In occasione del 26 ottobre 2023, ci teniamo ad offrire un nostro modesto “obolo” consolatorio all’amico Fernando Zanni il quale tanto si rammarica con un Suo profondo intervento su CasertaCé Teano rispetto all’’ennesima nefandezza perpetrata dalla “Sua” Amministrazione. Il nostro “obolo” consolatorio lo forniamo attraverso un nostro intervento su queste Pagine del 14 novembre 2021. Sperando, così, di fargli cosa gradita.
Le abbiamo provate di tutte. Abbiamo tentato con la “filosofia della politica”, con la “sociologia”, persino con “l’antropologia”, ma nulla è riuscito a scalfire l’indolenza, la sciatteria, l’apatia, la pigrizia, la spocchia, l’insensibilità di una (A)amministrazione rispetto alla “barbarie”, “inconcludenza”, “incapacità gestionale”, “offesa” e “vilipendio” con cui ci si è posti nei confronti di una Città (Urbs) indegna casa di altrettanti indegni (G)governanti. In poche parole una vera e propria “Congiura dei pazzi” contro i propri stessi Avi (bisnonni, nonni, genitori) e persino figli e nipoti. Tant’è. E, allora? Quale altra “giustificazione” di fronte a tale forma di “delirio distruttivo”? Un “delirio” ben descritto nel volume “Nerone, autocrazia, arte e delirio” di Luca Antonelli. E, visto che tutti i nostri tentativi non hanno soddisfatto i nostri perché su tale procurata “decadenza” alla Città di Teano ci proviamo anche con Francesco Lamendola, filosofo e Presidente dell’Accademia Adriatica di Filosofia “Nuova Italia”. Pubblichiamo qui a conoscenza di tutti quei numerosi Teanesi, i quali, come noi, debbono, inermi, subire tale procurata “decadenza” alla Città di Teano, alcuni passi di quanto sta registrando (di questi tempi) il filosofo Lamendola e, magari, poter fare un ulteriore raffronto con quanto sta succedendo nella nostra ex Nobile Teano. Andiamo a leggere Lamendola: “La società contemporanea si distingue soprattutto in una cosa da tutte le società del passato: il fatto che in essa non è la minoranza responsabile, sana, animata da un atteggiamento positivo verso la vita, a svolgere la funzione trainante, non necessariamente in qualità di classe dirigente, ma anche solo come coscienza e modello ideale per gli altri; bensì una costellazione composta di spostati, di nevrotici, degenerati, libertini, ossessi e disperati che condiziona la vita dell’intero corpo sociale che, pur non essendo capace di svolgere funzioni direzionali, ha fatto in modo da pesare in maniera decisiva sulle scelte di tutti, condizionando la politica, l’economia, la cultura, e svolgendo di fatto una funzione contro-dirigente, nichilista e distruttiva, che si compiace del nulla e gode di bloccare i processi virtuosi e le possibilità espansive. Stiamo parlando di una minoranza, peraltro sempre più consistente, di persone disancorate, senza saldi valori, senza punti di riferimento, e che neppure ne vorrebbero avere; di persone che detestano l’ordine, la pace, il bene, e rivestono la loro malattia psichica di nobili panni, ad esempio auto-proclamandosi coscienza critica di una borghesia ipocrita e imbelle; di falliti rancorosi, di relitti sociali che galleggiano alla deriva ma non ammettono il proprio fallimento, non riconoscono la loro pochezza e riversano su tutti gli altri le cause dei loro insuccessi, sventolando improbabili patenti di nobiltà morale o di genialità creativa o di autentico amore del progresso civile, che si manifesterebbe anzitutto, secondo loro, nello smascherare le finzioni altrui e nel denunciare le colpe nascoste di quelli che hanno la sola, vera colpa di saper vivere, di aver cresciuto una famiglia, di aver creato una piccola impresa, di aver lavorato duramente per costruire qualcosa che resta, mentre essi nulla sanno produrre se non amari lamenti e rampogne interminabili….”.
Ecco, ce l’abbiamo fatta! Come ultimo disperato tentativo, ci siamo avvalsi di Lamendola per descrivere senza infingimenti e senza ipocrisia ciò che, oltre che in qualità di Direttore, anche in qualità di Cittadino autoctono, da circa due anni leggiamo su questo Quotidiano ed altre autorevoli fonti, il fallimento, la procurata “decadenza” alla Città di Teano. E, volendo rincarare la dose per questa procurata “decadenza”, ci facciamo “promotori” di un’altra nostra personale proposta, quale ulteriore disperato tentativo. Il Dispositivo dell’art. 290 Codice Penale, recita: “Chiunque pubblicamente vilipende la Repubblica, le Assemblee legislative o una di queste, ovvero il Governo o la Corte costituzionale o l’ordine giudiziario, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. La stessa pena si applica a chi pubblicamente vilipende le Forze Armate dello Stato o quelle della liberazione”. Ma la Repubblica e la Liberazione, non ebbero origine con quel 26 ottobre 1860? Non si va dicendo da più parti, che Teano sarebbe la culla “dell’Unità d’Italia”? Indi per cui, quell’Art. 290 del Codice Penale, non potrebbe essere “completato”, magari con un Art. 290/bis e applicato per coloro che si sono macchiati di procurata “decadenza” e “vilipendio” della culla “dell’Unità d’Italia”? Disperate fantasie, queste, di chi deve assistere impotente alla procurata “decadenza” messa in atto da una “Congiura dei pazzi”, non contro una sola famiglia (famiglia dei Pazzi contro i Medici), bensì contro una Comunità intera, contro centinaia di famiglie, contro una Città intera!
Pasquale Di Benedetto