In tanti abbiamo rievocato uno stile di vita teanese di anni fa: abbiamo rianimato nei ricordi il centro vitale della nostra città, all’epoca il più fiorente ed attivo dell’alto Casertano.
Insieme ne abbiamo rivisitato molti luoghi di attività artigianali e commerciali che lo rendevano vivibile e piacevole per noi residenti e per chi si trovasse a visitarlo; abbiamo ricordato numerosi personaggi diremmo “pubblici” che per la loro serietà di mestiere e disponibilità personale, sovente unita ad una caratteriale sagacità, rendevano piacevoli e ricercati i rapporti umani.
Di molti abbiamo sbadatamente non riportato la esistenza su questo foglio, ma ne abbiamo stimolato la ricerca ed il ricordo nei numerosi lettori che hanno dato tangibile prova di partecipazione e di preziosi suggerimenti: anche di organizzare una “giornata di giri per il corso” vecchio stampo.
Siamo felici di averlo fatto e soddisfatti della rispondenza dei compaesani; ma il tutto resterebbe solo una piacevole ma non costruttiva rievocazione ambientale e, perdonatemi il parolone, storica, se non ci approntassimo, con la dovuta modestia, a studiarne i motivi generali e locali di un cambiamento sociale che si è rivelato un lento, costante, dirimente scomparire di tutto quello che avevamo, che era nostro perché affondava radici nella nostra storia, e declassare il paese all’ultimo posto tra quelli del circondario.
So benissimo, per profondo convincimento suffragato da anni ed anni dedicati per passione, e solo per passione, alla osservazione dei fenomeni locali comparati a quelli nazionali, e questi a quelli mondiali, che mai come nell’epoca che viviamo sono stati così strettamente connessi; so benissimo, dicevo, che tutto, assolutamente tutto, su questo pianeta e nell’universo intero, è dominato da incessabili cambiamenti. E’, in effetti, il realizzarsi del “panta rei” (tutto scorre) di Eraclito: uno dei pochi punti fondamentali della filosofia che nessun altro pensatore mai è riuscito neppure a scalfire, pur nella abbondante messe di speculazioni di pensiero succedutesi nei secoli in tutto il mondo. È il “movimento” l’anima di tutto il creato che domina la natura e l’uomo, che di essa fa parte. ed il suo pensiero, ed il suo modo di vivere. E credo che nessun essere vivente sia mai riuscito a trovare altre dimostrabili “verità assolute”. Sono in continuo movimento gli elettroni attorno al nucleo di ogni atomo, la cosa più piccola in assoluto, così come sono in movimento i pianeti, gli astri, le costellazioni, sempre in continua costante espansione di tutto l’Universo.
Così cambiano necessariamente le cose umane, assieme a quelle della natura. Cambiano i modi di vivere, di organizzarsi, di relazionarsi, di proiettarsi nel futuro che incombe ed avanza con velocità sempre maggiore, bruciando e banalizzando il presente e figuriamoci il passato. Ma non spaventiamoci: è sempre stato così.
Il “cambiamento” allora è inevitabile; è la fonte stessa di vita, necessario e spontaneo, anche nella sua accezione di “adattamento” ad altri cambiamenti. È come il gioco della carambola, nel quale le bocce continuano ad urtarsi e spostarsi e non è statisticamente impensabile che possano, alla fine, ritrovarsi nella medesima posizione di partenza.
Assodato questo, non possiamo far altro, allora, che passare, e questo ci è consentito, ad analizzare le “qualità” del cambiamento: se sono buone o cattive, comode o scomode, migliori o peggiori di quelle ad esso preesistenti, favorevoli o no, foriere di miglioramenti o peggioramenti anche futuri, e via discorrendo. E qui ci imbattiamo in un altro grande pensatore dell’antica saggezza greca, Protagora di Abdera, per il quale “è l’uomo la misura di tutte le cose”. È l’uomo, il singolo uomo, al quale una cosa appare buona e da perseguire, mentre ad un altro uomo la stessa cosa appare nefanda e da evitare: è l’uomo singolo che stabilisce se il “cambiamento” avvenuto, nella fattispecie, abbia portato cose tali da farlo giudicare migliore o peggiore del preesistente: dai maggiori giudizi singoli e simili nasce poi un giudizio condiviso da considerare “universale”.
Fatte queste necessarie considerazioni, passerò, alla luce di esse, semplicemente ad elencare, grosso modo, le cose esistenti a Teano cinquant’anni fa e quelle esistenti oggi; di quel che c’era e di quel che non c’è più. Ma anche di quello che non c’è ancora, raffrontandolo alle aspettative che un cambiamento sociale sempre costruisce ed alimenta; perché, diceva ancora Protagora, l’uomo è la misura di “tutte le cose”, di “quelle che sono in quanto sono”, ma anche di “quelle che non sono in quanto non sono”.
Ci diamo quindi appuntamento al prossimo articolo; ma non smettete di farmi conoscere i vostri pareri su questo metodo che vorrei adottare.
Ho la sensazione che, assieme, potremmo costruire qualcosa non banale per questa nostra città: sarà infatti dalle vostre segnalazioni che potrò trarre ulteriori spunti e proposte.
Claudio Gliottone