Di altri tanfi ce n’era già: ma lasciamo che gli investigatori e la Giustizia seguano il loro corso. Se son rose, fioriranno: ed il profumo potrebbe soverchiare ogni altro odore, in un modo o nell’altro. E’ quel che ci auguriamo. Ma non è di questo che vogliamo parlare. Vogliamo avere invece l’ardire e la presunzione di parlare di filosofia e di come essa sia maestra di vita e di conoscenza. Negli anni ottanta trionfava, in Italia, il “craxismo” che avrà avuto pure tanti meriti politici, come l’abolizione della “scala mobile” generatrice irrefrenabile di giornaliera inflazione, il nuovo Concordato con la Santa Sede, l’obbligo del registratore di cassa e la emissione dello scontrino, la legge Bacchelli per gli artisti in disgrazia, il braccio di forza con gli Stati Uniti all’aeroporto di Sigonella ed altro; ma fu autore, o forse vittima, della nascita di un edonismo individualistico e di una spettacolarizzazione della politica che proseguìrono, accentuandosi, nell’ era berlusconiana. A parte i megagalattici congressi del Partito Socialista e le acclarate ruberie di danaro pubblico che ne derivavano, molti di voi ricorderanno l’esplosione di giovani rampanti (i cosiddetti “yuppies”) che presumevano di essere o di poter diventare grandi imprenditori e poi grandi politici. Erano i figli di papà che giravano con il Rolex al polso e, nella loro assoluta vacuità mentale, usavano un linguaggio incomprensibile (perché nulla c’era da comprendere) scimmiottando politici ed opinionisti televisivi del loro stesso stampo. Furono ovviamente oggetto di sfottò (e non potevano non diventarlo) sui giornali, nelle canzoni e funsero da spunto per molti film di cassetta. La cosa più simpatica fu, però, la invenzione di un tubo di cartone sul quale era possibile, girando delle ruote ed aggiungendo parole senza senso ad altre parole senza senso, elaborare, nel loro stile, un classico “discorso del … tubo”. Ve ne faccio un esempio con il citato apparecchietto che conservo gelosamente: “Il criterio metodologico prefigura il ribaltamento della logica preesistente senza pregiudicare il livello delle prestazioni, fluttualizzando e concretizzando, con le dovute imprescindibili sottolineature un indispensabile salto di qualità” oppure, ruotando qualche cerchio del tubo: “Il criterio metodologico riconduce a sintesi un organico collegamento interdisciplinare, in una visione organica e ricondotta ad unità, sostanziando e vitalizzando, nel contesto di un sistema integrato, la demistificazione del linguaggio”. Sfido chiunque, e me stesso per primo, a dire se da queste espressioni ha compreso una “beata mazza”. Vi chiederete: ma che c’entra fino ad adesso la annunciata “filosofia”? Orbene Eraclito, un filosofo per-socratico nato e vissuto ad Efeso dal 535 al 475 a.C., affermava che “panta rei”, (tutto scorre); intendeva ricordare che nulla è mai uguale a se stesso, ma ogni cosa si trasforma continuamente. Io non sono lo stesso uomo che ero ieri, e nemmeno sono lo stesso che sarò domani, perché il vissuto di oggi si ripercuote su di me così come lo farà quello di domani, trasformandomi lentamente, ma inesorabilmente: nel fisico come nella mente. Eccoci allora alla sconcertante conclusione: questa logicissima intuizione non vale per tutti. Esistono ancora oggi uomini che, come quarant’anni fa, continuano a parlarsi addosso ed a vomitare discorsi… del tubo. Gloria a loro, perché, rappresentandone la eccezione, confermano la estrema validità dell’assunto eracliteo, al quale la maggioranza di noi naturalmente si adegua. Chi ha da intendere, intenda!
Claudio Gliottone