Pochi, molti? Entro quale orizzonte temporale deve collocarsi il giudizio su un progetto iniziato venti anni prima e ampliatosi nel frattempo a costituire uno dei due poli di visita del parco archeologico urbano di Teanum Sidicinum insieme al teatro aperto al pubblico nel 2009?
Il Museo si aprì a seguito di un investimento complessivo calcolato in 7,2 milioni di euro. Per il teatro sono stati spesi 7,3 milioni di euro. Volendo fare un rapido consuntivo dei visitatori che hanno varcato la soglia dello storico edificio Monumentale del Loggione, considerato che la media è di circa 10.000 l’anno, il conto è presto fatto: centomila persone hanno frequentato il Museo di Teanum Sidicinum. Se si ponesse il discorso in termini meramente economici, qualora tali visitatori avessero pagato un biglietto anche solo di 2 euro, questo avrebbe consentito di raccogliere 200.000 euro, pari a 20.000 euro l’anno. E’ chiaro che il divario tra investimento iniziale, spese vive per il personale e possibili guadagni è, allo stato, incolmabile.
Qualora però ciascuno dei visitatori avesse comprato almeno una cartolina a 50 centesimi, sarebbero stati incassati 50000 euro e il gioco potrebbe continuare allargandosi all’indotto: al costo di un panino, di un caffè o di una bibita, di un pasto per adulto anche solo per il 50% o il 30% del totale dei visitatori. Le cifre sarebbero tutt’altro da disdegnare nel contesto teanese.
Invece per una precisa scelta culturale, che lasciava però più ampio spazio alle iniziative da parte delle imprese raggruppabili nell’”indotto”, il Museo così come il teatro sono completamente gratuiti.
Tralasciando i pur importanti temi economici e ritornando alle centomila persone che ci hanno visitato, sono due le domande che ci si potrebbe porre: chi sono questi visitatori e cosa è stato loro offerto. Entrambe le questioni non sono banali. Al di là della sin troppo facile analogia con i classici estremi economici della domanda e dell’offerta, il tema individua i due elementi fondamentali intorno ai quali dovrebbe costruirsi l’attività di un’istituzione culturale quale un museo. E utilizzo a proposito il termine “istituzione culturale” perché, pur non essendo formalmente né Istituto, né autonomo, il Museo di Teano è stato impostato per funzionare in maniera complessa e non come semplice sala espositiva dei risultati degli scavi della Soprintendenza. La precedente affermazione è confermata dal progetto stesso di restauro e allestimento dell’edificio monumentale del Loggione, curato dal compianto Paolo Cercato e dall’architetto Enrico Guglielmo: l’area espositiva convive con depositi, sale di laboratorio e di lettura, con una sala conferenze, un locale originariamente destinato a biblioteca e con una foresteria. Le collezioni, che non sono storiche né derivano dallo scorporo di più ampie raccolte, sono totalmente costituite da materiali provenienti da scavi compiti dalla Soprintendenza nell’ambito della propria opera i tutela del patrimonio archeologico del territorio. I soli elementi scientificamente vincolanti sono l’omogenea area di provenienza territoriale e il criterio dell’esposizione per contesti di ritrovamento. Il rapporto tra materiali esposti e reperti conservati in deposito è ampiamente sbilanciato verso il secondo punto il che apre la possibilità/ dovere di effettuare la rotazione delle esposizioni in ragione dello sviluppo degli studi e dell’avanzamento dei restauri. Il Museo di Teano non è solo costituzionalmente dinamico al proprio interno, ma è anche un Museo aperto verso gli stimoli provenienti dal territorio ed esso stesso ha svolto la funzione di catalizzatore di molte attività culturali. Nel corso del primo decennio di vita, il Museo ha infatti promosso ed ospitato gli eventi più vari per natura e tema: da esposizioni temporanee a rassegne di arte ed artigianato, da conferenze a concerti, da convegni ad attività didattiche.
