Teano – Il rilascio di licenze per attività produttive, provocò una grande bufera giudiziaria che investì il comune di Teano. Tutte le persone coinvolte nei fatti avrebbero dovuto comparire davanti al giudice per l’udienza preliminare. Per difetto di notificazione atti ad uno degli indagati, il giudice ha rinviato l’udienza al prossimo mese di marzo.
Si doveva decidere sulla richiesta del pubblico ministero di processare gli indagati per le accuse contestate. Indagati che, invce, si dichiarano innocenti e pronti a dimostrare l’estraneità rispetto ad ogni accusa. Sono 53 le persone raggiunte da avviso di garanzia a conclusione di una inchiesta durate oltre 4 anni. Per un gruppo di sette persone, fra cui il Sindaco, ritenute la cupola del sistema, l’accusa è di associazione a delinquere finalizzata al falso e all’abuso d’ufficio.
Secondo le indagini svolte dai carabinieri di Teano, in collaborazione con il nucleo tutela e patrimonio, era stato organizzato un sistema per rilasciare indebitamente licenze edilizie del tipo produttive, destinate cioè all’artigianato. I pubblici ministeri, Cozzolino e De Renzis, del tribunale di Santa Maria Capua Vetere chiedono il rinvio a giudizio per il Sindaco della città, Raffaele Picierno, suo figlio e sua moglie. Finisce nell’inchiesta anche l’ex segretario comunale, Amedeo Ginepri, e l’attuale vice segretario, Ferdinando Zanni. Bufera anche sull’ufficio tecnico: finiscono sotto accusa l’ex responsabile dell’area edilizia privata, Tommaso Compagnone e l’attuale responsabile dell’ufficio tecnico comunale, Fulvio Russo. Stessa sorte per l’assessore alla cultura, Maria Rosaria Pentella e per suo marito. Inoltre, fra i 53 indagati figurano anche alcuni ex consiglieri comunali di maggioranza. Per favorire la moglie del responsabile dell’area tecnica, ad esempio, sarebbe stata indetta una conferenza dei servizi “fatta in casa” attraverso la quale venne innalzato il limite volumetrico consentito.
L’azione della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, ha messo in luce i gravi danni arrecati al territorio da una cementificazione selvaggia. Intere colline sbancate; grosse strutture di cemento armato sorte lungo alcuni degli scorci panoramici più suggestivi del territorio. I fatti prendono avvio nell’estate del 2006 quando in meno di dieci gironi l’ente sidicino “riuscì” a rilasciare oltre 70 licenze destinate alla realizzazione di attività produttive. L’amministrazione sidicina, inoltre, sulla vicenda, ignorò anche una nota diramata dall’allora assessore provinciale all’urbanistica, Maria Carmela Caiola, la quale chiedeva la revoca di tutte le concessione, rilasciate approfittando di un vuoto legislativo. Mentre altri comuni accettarono di buon grado l’invito dell’assessore provinciale, l’ente sidicino non ritenne recepire.
Ancora un rinvio dunque per un cavillo procedurale. Una città amministrata da un Sindaco indagato per associazione per delinquere insieme a parenti e dipendenti comunali di livello superiore non è un bello spettacolo. Forse sarebbe il caso che la giustizia procedesse con maggiore professionalità perché, per quanto ci riguarda questo è il secondo rinvio e non fa certamente bene assistere ad uno stillicidio come questo e per materie che interessano direttamente la vita di una comunità, gli interessi dei proprietari dei fabbricati sequestrati da anni ma soprattutto il rapporto di fiducia che dovrebbe intercorrere tra il Primo cittadino, i funzionari e la popolazione.