L’Italia dei colori ai tempi del Coronavirus sembra un vestito di Arlecchino. E così ogni area di rischio ha le sue regole e le sue restrizioni. L’obiettivo è arginare l’epidemia, ed evitare un lockdown totale come quello dell’anno scorso. Per stabilire la scala dei rischi vengono presi in considerazione 21 parametri. Il fattore più importante, in ogni caso, è l’indice Rt, quello che misura a che velocità si sta trasmettendo il virus.
Così vengono attribuite le fasce:
Zona bianca: introdotta il 16 gennaio, in questa area non esistono praticamente limitazioni. Salta il coprifuoco e possono riaprire ristoranti, cinema, palestre e musei a pieno orario. L’Rt deve essere inferiore a 1 e devono verificarsi meno di 50 casi ogni 100mila abitanti per almeno tre settimane consecutive.
Zona gialla: l’indice Rt non deve superare la soglia di 1,25. In queste aree scatta il coprifuoco dalle 22 alle 5 del mattino. Cinema, palestre e musei restano chiusi. Si può mangiare fuori solo a pranzo, perché ristoranti e bar dalle 18 possono solo accettare ordini da asporto.
Zona arancione: l’indice Rt non deve superare la soglia di 1,5. In queste aree, oltre alle misure già previste per le zone gialle, non si può uscire dal proprio comune di residenza. I ristoranti sono chiusi anche a pranzo.
Zona arancione rinforzata: alle misure già previste dal governo, ogni Regione può applicare in determinate aree giri di vite più severi, che possono implicare la chiusura delle scuole o la limitazione di altre attività.
Zona rossa: se l’indice Rt supera la soglia di 1,5 bisogna restare a casa propria. Restano aperte solo le attività essenziali.
Micro zona rossa: per arginare i focolai sul nascere, le Regioni possono stabilire delle zone rosse all’interno dei propri territori. Valgono le stesse regole in vigore nelle zone a rischio alto, anche se magari la regione è in zona gialla o addirittura bianca
Sara Finocchi