funzione secondaria, da corifei più che da tenori. ‘Sto Guarino che tutto sa lui e che dice che tutto capisce, fa, infatti, una figura barbina, finendo dietro le sbarre quando aveva sempre pensato di poterle scansare più o meno tranquillamente.
Non ne parliamo proprio dell’altro annunciato protagonista di questo estivo romanzo d’appendice. Pensate che il Corriere di Caserta, ancora oggi, anno del signore 2010, con tremila siti internet di informazione mordi e fuggi, ritiene che valga ancora la regola che nascondere una notizia tanto eclatante, significhi ridurre la misura della sua propagazione. Povero me, che cazzo di giornale ho diretto per cinque anni e più? A quale causa ho affidato il pegno della mia obesità, oggi fortunatamente riscattata, dei mie gravi disturbi oculari; a chi mai ho dato in dono i miei guai e anche la croce di 43 giorni di galera?
‘Ste robe qui potevano funzionare ai tempi della Pravda, che, durante gli anni dell’impero sovietico, era l’unico giornale che le rotative sputassero fuori da quelle parti. Arrivo a dire che sarebbe molto meglio che la censura calata dal giornale che fu del direttore imprigionato sia frutto di un calcolo cinico, di un’architettura codina, dell’espressione machiavellica con cui il Corriere di Caserta connota da sempre le sue strategie pensando che si possa arrivare a diventare un grande giornale o anche un normale giornale in grado, però, di fare opinione, solo applicando le regole del Monopoli o del “Piccolo chimico”, mescolando le stesse a una paranoia paternalistica con tanto di gretta deriva familistica. Sarebbe, dicevo, comunque, molto meglio questo che aver nascosto la notizia con l’idea ridicola che questa si propagasse di meno.
Messi a posto i "due protagonisti – non protagonisti", veniamo, invece, ai veri eroi di questa storia. Il popolo di Casertace, migliaia e migliaia di attestati di solidarietà,.Un conforto, che ha reso più lieve la mia restrizione, ma che ha soprattutto aiutato i miei congiunti a sopportare meglio il dolore che stupidamente ho inflitto loro. Sapere di avere un figlio o un fratello in carcere è durissimo, ma sapere che questo figlio e questo fratello è considerato una persona onesta materialmente e intellettualmente da tutta questa gente, aiuta eccome, enisce in piccola parte la pena. Alla gente di Casertace va il mio commosso ringraziamento. Vi ripagherò aumentando al si sopra di ogni umana immaginazione il mio impegno professionale. So bene cosa volete da me e so bene perché mi amate. Vi dico : i topi hanno ballato per quaranta giorni, per il tempo della mia quaresima. Ma le loro danze e i loro brindisi, che pur ci sono stati, presto lasceranno il posto al duro confronto con la necessità di dover dare conto del loro operato di rappresentanti del popolo e di pubblici funzionari..
Potrei sgranare una sequenza lunghissima di nomi di persone che mi hanno rovesciato addosso camionate di affetto non convenzionale. Ma mi sto adoperando per farlo in privato. Ma qualche cosa devo concedere alla causa della riconoscenza dichiarata,verso chi sui è fatto letteralmente in quattro per me, pur non avendo mai avuto da me nessun vantaggio di tipo materiale. I colleghi Elio Zanni e Marco Gallo, che hanno tenuto in piedi la bandiera di Casertace, anche grazie all’impagabile contributo della meravigliosa Marilena Natale, reso possibile anche dalla disponibilità della Gazzetta di Caserta, cioè del giornale per cui lavora. Un sentito, riconoscente ringraziamento va all’ormai mio fraterno amico Francesco Marino, che mi ha ripagato di pensieri, ma anche di tante generose opere e che così ha ricambiato la “cortesia” che gli feci 8 anni fa quando, da bieco esecutore materiale di un ordine superiore, lo cacciai in malo modo dal Corriere di Caserta.
Che dire di Srefania Modestino! Finanche dalla cella sentivo il suo calore e il suo sostegno. Stesso discorso per l’affetto mostrtomi dalla collega e amica Marilì Musto
Poi c’è un angelo…., divenuto angelo custode……ma questa è un’altra storia. Mia, intima. E me la tengo conservata gelosamente come il più prezioso dei miei tesori.
Una notazione finale: dopo anni in cui non mi sono difeso per una sola volta, quando ho capito che in galera ci sarei finito veramente, ho deciso di chiamare in mio soccorso un atro mio grande amico: Raffaele Gaetano Crisileo. Semplicemente il miglior avvocato penalista di questa provincia,tra i dieci migliori d’Italia, come ha ampiamente dimostrando, tirandomi fuori addirittura con un "bonus" o "malusdetenzione eccedenteingiusta detenzione.
Ora, bando alle chiacchiere. Casertace c’è e ci sarà sempre di più.
Classe '95 Giovane e Intraprendente internauta.
Digital Champion di Teverola, Aspirante membro del forum giovanile Teverolese.
Attivo nel sociale e nella web psychology, tra i vari hobby ho quello dell'illusionismo e della fotografia.
Per gentile concessione del Direttore i lettori potranno , attraverso il libro qui pubblicato, ripercorrere gli eventi che hanno portato alla realizzazione del Monumento equestre sito in Largo Croci a Teano.
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