Il democratico Biden è il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America; una vittoria risicata ma di grande importanza, non solo politica ma anche etica e comportamentale di una grande popolo abituato alla “vera” democrazia.
Ragioniamo un po’ su questi ultimi aspetti: prima qualche dato storico-analitico e poi qualche riflessione in libertà, ma non tanto!
Negli Usa esistono solo due grandi partiti, il Democratico, che, con mentalità italiana, definiremmo “di centro-sinistra” ed il “Repubblicano” di ispirazione “centro destra”: progressista il primo, conservatore l’altro.
La Costituzione degli USA, preceduta dalla Rivoluzione per la indipendenza dagli stati europei del 1776 , è entrata in vigore nel 1789, ben 261 anni fa e da allora è pressoché identica a se stessa ed ha avuto, incluso l’attuale Biden, appena 46 Presidenti. La nostra Costituzione Repubblicana, non preceduta da alcuna sostanziale rivoluzione, se non di sistema, dal monarchico al repubblicano, all’insegna del “col novo signore si mesce l’antico”, entrò in vigore nel 1948 ed in 72 anni, benché la durata del mandato presidenziale sia di ben 3 anni superiore a quella americana, ha avuto sinora 12 presidenti. La percentuale di presidenze diverse, è, per noi, di +0,24% e per gli americani di -8,74%, cioè, a noi risulta un presidente e mezzo in più ed agli Usa ben 19 in meno. In parole povere, noi in 72 anni per mandati di 7 anni dovremmo contare 10,2 presidenti (e non 12) e gli Usa 65,25 e non 46. Il divario è dovuto, per noi, dalla minore durata di alcune presidenze (De Nicola 5 mesi perché provvisorio; Segni 2 anni per sopraggiunta malattia non compensati da Napolitano 9 anni per disaccordi politici di maggioranza) mentre negli Usa, pur in considerazione di varie interruzione dovute ad atti criminali, come per Lincoln e Kennedy ed altri, la maggioranza degli eletti al primo mandato ha riscosso fiducia anche per un secondo mandato ed eccezionalmente un terzo, come Roosewelt, dal 1933 al 1945, durante la seconda guerra mondiale.
Prima considerazione:
- Il Presidente degli Stati Uniti eletto direttamente, per il tramite solo numerico dei Grandi Elettori candidati nella sua stessa lista, dal popolo americano, e, pur controllato dalle camere del Congresso e del Senato, è dotato di ampi poteri, sia legislativi che esecutivi, e dura in carica appena 4 anni, dopo dei quali può presentarsi per un’altra e solo un’altra eventuale rielezione.
- In Italia è eletto indirettamente dai Deputati e dai Senatori e dai Rappresentanti Regionali, esclusivamente in base ad accordi politici tra questi, in completa assenza di ogni espressione popolare diretta, e dura in carica 7 anni. E’ vero che i suoi poteri sono limitati, ma sempre influenti, ma 7 anni sono comunque una eternità, quando non sono nove come per Napolitano, per fortuna e sensibilità dimessosi dopo due anni di secondo mandato, altrimenti sarebbero stati 14, equivalenti a tre mandati e mezzo di un Presidente americano; e senza guerra mondiale per lo mezzo!
Ne deriva che: negli Usa il popolo è parte diretta e partecipativa della sua vita democratica, in Italia assolutamente no. Il giudice supremo dei comportamenti e dei risultati di ogni Presidente è il popolo, e non i partiti politici, capaci di ogni interessato compromesso nella sua scelta.
Seconda considerazione:
- La limitatezza temporale del mandato e soprattutto la elezione diretta, aggiunti al controllo del Congresso e del Senato, che potrebbero avere configurazione politica diversa dalla sua, sono ad un tempo la massima espressione di democrazia e di sicurezza costituzionale. E sono certamente il cemento per la migliore aderenza sociale alle direttive emanate da una persona che ogni cittadino ha contribuito direttamente ad eleggere. Ed i poteri da questi conferiti sono garanzia di efficienza e rapidità decisionale, tali da produrre effetti benevoli condivisi dai più; in caso contrario 4 anni passano molto in fretta per contenere danni.
- La democrazia indiretta, tanto decantata dai nostri padri fondatori costituzionali e dagli spiriti democratici così adusi alla detenzione del potere, fanno sì che in Italia a comandare nient’altro che una beata mazza sia proprio il Presidente della Repubblica, mentre il tutto è delegato ad un Presidente del Consiglio, designato sempre indirettamente, da accordi tra partiti diversi o affini che siano, ed il più delle volte manco eletto dai cittadini, come al momento attuale; accordi politici presi sovente in totale dispregio degli indirizzi popolari, come, sempre nel caso attuale, rappresentato dal Governo di 15 regioni su 5, amministrate da partiti ideologicamente all’opposizione di quelli al governo centrale. Ed ecco allora che non si comprende mai bene chi in effetti comandi in questa Italia dai venti stati “disuniti”, se il Presidente del Consiglio, attraverso i suoi notturni decreti, o i Presidenti Regionali, attraverso i loro propri decreti, o i Sindaci, attraverso le loro Ordinanze, od infine, e più probabilmente, il TAR, in specie quello del Lazio, sempre presenti a dire tutto e il contrario di tutto.
E stavo dimenticando anche qualche pretore che non indugia a dar la stura alle sue antipatie politiche abbattendo gli avversari anche solo con un minimo sospetto di reato, di quelli, per intenderci, che avranno sicuramente operato anche quelli poi proclamati santi.
Ultima considerazione:
l’esito della recente elezione americana dimostra quanto sia superiore la loro costituzione, quella di cui si innamorò Lafayette e la studiò per cercare di importarla in Francia, durante la Rivoluzione, e quanto sia intelligente ed affidabile il giudizio di quel popolo, magari mancato 4 anni fa, ma ritrovato oggi; pronto a ricambiarlo tra altri quattro anni, che passeranno in fretta. Loro almeno hanno con chi prendersela o chi delegare ancora al comando. E noi con chi ce la potremmo prendere: con un Presidente del Consiglio piovuto dall’alto e non votato da nessuno di noi, con un Presidente regionale showman, con un Sindaco imperatore? Ma via, prendiamocela con noi stessi, e poi, in ultima analisi, con il TAR, magari del Lazio!
Claudio Gliottone