Il libro di Massimiliano Palmesano, “L’Uomo Cervo” (Editore “Stamperia del Valentino”, Napoli, 235 pagine, 23 Euro), è una lettura teologico-politica del Carnevale, le cui manifestazioni – a giudizio dell’autore – non sono da confinare nelle rappresentazioni burlesche o folkloristiche ma da interpretare quali sopravvivenze di antichi Dèi pre-cristiani e di ideologie che ancora oggi danno una inconsapevole consapevolezza a società figlie della civiltà cosmico-agraria. Come fa capire il sottotitolo del libro – che apre nuove strade di ricerca sulle cerimonie di un’epoca in cui il tempo era un Eterno Ritorno del Sacro, della Rigenerazione e dello Spirito del Grano – tutti assieme, “Pantomima, rito e mito”, sono non solo messinscena teatrale ma anche il ricordo di un culto e la riproposizione di un racconto arcaico ed esemplare.
Massimiliano Palmesano analizza un misterioso rito, retaggio vivente di epoche remotissime, che si rinnova ogni anno all’interno delle celebrazioni del carnevale di Castelnuovo a Volturno, in Molise: un essere fantastico, Gl’ Cierv, furioso e selvatico Uomo Cervo, muore e rinasce ciclicamente, simbolo solare e della rigenerazione della natura, testimonianza viva di un antico mito cosmico-agrario. Seguendo le sue orme, un viaggio lunghissimo attraverso il tempo e lo spazio ci conduce in un reame magico nel quale sciamani in estasi, contadini e cacciatori sono i custodi dell’arcaico culto del dio cervo.
Il cervo, animale simbolo delle popolazioni protagoniste di storiche migrazioni, offre all’autore del libro uno spunto filologico non pretestuoso per rintracciare nei personaggi della pantomima di Castelnuovo a Volturno le tre funzioni teologico-politiche dell’organizzazione sociale degli antichi indoeuropei: la sovranità religiosa (magica e giuridica), l’esercizio della forza fisica (i guerrieri), la fecondità (i contadini). Una affascinante ricostruzione che si avvale di un solido impianto teorico, fondato sullo studio di Georges Dumézil, Mircea Eliade, Émile Benveniste, Carlo Ginzburg, Ernesto de Martino, James George Frazer, tra gli altri.
Massimiliano Palmesano, “archeologo delle parole”, è un ricercatore indipendente. Ha conseguito la laurea magistrale in Lettere Moderne con una tesi in Storia visuale, titolo: “Ernesto de Martino e la fotografia. La questione dell’Atlante figurato del pianto”. Tesi della laurea triennale su: “Cultura subalterna e marginalità nella storia moderna: la riflessione di Carlo Ginzburg”. Ha curato (2021, con Fiorenzo Marino) il catalogo-guida del Museo della Civiltà Contadina e Artigiana di Pignataro Maggiore (CE).
La Redazione