Quando ormai Piazza San Pietro e via della Conciliazione si sono trasformate in un’unica gigantesca distesa di ombrelli, succede infatti che il cielo sulla Sistina si colori inconfondibilmente di bianco.
Sono le 19.06, la fumata è densa e sembra non finire più. Dura per un quarto d’ora buono mentre le campane della Basilica suonano a festa e la piazza avanza d’impulso verso il sagrato, grida, si abbraccia, piange, si illumina dei flash di migliaia di macchinette fotografiche. La banda dei carabinieri in alta uniforme esegue l’inno Vaticano e in successione quello di Mameli.
Ma chi sarà questa volta il prescelto? “L’importante è che sia qualcuno che sappia portare la croce” rispondono dalla folla alcune persone, che di Conclavi ne hanno già visti dal vivo ben tre.
Una sorpresa che si è rinnovata quando il protodiacono, cardinale Jean-Louis Tauran, ha pronunciato l’atteso “Habemus Papam” e il nome del nuovo pontefice, quello del gesuita, arcivescovo di Buenos Airse, Jorge Mario Bergoglio, 76 anni, che ha scelto di essere Papa Francesco.
Il primo sudamericano della storia ad affacciarsi alla loggia di San Pietro è apparso poco dopo le 20, senza indossare la stola, in segno di umiltà.
“Sembra che i cardinali siano venuti a prendere il nuovo Papa quasi alla fine del mondo” esordisce con voce emozionata ma ferma e dolce nello stesso tempo. “Alla fine del mondo”: quattro parole destinate a restare nella storia e nel cuore di tutti i fedeli.
Papa Francesco rivolge subito un pensiero al suo predecessore Benedetto XVI che chiama “vescovo emerito” e prima di dare la benedizione chiede al popolo di Dio una preghiera per sé. Per la prima volta nella storia, il 266esimo successore di Pietro, recita, insieme alla piazza, visibilmente commossa, il Padre Nostro seguito dall’Ave Maria e dal Gloria.
Ogni Papa fa storia a sé. Guardando però ai più recenti predecessori di Francesco, si riconosce in Jorge Mario Bergoglio lo stile di Giovanni Paolo I.
Anzitutto perché porta stampato in volto lo stesso «sorriso di Dio». Poi per la simile vita frugale – entrambi, da preti come da cardinali, non hanno mosso un dito per fare «carriera»; si sono limitati, sempre e soltanto, a professare la catechesi; hanno mostrato una grande attenzione per gli ultimi del mondo, a partire dalle popolazioni africane e sudamericane.
Le sue forze saranno principalmente due: la semplicità dei costumi di vita e la distanza tenuta dalle gerarchie ecclesiastiche.
Il cardinale Bergoglio è venuto a Roma tre, massimo quattro volte ogni anno, e solo se convocato esplicitamente. Non intrattiene frequentazioni con i suoi colleghi cardinali e potrà fare pulizia nel clero senza la necessità di mantenere equilibri personali e «politici». Anche grazie alla forza numerica del suo popolo di riferimento, quello del Sud America, dove il cattolicesimo è in piena espansione.
Con lui, con Bergoglio, il Vaticano può davvero cominciare «un nuovo cammino di evangelizzazione». Già per il nome scelto, Francesco, davvero rivoluzionario, al punto da indicare una Chiesa pauperistica e spirituale, opposta allo sfarzo del potere temporale.
Padre Ugo Ryan, viceparroco di origini irlandesi in una Chiesa romana, sottolinea la scelta del nome Francesco come simbolo di fraternità, amore, semplicità e soprattutto di povertà.
Fonte: Panorama.it