In uno dei suoi più recenti libri, lo psichiatra Vittorino Andreoli, nel riferirsi scherzosamente all’”homo stupidus stupidus”, antagonista del presunto “homo sapiens sapiens”, parla del “potere” , che , a suo parere, può essere considerato sia un verbo che un sostantivo: – il primo esprime la possibilità di compiere ciò che si vuole per il semplice fatto di poterlo fare, dunque “faccio perché posso” e, in questo modo, non si rende necessaria alcuna motivazione che riguardi il senso dell’azione.….. L’azione, dunque, trova fondamento nel potere, è tutta centrata sull’io, anche se si esprime sull’altro da sé, sul mondo….. È possibile parlare in questo caso di egocentrismo, narcisismo, interesse individuale: termini che contraddicono uno dei fondamenti dell’uomo, che è il bisogno della relazione e dei legami simmetrici -.
Invece: – il potere, sostantivo, non necessariamente coinvolge l’io come esclusivo punto di riferimento. Permette di legare il proprio potere, motivandolo, al servizio degli altri-. Il potere in questi termini, continua, potrebbe essere chiamato anche con altri termini: autorevolezza, grandezza, capacità di insegnare a vivere, professionalità. Sono le caratteristiche del Maestro!
E questa situazione – E’ esattamente il contrario della situazione del “potente” che ha bisogno di una platea per ottenerne l’acclamazione, l’obbedienza, pretesa dai singoli ed ottenuta con la forza, fino a ritenere colpevole colui che non vi si assoggetta (come i dissidenti) -. E allora “la forza del legame con il despota è ottenuta per mezzo del terrore, la forza del Maestro è invece empatica…-. Perché il “legame” è una delle caratteristiche dell’animale uomo, che sa distinguersi: – non nel fare massa, ma nel costruire una rete umana che attribuisce a ciascun uomo la posizione di un nodo, da cui partono e a cui giungono i legami con gli altri nodi. E così si genera una struttura: ogni singolo ne rappresenta una parte contribuendo alla sua costituzione e ricevendo nel contempo gli effetti dell’intera rete-.
E conclude ad esempio: – Mi sembra che meriti attenzione la figura del direttore d’orchestra, che non suona nessuno strumento, ma ha la capacità di armonizzarli tutti. Non è un dittatore, e sa benissimo che, se l’orchestra non avverte un legame empatico con lui e al suo interno, l’interpretazione sarà un disastro. Alla fine dell’esecuzione, riceve l’applauso che, però, subito distribuisce ai vari comparti dell’orchestra, perché sa che non sarebbe nulla senza di loro.
Il potere come verbo definisce colui che crede di essere tutto e di non aver bisogno di nessuno.
Il potere come sostantivo è l’espressione di chi fonda il proprio ruolo sugli altri e senza di loro sarebbe zero.-.
Non sarebbe male che qualche “potente” nostrano leggesse e meditasse un po’ su queste righe che non sono mie, ma di un grande studioso della psiche umana.
E che lo facessero anche i suoi amici che “fanno massa”, ma non sono ancora riuniti in una “rete umana”.
Claudio Gliottone