Ma torniamo ai due oggetti di interesse intorno ai quali ruota o dovrebbe ruotare l’attività di un museo: i visitatori e l’offerta di servizi culturali. I visitatori li conosciamo miniera approssimativa: sappiamo quanti sono all’anno, possiamo distinguere gli italiani dagli stranieri, potremmo analizzare la documentazione di registrazione degli ingressi per ricostruire la provenienza, abbiamo una vaga idea che almeno il 50% del nostro pubblico è costituito da utenti che hanno meno di 18 anni. Come si vede abbiamo una conoscenza molto lacunosa e manca ogni impostazione per analizzare quella che in termini di marketing si definisce la “costumer satisfaction”, cioè le aspettative, i bisogni e il gradimento del pubblico. Circa i servizi offerti all’utenza, la rassegna delle numerosissime attività proposte dal Museo (14 mostre, 5 progetti didattici con le Scuole, 4 convegni, 2 cicli di conferenze, decine di visite guidate, laboratori e incontri con archeologi) attraverso la Soprintendenza di cui esso è diretta emanazione, alle quali devono aggiungersi le manifestazioni curate dal Centro didattico del Comune che gestisce la Sala Conferenze, le manifestazioni organizzate dalle Associazioni locali, non deve tradire. Esse hanno avuto carattere episodico o periodico, ma non si sono mai configurate come servizi permanenti all’utenza. La totale assenza di un budget assegnato annualmente al Museo, fatta esclusione delle spese fisse per stipendi, manutenzioni e utenze, ha sin dai primi anni configurato una enorme discrasia tra potenziale progettuale e culturale del Museo ed esiti concreti nella prassi quotidiana. Quasi tutte le esposizioni, le mostre e le attività culturali sono state realizzate con minimi finanziamenti e con l’insostituibile supporto delle Associazioni di volontariato, ovvero grazie all’abnegazione del personale della Soprintendenza. Non è stato intrapreso alcun programma di rotazione delle esposizioni, né di mostre temporanee, pur essendo agli atti della Soprintendenza, oltre a quelli realizzati, i progetti preliminari di due altre impegnative esposizioni (“Teano medievale” e “Indagini sulla Memoria. Dal furto alla restituzione. La Campania antica nei materiali del sequestro a Giacomo Medici”).
Come uscire dalle attuali difficoltà di gestione e passare dalla sopravvivenza, di per se non disdegnabile, alla piena attività? Tali attività possono/devono svolgersi solo all’interno del singolo Museo o non sarebbe opportuno concepire programmi di scala territoriale più ampia, per ambiti culturali omogenei, considerato che Teano non è un caso isolato nella Terra di Lavoro che annovera entro i suoi confini altri sei musei statali (Alife, Atella, Calatia, Capua antica, Museo dei Gladiatori e Antiquarium di Sessa Aurunca)? E come moltiplicare gli effetti di tale attività combinandola in maniera virtuosa con l’indotto che ne potrebbe/dovrebbe derivare sul territorio?
Questi sono i problemi con i quali il Museo di Teanum Sidicinum deve oggi confrontarsi per aprire prospettive di un futuro culturalmente sostenibile. In ogni caso ciò che appare sin d’ora imprescindibile è un più stretto rapporto con il territorio di appartenenza non solo mediante la collaborazione con le istituzioni locali, essendo il legame con il Comune stabile e consolidato, ma promuovendo azioni da parte di Associazioni e privati a sostegno del Museo di Teanum Sidicinum che al volgere di questo decennio può a giusto titolo definirsi un Bene culturale insé.
L’Associazione Amici del Museo di Teanum Sidicinum potrebbe essere uno di questi soggetti capaci di supportare e stimolare, sia pure gradualmente e sulla base per così dire delle forze in campo, quelle pratiche virtuose di studio e programmazione delle attività in mancanza delle quali l’orizzonte temporale di vita del Museo si vedrà irrimediabilmente ridotto.